44. DUBBI E INCERTEZZE

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MARCUS

Avevo sempre considerato Alex come il fratello che non avevo mai avuto, la persona di cui potermi fidare ciecamente, e adesso non sapevo più chi fosse. Da quanto tempo andava avanti questa storia? E come avevo fatto ad essere stato così cieco?
In testa si affollarono sentimenti contrastanti: rabbia, tristezza e una profonda e amara delusione.
Sapevo che prima o poi avrei dovuto affrontare la cosa con lui, ma al momento avevo solo l'urgenza di portare Melissa al sicuro.

Tirai un profondo respiro e la raggiunsi. Lei mi aspettava di fianco la moto, con lo sguardo abbassato.
Era nervosa e imbarazzata, come se avesse paura di abbassare ogni sua difesa, come se si vergognasse di mostrarmi ciò che provava in quel momento. Non poteva sapere che non desideravo altro che perdermi in lei e accogliete tutto ciò che aveva da offrirmi.

Con le spalle incurvate si strofinò le mani sulle braccia per il freddo della notte e gli lanciai un'occhiata contrariata, stingendo le labbra, quando realizzai che non indossava una giacca.
Mi tolsi lo zaino dalle spalle poggiandolo sulla sella e mi sfilai il giubbotto di pelle.
<<Tieni questo.>> Le dissi, mentre glielo porgevo. <<Serve più a te che a me.>>

Lei alzò gli occhi sul mio viso e per un attimo ebbi il timore che rifiutasse, ma poi allungò la mano e l'afferrò.
<<Grazie.>> Farfugliò, mentre le sue guance si colorarono di una sfumatura di rosso.
Quella reazione non mi dispiaceva affatto, al contrario, sapere che in qualche modo non le ero indifferente mi mandava in estasi.

Mi sforzai di mantenere il controllo e ritrovare un po' di buon senso, gli diedi le spalle, mi portai lo zaino su una spalla e sganciai il casco dalla sella, che avevo appositamente portato per lei, per poi infilarglielo sulla piccola testa.
I suoi occhi eterocromi indugiarono su quelli miei e quasi non riuscii a contenere tutta l'emozione per quanto fossero intensi. La desideravo da impazzire.

Mi costrinsi a interrompere quel contatto e gli agganciai la fibbia del casco sotto il mento. Lei indietreggiò, come a voler mettere una certa distanza tra noi, poi sollevò la pesante giacca e infilò goffamente il braccio in una manica ed io allungai subito le mani per aiutarla a indossarlo e lei, per la seconda volta,
fece un altro passo indietro, negandomi quella gentilezza.

<<Ce la faccio da sola, grazie.>> Disse indispettita, infilando l'altro braccio e tirando la cerniera. Il giubotto le veniva enorme ma ai miei occhi la rendeva ancora più adorabile.

Il modo in cui mi aveva parlato, il tono freddo che aveva usato mi procurò una fitta al cuore, ma ero disposto a sopportarlo se questo sarebbe bastato a riaverla indietro.

Abbassai i pedalini, salii in sella e con un colpo secco del piede alzai il cavalletto prima di girare la chiave e avviare il motore che si accese con un rombo. Mi portai lo zaino contro il petto, sollevai il mio casco dalla tanica e l'indossai prima di ancorare a terra i piedi stabilizzando la moto e tenere fermo il manubrio, affinché Melissa potesse salire senza troppe difficoltà.

La sua piccola mano strinse la mia spalla e irrigidii ogni singolo muscolo quando avvertii una sorta di scossa elettrica percorrermi lungo la schiena e il potere affluire con prepotenza nelle vene per quanto fossi vittima delle mie emozioni.

Sentire il suo tocco sul mio corpo, dopo averlo desiderato a lungo, mi privò di ogni mia difesa. Sentivo il cuore battere contro il petto come un tamburo impazzito e mi domandai come avrei potuto continuare a resisterle.

<<Sono pronta.>> Mi avvertì, dopo che la moto balzò sulle sospensioni. <<Ma non correre, per favore.>>

Obbligare un motociclista ad andare piano su una moto come la mia, era come impedire ad un uccello di volare. Ingiusto direi, ma per lei ero disposto a tutto ed ogni suo desiderio per me era un ordine a cui desideravo ubbidire. E non perché fossi incatenato a lei per mezzo di un volere superiore, ma perché io l'amavo sinceramente, profondamente e incondizionatamente, e l'avrei sempre amata anche in assenza degli Dei, Parche e magia.
L'avrei amata anche in un'altra vita perché le nostre mezze anime si appartenevano sin da quando erano state create.

Deglutii a fatica e strizzai gli occhi per ritrovare il controllo prima di inserire la marcia.
<<Reggiti forte.>> L'avvisai con voce spezzata, poi abbassai la visiera sulla faccia e partii verso Salem, la mia città natale.

Non visitavo quella città da quando mia madre era morta, lì ogni cosa mi ricordava la sua assenza, ma non avevo avuto altra scelta. La tenuta brulicava di cacciatori intenzionati a portare Melissa a Neverseasons per iniziare l'addestramento, ma era ancora troppo prematuro per lei. Non ricordava ancora nulla del nostro mondo e della realtà a cui presto si sarebbe dovuta abituare. Le volevo concedere del tempo e nel frattempo l'avrei protetta da chiunque, anche a costo di farlo da solo.

Salem non distava molto dalla riserva di Little River, ma alla velocità in cui andavo e nel cuore della notte non saremmo arrivati prima di due ore, inoltre avrei dovuto fermarmi da qualche parte a prendere i rifornimenti di prima necessità, in casa mancava quasi tutto.

Melissa strinse le sue gambe sui miei fianchi quando imboccai una curva.

Sentire la sua presenza rendeva tutto così reale e perfetto che faticavo a contenere tutta l'emozione che provavo e che per anni avevo tentato di reprimere.

Più volte mi ero ritrovato a fantasticare sul momento in cui lei sarebbe stata nuovamente al mio fianco e nessuna di quelle fantasie lo aveva reso così minimamente paragonabile a questo.

Dentro di me la mia anima si dimenava irrequieta, desiderosa di fondersi con la sua metà ritrovata. Lo sentivo in ogni particella del mio corpo, sprigionava un'energia violenta causandomi vibrazioni sottopelle, dentro le vene il fuoco sacro scorreva impetuoso infondendomi un calore piacevole e cominciavo a percepire il mondo in modo diverso, come se i sensi si fossero ad un tratto sviluppati.
Era una sensazione pazzesca e nuova per me.

Non sapevo da cosa dipendesse, se dal marchio degli Dei o da una sorta di reazione all'incantesimo spezzato, ma sapevo che questa volta avrei dovuto prestare molta più attenzione.

Melissa era una bomba ad orologeria ed io dovevo solo fare in modo che non esplodesse. Ma come? In passato era bastato che lei mi vedesse per ricordare tutto ed essere in grado di controllarsi anche col mio aiuto, ma adesso le cose erano cambiate e prima, se non fosse stato per l'intervento di Alex, chissà cosa sarebbe potuto accadere. Io, in quel momento, ero troppo assoggettato dal legame, che mi aveva privato della volontà, per potere resistere.

Se solo Zaira, anni fa, non avesse preso la pessima decisione di allontanare Melissa dal nostro mondo e da me, avremmo potuto impatare a gestire l'Empathos, il marchio e il potere, invece adesso mi ritrovavo a dover affrontare qualcosa che non ero in grado di governare. La cosa m'irritava parecchio. Non ero abituato a sentirmi così insicuro e destabilizzato.

Non sapevo nemmeno in che modo lei avrebbe potuto reagito una volta che le avessi rivelato tutta la verità.
Ogni tipo di emozione era una sollecitazione pericolosa.
In qul momento cominciai persino a dubitare di tutte le certezze che mi avevano spinto ad agire e a ritrovarmi qui con lei, ma volevo convincermi che per noi ci fosse ancora una speranza: L'amore annidato nel suo cuore, l'amore che lei aveva da sempre nutrito per me e che le avrebbe ricordato che le nostre anime facevano da sempre parte l'una dell'altra, incondizionatamente.

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