Auron si svegliò nel cuore della notte con la bocca riarsa e un formicolio che gli percorreva il braccio sinistro, come se vi avesse dormito sopra. Fissò per qualche istante il soffitto sopra di sé, nel buio, poi si risolse ad accendere il lume sul comodino e appoggiare i piedi sul pavimento freddo.
Con tutta probabilità, pensò, se avesse trovato la forza di aprire gli scuri, la luce del mattino avrebbe inondato la stanza. Ma non ne aveva la voglia, né il tempo, dato che lo aspettavano di sotto.
Ai piedi della scala che portava dalla sua camera alla sala da pranzo, la tavola era già imbandita: sentiva il tintinnio delle posate sui piatti e immaginò i commensali che alzavano la testa quando mosse i primi passi sul legno scricchiolante dei gradini.
Jecht, seduto a uno dei quattro lati del tavolo, era impegnato in una discussione con i suoi genitori. La madre, i capelli biondi stretti in uno chignon austero, con gesti nervosi tagliava della carne nel piatto mentre parlava:
«... la stagione più buona. Quelle rosse le ho fatte arrampicare sul ferro del cancello».
Il padre di Jecht sbuffò fumo dalla pipa e sbirciò l'arrosto nel vassoio, poi le fette nel suo piatto, quasi volesse accertarsi che fossero la stessa cosa.
«Caffè e succo di sedano, caffè e succo di sedano: sono i fertilizzanti migliori per le rose, altroché quegli intrugli che vendono nei negozi. Mamma me lo diceva sempre. Povera donna».
«Povera donna» le fecero eco il marito e il figlio in tono liturgico, solenne.
Auron tentò di prendere posto nel modo più silenzioso possibile, nel tentativo di non interrompere il discorso che tutti stavano seguendo con tanto trasporto, ma la sedia strusciò rumorosamente contro il pavimento.
Solo Jecht sollevò lo sguardo, poi lo riportò sulla madre.
«Sapete del cespuglio di frassino di Rosemary, quella della casa all'angolo?»
Il marito la incitò a gran voce a continuare; Jecht invece batté un palmo sul tavolo, ma non disse nulla.
«È cresciuto in silenzio, e ha preso fuoco solo due volte: una a inizio primavera, l'altra dopo il solstizio d'estate. Nonostante tutti dicessero che non sarebbero cresciute, ha fatto le spine, e anche tante. L'altro ieri, Rosemary mi ha chiamato per fare la raccolta, ma temo ci servirà un altro tino – lo abbiamo, caro, un altro tino? – altrimenti non riusciremo a portarle in casa prima dell'inverno».
«Lo abbiamo, un altro tino?» ripeterono in coro Jecht e suo padre.
Dopo un istante di silenzio, i tre si guardarono negli occhi e scoppiarono a ridere: Jecht e il padre in modo sguaiato, la madre coprendosi la bocca con la mano destra. Poi tossicchiò, tentando di ricomporsi.
«Per le petunie ho usato le cesoie».
Auron, non comprendendo quell'affermazione, non intervenne. Si limitò ad avvicinarsi al vassoio e a tagliare cinque fette di arrosto. Le prime due, magre e sottili, si staccarono con facilità. Con le seguenti, però, notò che la carne si faceva più dura, fibrosa.
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La caduta dell'ombra (FFX)
Fanfiction«Allora la mia città vivrebbe, alte come il volo d'airone le sue guglie, fertile come ventre di donna la sua piazza». Questa è la loro storia. Nel continente di Spira, da secoli l'ira di una divinità si traduce in un mostro marino in grado di rader...