XIII. Amore fraterno

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«Ehi, principe dei ghiacci» chiamò la voce roca di Jecht, seguita dallo strofinio del suo corpo sulle lenzuola

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«Ehi, principe dei ghiacci» chiamò la voce roca di Jecht, seguita dallo strofinio del suo corpo sulle lenzuola.

Auron, steso sul letto vicino, gli dava le spalle. Si concesse, nel sentire quel nomignolo, un sorriso che l'altro non avrebbe visto.

«Sì?» replicò con tono secco. Condividere la stanza con Jecht dopo una battaglia, quando avrebbe avuto bisogno di stare con se stesso, non era la migliore delle eventualità.

«No, niente, pensavo fossi morto. Non sentivo il solito vento freddo spirare nella mia direzione».

«Prova ad aprire la finestra».

Con un sospiro, Jecht si tirò a sedere sul materasso, incrociando le gambe. A Zanarkand avrebbe sofferto come un leone in gabbia se fosse stato costretto a rimanere in una stanza in cui poteva solo dormire, ma su Spira ringraziava la sorte che gli aveva concesso quella pausa.

Si sporse verso il vetro e vide le nubi infuocate e il fumo nero che saliva dalla terra.

«Ma che succede?» domandò.

Auron si voltò verso di lui e si mise anch'egli a sedere. I capelli scompigliati gli ricaddero sul petto e davanti al viso.

«Sono le pire» spiegò, scostandoseli dagli occhi. «Bruciano i caduti».

Jecht fu scosso da un brivido e fece una smorfia con la bocca. Auron fu tentato di dire qualcosa di gentile, ma la voce gli si bloccò in gola: tormentato dai ricordi del campo di battaglia, lo assalì l'imbarazzo. Decise di rimanere in silenzio a contemplare il fumo che veniva portato via dal vento.

L'umore dei Guardiani migliorò quando Braska varcò la soglia della loro stanza, portando con sé delle caramelle e un gran sorriso. Jecht osservò il sacchetto di dolcetti che stringeva nella mano destra e ridacchiò: in qualche modo, l'Invocatore riusciva sempre a ottenere oggetti che prima di certo non aveva.

«Vi trovo meglio, amici miei. Questi giorni di riposo erano proprio necessari» disse allegro, per poi allentare il laccio che teneva chiusa la tela. La porse prima ad Auron, che sospirò ma accettò il dono, poi a Jecht.

L'atleta non si fece pregare, ma nel momento in cui allungò il braccio un dolore fulminante lo costrinse a desistere. Braska lo osservò con aria preoccupata, poi prese una caramella e la avvicinò al suo volto: Jecht si lamentò sbuffando, ma aprì la bocca e gustò il dolce con aria beata.

«Ehi, Braska. Secondo te, tra quanto riuscirò a muovermi?» chiese facendo sciogliere la caramella sotto la lingua, punta dal sapore aspro e piacevole del limone.

«A essere sincero, speravo di vedere miglioramenti maggiori. A volte dimentico che non sei abituato» rispose gentilmente l'Invocatore.

«Siamo sicuri che non si sia inventato anche la storia del blitzball?» replicò Auron, poi si voltò verso Jecht. «Non ti allenavi otto ore al giorno?»

La caduta dell'ombra (FFX)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora