XXXV. Quelle polveri (Parte 1)

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Quando aveva visto la prima luce sulla strada – rotonda e arancione – Alan aveva pensato che si trattasse del riflesso di una di quelle lanterne lasciate volare per festeggiare l'inizio del torneo

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Quando aveva visto la prima luce sulla strada – rotonda e arancione – Alan aveva pensato che si trattasse del riflesso di una di quelle lanterne lasciate volare per festeggiare l'inizio del torneo. Aveva strizzato gli occhi senza l'intenzione di metterla a fuoco, perso in un vecchio pensiero.

Solo dopo qualche minuto si era reso conto che le luci non facevano che aumentare. Segno probante che era stato qualcun altro a mettere a fuoco qualcosa.

Rimase immobile a osservare l'incendio, a chiedersi in un tempo dilatato perché nessuna sirena stesse suonando, perché nessuno avesse varcato la sua porta socchiusa per dirgli che cosa stava accadendo.

Quando la voce di un uomo lo richiamò con un secco «signore», lui si voltò con la prontezza di una tigre. Incontrò lo sguardo di un giovane Templare, il suo elmo calato fino alle sopracciglia, e la mano che, in uno scatto involontario, si era stretta attorno al turibolo si rilassò sul metallo.

Si rivolse di nuovo alla finestra e fece qualche passo in avanti. Nel cielo arrossato si distinguevano alte colonne di fumo.

«Che cos'è quell'incendio?»

«Gli Al Bhed, Maestro Inquisitore».

«Gli Al Bhed vanno a fuoco?»

«No, signore». Il Templare abbassò il capo. «Stanno marciando verso le carceri, in migliaia, bruciando tutto ciò che trovano sul loro cammino. Il Maestro Vigot Ronso ha ordinato di reprimere la rivolta, ma temiamo che possano essere riusciti a–»

«No!»

Alan artigliò con entrambe le mani il velo sul proprio petto, e continuò a fissare la città con gli occhi sgranati. Quei demoni non avrebbero liberato Cid, che era rinchiuso nel Palazzo di Giustizia, ma solo lasciato fuggire l'unico prigioniero di cui gli importava. Davon. Prima che lui lo potesse portare a processo.

«C-chiedo perdono,» lo raggiunse la voce del giovane, sempre più insicura. Lui aveva fatto un passo indietro, e si trovava quasi con le spalle al muro. «Sono stato mandato qui per aggiornarla sullo stato di salute del Maestro Mika».

Alan raddrizzò la schiena, come se fosse stato appena legato a un bastone, e incrociò le braccia al petto.

«Lo stato di salute del Maestro Mika,» ripeté, inespressivo. Per quanto Vigot potesse reprimere la rivolta nel sangue in modo efficiente e rapido, lui doveva andare a presidiare il Palazzo di Giustizia. Subito.

«Sì».

«A quest'ora».

«S-sì, giudice».

«Prego, allora».

L'espressione del Templare si rilassò, quasi come se il dio gli avesse appena infuso, dopo profonda preghiera, la forza per affrontare le avversità.

«Yevon ci ha benedetti con un miracolo,» disse, il sorriso che si allargava sul suo volto. «Il Grande Maestro non ha ripreso conoscenza, ma... è fuori pericolo. Non annunceremo nulla al popolo fino a quando non si sarà svegliato».

La caduta dell'ombra (FFX)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora