ℶ. Carte del processo a Davon di Janne, sacerdote - I

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Mese IV, 1026
23 giorni dal solstizio d'estate

Janne era un villaggio dalle dimensioni risibili, propaggine estrema di Djose. Anch'esso, come la città principale di quella sventurata zona, s'era quasi ridotto alle ceneri di se stesso.

Quando la mia carrozza entrò in paese, alcuni dei suoi abitanti si riversarono nella strada principale, forse per vedere quale miracolo della tecnica fosse giunto sino a lì.

Il tarchiato sacerdote del tempio uscì subito dalla porta: volse gli occhi al frontone, poi di nuovo verso il mezzo in un moto nevrotico.

I due uomini che mi accompagnavano, evidentemente impegnati in una competizione a chi mi servisse meglio, scesero e fecero per accerchiarlo.

«Non serve» li fermai. Per qualche istante contemplai il volto atterrito del sacerdote attraverso i drappi che mi celavano alla sua vista, poi li scostai.

«Sto cercando il giudice Michent» esordii. La risposta del prete dovette attendere un profondo inchino che mi fece sprecare diversi secondi. «Sa dirmi dove trovarlo?»

«Signor Inquisitore, sì, signore» balbettò quello, passandosi una mano sui folti baffi senza curarsi di nascondere il suo nervosismo. Non seppi dire se gliene mancasse il coraggio oppure se lo ritenesse un gesto di giusta devozione nei miei confronti. «Lo andrò a chiamare personalmente».

C'era una piccola macchia, sulla sua tunica all'altezza del petto, che egli continuava a tentare di nascondere facendo e disfacendo delle pieghe in modo spasmodico.

Sentii l'eco dei suoi passi e quella della sua voce quando entrò nel tempio di Yevon spopolato dai fedeli. Dopo qualche minuto, il ticchettio sul pavimento raddoppiò.

Sulla porta si palesò un ometto anonimo, poco più anziano di me. Tra i capelli brizzolati, che avevano cominciato a diradarsi, era rimasto qualche residuo di shampoo e gli occhi vitrei, dietro a spesse lenti appoggiate quasi sulla punta del naso, mi guardavano con aspettativa e insieme con timore.

Non pensavo che qualcuno potesse portare le vesti di un dignitario dell'Inquisizione con così poca eleganza, con la spilla che ciondolava da un lato come la testa di un ubriaco.

«Il Giudice Michent, signore» lo annunciò il querulo prete, come se il diretto interessato lo avesse delegato a parlare al posto suo.

Prima che l'Inquisitore potesse esibirsi nel farsesco saluto rituale, gli porsi la mano affinché baciasse l'anello.

«La mia eterna fedeltà a lei» cantilenò quello, inchinatosi al mio cospetto, «al maestro Mika e alla Chiesa di Yevon. Sarò onorato di adempiere a qualunque sua richiesta».

«Lei è stato giudice istruttore nel processo al sacerdote corrotto Davon che si è svolto qui due anni fa» cominciai, prima ancora che lui si alzasse. «Non è così?»

Avvertii una scintilla di sorpresa attraversare i suoi occhi. In effetti si era trattata – anche se con certezza della cosa più interessante avvenuta a Janne nell'ultima decade – di una piccola questione, rapidamente risolta.

«Sì, signore» mi rispose.

«Ho bisogno di vedere i faldoni».

A quella frase, Michent atterrì temendo qualche irregolarità, e io dal mio canto non spiegai il motivo della mia richiesta, non essendone di certo obbligato.

«Tutti i faldoni dei processi che si sono svolti qui sono conservati, con le debite etichette, all'interno del nostro naos» cominciò a spiegarmi, inquieto, come se cercasse con la mente qualche falla nel suo operato. «Tuttavia, per poterli consultare è necessaria un'autorizzazione scritta del tempio di Djose».

La caduta dell'ombra (FFX)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora