32. ELOGIO FUNEBRE

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MARCUS

La morte non è mai facile da accettare, soprattutto per chi resta. Porta con sé tanto dolore, rabbia, dispetazione e rammarico. Ecco perché vivere è più difficile, devi convivere con tutto questo e tentare di colmare, in ogni attimo della tua esistenza, l'immenso vuoto che ti lascia dentro.

Guardavo le sedici bare disposte in fila, nella sala degli eroi a Neverseasons, cercando di trovare una banale motivazione per quelle perdite, ma invano.

Non c'era giustificazione, né qualche tipo di forma di eroismo in tutto questo, solo... tristezza e molta rabbia.

Mi ero sempre domandato se fosse giusto sacrificarsi per annientare qualcosa che era stata creata dagli stessi Dei. D'altronde, il Bene e il Male, non erano forse due opposti della stessa medaglia? Allora che senso aveva avuto per loro lottare e perdere contro qualcosa che non si sarebbe potuto estinguere mai? Forse confidano tutti su Melissa pensando che lei potesse risolvere tutti i problemi dei mondi, ed invece anche lei sarà una vittima immolata. Per cosa poi?

Una fitta di dolore mi colpì in pieno petto e l'accolsi senza oppormi. Mi ricordava del mio ruolo in tutta questa storia, di ciò che sarei stato capace di fare pur di proteggerla.

<<Grande è stata l'impresa dei nostri fratelli e sorelle e in loro ora vive la gloria. La loro memoria vivrà per sempre e nemmeno il tempo potrà mai cancellarla. Adesso, uniti in questa celebrazione, la speranza ci tiene ancorati alla vita e ci dà forza per continuare a lottare. Non temete perché i vostri amici, fratelli, compagni avranno giustizia e voi troverete la pace...>>
Il Magister esprimeva con parsimonia il suo elogio funebre e presto anch'io, in qualità di Comandante, avrei dovuto dire qualcosa, ma non c'erano parole o pensieri, né citazioni che potessi dire per confortare tutti i cacciatori presenti. Nessuna parola avrebbe mai potuto portare indietro i loro cari e cancellare ciò che stavano provando adesso. Anche se un giorno ci saremmo ricongiunti a loro era troppo sopportare la loro assenza.

Tenevo in tasca il pezzo di carta in cui avevo scritto le brevi parole di conforto, ma adesso mi sembravano così vacue.
Tutte le parole del mondo non avrebbero potuto colmare il vuoto che sentivano adesso nel petto. Io lo sapevo bene, conoscevo quella sensazione, come loro, anch'io avevo perduto qualcuno... qualcuno che contava davvero qualcosa per me: mia madre.

Un proverbio diceva che una parola di incoraggiamento durante un momento di difficoltà valeva più di un'ora di lodi dopo il successo.
Ma loro non avevano bisogno di quelle parole, avevano bisogno di vendetta.

Il Magister scese dal podio e si avvicinò ai membri del Consiglio, mentre tutti aspettavano che prendessi il suo posto.

<<Marcus, tocca a te.>> Mi bisbigliò Alex all'orecchio.

Avrei voluto che fosse lui a prendere il mio posto, avrebbe sicuramente elargito un encomio degno delle loro imprese. Lui era sempre stato bravo con le parole.

<<Se non te la senti posso farlo io.>> Propose Alex e fui quasi tentato nell'accettate, ma quando i miei occhi incrociarono quelli di Vivian e Alice, pieni di lacrime e di tutti gli altri pieni di disperazione, non ebbi il coraggio di tirarmi indietro. Io ero il loro comandante, il loro punto di riferimento e la loro ancora.

<<No, faccio io, ma grazie lo stesso.>>

Dopo una breve esitazione, tirai un lungo sospiro e andai sul podio. Da lì riuscivo a vedere l'intera platea. C'erano tutti: Mutaforma, Lupi, Amazzoni, Valchirie, Sirene, Streghe, Strigi, Vigilanti, Leprecauni, Ninfe e persino gli Elfi. Tutti i nostri alleati riuniti lì, in quella grande sala, in attesa di sentire il mio discorso epico, solo che di epico non c'era nulla, soltanto semplici parole.

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