XXXVII. La morte del desiderio

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Da quando la sfera per la registrazione era stata spenta, non s'era sentito neanche un suono nella stanza

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Da quando la sfera per la registrazione era stata spenta, non s'era sentito neanche un suono nella stanza. Il pulviscolo atmosferico fluttuava abbondante, indisturbato. Le anime che da tempo avrebbero dovuto lasciare Spira se n'erano andate.

Solo nella mente di Auron, Braska e Jecht stava risuonando l'eco della voce altezzosa di Alan. Come se volessero dare il permesso al tempo di ricominciare a scorrere, i tacchi dell'Inquisitore batterono sul pavimento sporco al ritmo dei suoi passi.

Senza degnare di uno sguardo gli altri, si diresse verso Kelk. Braska si frappose tra lui e il Ronso ferito, sostenendo in silenzio lo sguardo del fratello. Fuori dall'edificio cominciò a farsi strada un vociare caotico, inframezzato dal ruggito delle bocche da fuoco. Le armi proibite.

«Scortaci fuori».

A quell'ordine, che non era provenuto dalle labbra di Braska, Alan si voltò. Perso l'interesse per Kelk, prese a camminare verso Jecht, con le braccia larghe e la bocca contorta in un sorriso. La veste rossa accompagnava i movimenti del suo corpo e si agitava come un'onda di sangue.

«Andate,» replicò, con voce più acuta del solito. «Non vi sto tenendo prigionieri».

Jecht strinse i denti, gli occhi fissi sulle pistole che Alan aveva ai fianchi.

«No. Non ti libererai anche di noi stamattina».

«Jecht–»

L'uomo di Zanarkand fermò con un cenno della mano Auron e riprese a parlare: «Non abbiamo fermato il tuo colpo di Stato. Avremmo potuto dare le nostre vite, immolarci perché tu non prendessi il potere, e la folla lì fuori lo sa. Ci devi la tua protezione per uscire da qui».

«Immolarvi per la sacra causa della Chiesa!» ripeté Alan. Le sue parole vennero sottolineate da una salva di colpi di fucile. «Sono sicuro che l'avreste fatto».

«Questo la folla non lo sa,» replicò Jecht. Poi spostò lo sguardo su Braska che, a capo chino, stava curando le ferite di Kelk Ronso. Alan non avrebbe mai potuto causare la morte di suo fratello. Non avrebbe mai permesso che i ribelli di Luka lo linciassero.

«La Chiesa,» continuò l'Inquisitore, «è obbligata a riconoscermi come Grande Maestro, ora. Altrimenti sarebbe equivalente all'ammettere di avere Non Trapassati tra i ranghi».

Jecht serrò i denti. Alan aveva ragione.

«Manderanno degli uomini: non è il caso che io esca senza scorta».

«E fino a quel momento cosa facciamo?» intervenne Auron, senza tentare di mascherare il disgusto nella voce. «Se la folla scoprirà dove siamo, sfonderà le porte di questo posto come ha fatto con le prigioni».

Alan fece qualche passo verso di lui e gli si fermò di fronte.

«Allora alzate le barriere: a noi non resta che aspettare qualche... oh». Si interruppe all'improvviso, quasi avesse visto una luce negli occhi di Auron. Posò una mano sulla sua guancia, con sorpresa all'apparenza autentica, e il monaco si irrigidì. «Questo è... possibile che tu sia già pronto?»

La caduta dell'ombra (FFX)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora