XXVIII. Se Alan cadesse (Parte 1)

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La folla nell'anfiteatro trattenne il respiro

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La folla nell'anfiteatro trattenne il respiro. Al cross del centrocampista, si agitò come un'onda di corpi e di voci innalzate in un'unica vocale.

«Il colpo di testa di Rena trova il portiere inerme!» gridò la cronista. «I Luka Goers si aggiudicano il 2-2! Sarà anche un'amichevole, ma che partita, signori!»

L'arbitro fischiò la fine del primo tempo proprio mentre Rena, ancora carica d'adrenalina dopo aver segnato, stava sciogliendo i muscoli delle gambe davanti alla porta. Era al centro della lente di un binocolo, tonda come la sfera d'acqua nel mezzo dello stadio di Luka. Il campo si restrinse, inquadrò il bracciale a forma di aspide che le ornava l'avambraccio, per poi abbandonare la sua figura.

«Sai a cosa stavo pensando, Kelk?»

Nell'intervallo tra primo e secondo tempo la cronista andava a riposare la gola e gli altoparlanti diffondevano quella musica festosa e sincopata, tipica della zona di Macalania, che aveva quasi coperto l'ultima parola.

Kelk Ronso, ritto nella sua posizione di guardia che non aveva abbandonato nemmeno sul palchetto riservato alle autorità, si volse verso Alan. Lo vide lasciare quasi con negligenza che un binocolo di argento e madreperla gli cadesse sulla veste, all'altezza delle ginocchia. Dopo un piccolo rimbalzo, le pieghe della stoffa lo fermarono.

«No, Maestro».

Alan appoggiò un gomito al bracciolo della sedia che gli avevano destinato. Con il mento sul pugno, rivolse al campo di gioco un'occhiata che sembrava essere, per vie che non potevano essere comprese dalla ragione, annoiata e insieme interessata.

«Secondo me dovremmo...» il giudice s'interruppe per un istante e disegnò forme casuali nell'aria con le dita, come se stesse cercando le parole adatte. «Come dire, svecchiarci un pochino».

Kelk gli rivolse uno sguardo interrogativo da sotto le palpebre socchiuse. Era la prima volta che si recava a Luka, e anche la prima in cui assisteva a degli incontri di blitzball.

Nonostante la sua gente avesse una propria squadra di recente formazione, i Ronso Fangs, era per la maggior parte ancora devota a proteggere la cima sacra del Gagazet.

Quando aveva seguito Alan, Kelk non si sarebbe mai aspettato che un anfiteatro di marmo liscio fosse in grado di recare svago a una marea così eterogenea di persone.

Eppure lì tutti, Grande Inquisitore compreso, sembravano avere occhi solo per quel pallone bitorzoluto, con un entusiasmo che, in qualche modo, gli pareva poco ortodosso.

«Ma sì,» replicò Alan, con un'insolita familiarità nella voce profonda, «è che chiamarci ancora Inquisizione è antiquato, ormai. Poco al passo coi tempi. Che ne dici di Ministero degli affari civili?»

Poi riprese in mano il binocolo e lo puntò verso gli spalti, regolando la messa a fuoco con la rotella. Era concentrato altrove quando Kelk replicò, e viaggiava tra le teste degli spettatori, eppure riuscì perfettamente a immaginare la sua espressione interdetta, la testa leonina che per un istante sobbalzava all'indietro.

La caduta dell'ombra (FFX)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora