«Ma come?» si lamentò Jecht, interdetto. Si alzò in piedi e cominciò a gesticolare, diretto alla schiena di Auron. «Ma se abbiamo appena iniziato!»
L'altro non rispose e, allontanandosi con passo deciso, dopo poco fu fuori dalla sua visuale. Jecht calciò la polvere slanciando la gamba destra, e i suoi legamenti tirarono come se si dovessero strappare da un momento all'altro. Male.
La sua mente, raffreddatasi dalla frenesia del combattimento – nel quale, per altro, non aveva fatto una bella figura – tornò su un dettaglio bizzarro. Le sue labbra furono attraversate da un ghigno e si portò una mano alla gola, massaggiandola con delicatezza. Era vero, non sapeva come funzionasse su Spira, ma alcuni gesti erano piuttosto universali, e gli sembrava che l'algido Auron stesse nascondendo qualcosa. Con un pizzico d'orgoglio, gli sembrò che quel certo qualcosa fosse più difficile da celare quando era in sua compagnia.
Certo, poteva essere anche innocente curiosità nei confronti di uno straniero, che portava a un naturale nervosismo, ma d'altro canto Jecht si riteneva ancora piuttosto prestante.
Detestava quando la gente si nascondeva dietro a un dito e cercava di non mostrare ciò che era. Ne aveva visti tanti, soprattutto nel mondo dello sport, comportarsi in quel modo.
Continuare a stuzzicare Auron, e per di più andare a toccare certi tasti, era come scherzare con il fuoco che gli somigliava tanto. Era pericoloso e forse non molto cavalleresco, ma lui non era mai stato una brava persona. Soprattutto, era per qualche motivo interessato a scoprire cosa ci fosse, metaforicamente, sotto la sua armatura e sotto ai numerosi strati di insegnamenti che suonavano come "Yevon proibisce questo", "Yevon ripudia quest'altro".
Con questi pensieri, Jecht andò a cercare Auron con l'intenzione di provare a parlargli mentre non lo stava picchiando. Non poteva essere andato tanto lontano, data la sua paura che Jecht se la desse a gambe e finisse in qualche bettola lurida a urlare che veniva da Zanarkand, per poi venire soverchiato nel corpo a corpo da uno dei numerosi, invincibili guerrieri assassini dell'isola.
Lo trovò dietro al monastero, appoggiato con le spalle al muro, che fumava una sigaretta. A quella visione, calzante al pari di quella di una principessa dalle lunghe trecce con in mano una zappa, fu costretto a ricacciare una risata in gola.
«Che fai, angelo delle nevi, fumi di nascosto?» lo richiamò. Auron sobbalzò come un ragazzino colto in flagrante e si voltò di scatto, pronto ad attaccare. «Non sei un po' grandicello?»
Quando il monaco si rese conto che Jecht non costituiva un pericolo, si voltò verso l'orto illuminato dal sole che aveva davanti.
«Non sono affari tuoi» ribatté, con una sicurezza ostentata. Poi, con un movimento rapido e nervoso, scosse la cenere dalla sigaretta.
Il campione di blitzball, infastidito dal suo evitare il contatto visivo, gli si parò davanti e si ravviò i capelli leonini, leggermente imbrattati di polvere e sudore.
«Facciamo un gioco: io ti faccio delle domande e tu mi rispondi solo sì o no».
Auron non rispose.
«Gli Invocatori e i Guardiani sono figure pubbliche» continuò Jecht, imperterrito. «Se ti vedessero fumare, danneggerebbe la tua immagine di paladino del bene».
Pose l'accento su quell'ultima parola con fare provocatorio, ma non ottenne una vera e propria reazione.
«Sono sempre venuto qui dietro dove i monaci non passano» spiegò invece Auron. «Da quando ho cominciato... molto giovane».
Jecht non rispose, ma incrociò le braccia e inarcò le sopracciglia, come assorto in un qualche pensiero.
«Sei contento di aver ricevuto questa informazione?» continuò Auron con poca grazia.
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La caduta dell'ombra (FFX)
Hayran Kurgu«Allora la mia città vivrebbe, alte come il volo d'airone le sue guglie, fertile come ventre di donna la sua piazza». Questa è la loro storia. Nel continente di Spira, da secoli l'ira di una divinità si traduce in un mostro marino in grado di rader...