XV. Se l'attraversi non la scampi (Parte 2)

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Auron sorrise di nuovo e si mise in cammino con il suo Invocatore, seguendo le orme dell'atleta che, a quel punto, era chissà dove.

Dopo qualche minuto, vicino a una torre parafulmini abbattuta, Jecht si sbracciava per farsi vedere dai compagni. Braska mise la mano davanti al viso, a farsi schermo dai bagliori accecanti dei tuoni, e valutò la distanza.

«È veloce come i fulmini di questa Piana. Era così anche durante l'allenamento?» chiese Braska con ammirazione. Auron rimase in silenzio per qualche istante, preso dai ricordi di quel periodo.

«Sì, anche se non la usava come cercavo di insegnare: invece di attaccare, cercava la fuga» rispose seccato. Braska annuì comprensivo, poi mise la mano sulla spalla del monaco e lo invitò a raggiungerlo.

«Sta cambiando, perlomeno. Non credi?»

Auron gli rivolse lo sguardo per un solo istante prima di puntarlo verso l'allegro straniero che li chiamava.

«Lei lo sapeva, vero? Come?» chiese Auron serio.

«Intuito. Impari a conoscere le persone se ti prodighi per aiutarle. Jecht non è poi così diverso dai tormentati a cui prestavo soccorso» rispose Braska sorridente.

Raggiunsero il compagno senza altri commenti: Auron aveva già molto da pensare.

«Il Kyactus ci ha portato a un tesoro!» esclamò Jecht entusiasta. «C'è un forziere sotto le macerie di questa torre. Vieni, monachello, aiutami!»

Afferrò il polso di Auron e lo trascinò verso il punto che la creatura aveva indicato prima di dileguarsi nella Piana.

Attratto dal contenuto, lui non badò nemmeno ai modi di fare discutibili di Jecht. Posò la lancia a terra e iniziò a scavare tra i detriti con il compagno, fino a rinvenire un forziere fatto di legno e ferro.

Braska si avvicinò con occhi brillanti e, quando lo aprirono, rimase meravigliato.

«È uno scettro degli Invocatori!» esclamò, felice come un bambino.

Era un'arma singolare e bellissima. Nonostante fosse interamente realizzata in legno, l'asta era rossa come ferro incandescente: a seconda di come la colpivano i raggi del sole, emanava bagliori violacei o aranciati. Sulla sua cima sedeva una sfera schiacciata ai poli, decorata da archi neri, dipinti sul legno rosso, e intarsi d'oro.

Quando Braska strinse tra le mani lo scettro, si sentì travolgere dall'onda di un potere spirituale forte e calmo, più grande di quello che riusciva a canalizzare in precedenza.

«Il Kyactus ci ha fatto un bel dono per ringraziarci» disse ai suoi Guardiani.

Jecht sorrise, poi osservò la lancia ai piedi di Auron e pensò a una buona soluzione.

«Al posto dello scettro, mettiamoci quella. Potrebbe tornare utile a qualcuno in futuro» propose l'atleta al gruppo. Si aspettava un rifiuto, ma Auron concordò di buon grado.

«È un'ottima idea. Ci sarebbe stata d'intralcio fino alla prossima città» disse il monaco, e Braska annuì a sua volta.

Il guerriero prese con cura l'arma e la depositò nel forziere, senza danneggiare il legno con le lame, per poi richiuderlo.

«Dovremmo sotterrarlo sotto le macerie. Non è giusto che chi ci succederà trovi tutto il lavoro già fatto» disse Jecht scherzoso. Per tutta risposta, Auron lo spinse di lato facendolo sbilanciare, ma non nascose un ghigno divertito.

«È la prima volta che ti faccio ridere, ragazzo. Potrebbe perfino piovere ora!»

«Come mai sta già accadendo?» rispose il monaco sarcastico.

La caduta dell'ombra (FFX)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora