Il sole passava il punto vernale e, transitando, trascinava le dita dell'inverno. Le cupole di S. Bevelle rifulgevano quel giorno dello splendore dell'oro, e dall'enorme fontana al centro della piazza, cinta da un fregio di smalto, l'acqua cadeva come una dolce pioggia di primavera.
Da quando i suoni della festa si erano sostituiti ai chiacchiericci mondani dei lavoratori, il battere dei tamburi e le grida divertite dei ragazzi erano diventati i soli rumori tollerati dalla gente, almeno per quella giornata.
Sopra un carro trainato da forze invisibili, un uomo vendeva mele caramellate. Alle sue spalle, un altro annunciava quanto bestiame era stato condotto dentro le porte della città, in modo che tutti potessero gioire del banchetto prima ancora di averlo visto.
L'equinozio di primavera coglieva gli abitanti di Bevelle nel loro quotidiano sperare, eppure in un modo arcano li riempiva di una gioia che altrimenti non sentivano concessa, fatta di profumi intrappolati nei teli delle bancarelle. La grande festa era una delle poche occasioni in cui anche i palati più umili potevano avvicinarsi ai cibi raffinati di cui la Chiesa era una custode troppo gelosa, che osservava dall'alto la ridda affannata cercare di procurarsene un boccone.
Gli adulti non impegnati in quella caccia amavano dilettarsi con i numerosi giochi proposti in seno alle piazze. I bambini, invece, venivano introdotti alla conoscenza di animali esotici e difficilmente avvicinabili. La loro gioia tuttavia scoppiava solo quando vedevano i chocobo, e veniva permesso loro di salirci in groppa ed essere condotti per un tranquillo e breve tragitto.
Immersa nella folla, una giovane donna afferrò la veste della sorella, e il suo viso, assieme a tanti altri, si volse verso il ponte adornato da veli.
Il Gran Maestro Mika, uomo saggio e venerabile per età, camminava a passo lento con la tiara sul capo. Attorno a lui pellegrini frenetici tentavano di sfiorarlo con le dita anche solo per un istante e gli tendevano i figli che avevano tra le braccia, in modo che li benedicesse.
Proprio quando Mika allungò le dita verso la fontana, e ne sfiorò l'acqua paziente, una moneta lanciata da qualcuno fece schizzare delle gocce sulla sua manica. Egli non se ne curò e alzò le mani al cielo.
Salve, regina della città
celata dalla notte,
in te canta il nostro cuore.Rendiamo grazie a te,
Yunalesca,
Nel tuo giorno, a te
Che hai mondato la terra,E molte volte,
molte volte ancora ripetiamo
Il tuo sacrificio.E sempre ti siamo grati,
O cerchio sempiterno
Yevon,Colui che apre tutti gli occhi,
Colui che ha molte menti
E che tutto, vedendo, comprende.Ie yu i
No bo me no
Ren mi ri
Yo ju yo go
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La caduta dell'ombra (FFX)
Fanfiction«Allora la mia città vivrebbe, alte come il volo d'airone le sue guglie, fertile come ventre di donna la sua piazza». Questa è la loro storia. Nel continente di Spira, da secoli l'ira di una divinità si traduce in un mostro marino in grado di rader...