XXVI. E benedirete le tenebre

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Primavera 1020

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Primavera 1020

«Lucil!» la richiamò la madre dall'interno della tenda.

La piccola alzò le narici per fiutare l'odore del latte caldo e mosse dei rapidi passi verso la sua origine. La singola cavigliera che portava – la seconda l'avrebbe ricevuta quando sarebbe divenuta donna – tintinnò allegramente seguendo il suo ritmo.

Era importante, le dicevano, rispettare il battito delle cose che avevano vita. Come bisognava ascoltare il chiocciare lento dei chocobo, così il latte nel paiolo era da mescolare con i movimenti ampi che le mostrava sua madre.

Hanna teneva una mano sul grembo e, attraverso le labbra socchiuse, mormorava la canzone che le avevano insegnato quando era ragazzina e, nella stiva della nave, doveva calmare gli altri fuggiaschi.

In armonia con la sua voce, i secchi movimenti del coltello del padre intagliavano una ciotola, spargendo piccole scaglie di legno tutt'intorno. Il suo volto bonario e giovane era nascosto da una nebbia di tabacco al miele, dalla quale sfuggiva di tanto in tanto la litania ritmica di una preghiera.

Yevon ormai li proteggeva. La vita nomade era dura e non priva di pericoli. C'erano bestie da cui proteggersi, bestie da cacciare e bestie da domare: ogni giorno il coraggio e la forza del popolo venivano messi alla prova. Più di una volta, Farin si era chiesto se fosse adatto.

Non sapeva ammaestrare i chocobo e non era un guerriero, ma trovava il suo posto nella comunità riconoscendo e raccogliendo erbe profumate e medicinali nella grande Piana, o pescando sulle rive dei fiumi.

Tramandare le sue abilità alla figlia era per lui motivo di felicità: Lucil sarebbe diventata un grande mevyn come sua madre, ma quelle nozioni l'avrebbero accompagnata per tutta la vita, anche quando per lui si sarebbero aperti i cancelli ogivali dell'Oltremondo.

Farin passava ore a far giocare la piccola con le varie erbe: gliele faceva annusare e stringere nella mano paffuta, le insegnava il loro nome e a cosa servissero.

Sotto lo sguardo attento di Hanna, Lucil tentava di afferrare i pesci che il padre tirava fuori dall'acqua, immersa fino a metà polpaccio nel fiume.

«Ti dispiace se la porto al fiume invece di insegnarle a combattere?» chiese un giorno Farin all'amata.

«Corre tutto il giorno dietro alla tua canna da pesca, sta diventando veloce. Sa riconoscere erbe che possono curare le sue ferite: sarà forte e intelligente anche per merito tuo».

Hanna posò una mano sulla nuca della figlia e le scompigliò i capelli, per poi spingerla con delicatezza verso il campo dove giocava un pulcino di chocobo. Lucil, il sole che splende, si gettò a rincorrerlo con una risata.

«Sin ha attaccato un avamposto dei Crociati sulla Via Djose» disse il mevyn, con gli occhi fissi sulla scena che aveva di fronte.

«Chi te l'ha detto?» replicò Farin, allarmato. «Avevo avvisato di non...»

La caduta dell'ombra (FFX)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora