Alan accarezzava con lentezza la cartina del luogo che gli avevano fornito, immaginava di sentire, passandoci sopra, i rilievi sotto le unghie. Erano troppo lunghe, considerò: c'era il rischio che agli occhi di qualcuno apparissero di fiera piuttosto che d'uomo, e di fiere su Spira ve n'era già una disgraziata abbondanza.
In una terra di peccatori come quella, l'apparenza era molto importante: distingueva il povero dal ricco, il pescatore dal sacerdote. Ogni pezzo del mosaico era al suo posto, proprio come la battaglia che l'Inquisitore si accingeva a condurre.
«Signore» disse un giovanotto dai capelli neri, interrompendo il suo flusso di coscienza. «Il comandante Hanna è tornata dalla ricognizione. Porta con lei l'Invocatore Braska e i suoi Guardiani: vogliono offrire i loro servigi».
Alan spostò la mano dalla cartina al suo mento glabro e inarcò le sopracciglia sottili, sinceramente stupito.
«Che piacevole coincidenza: mio fratello mi fa la grazia di concedere il suo eone per la causa. Falli entrare, quindi» rispose al soldato.
La donna in testa al gruppo si levò l'elmo in segno di rispetto e si inchinò davanti al Grande Inquisitore: i lunghi capelli biondi trattenuti da una treccia le finirono davanti al naso, ma non si scompose.
Dietro di lei, un sorridente Braska e due nervosi Guardiani fecero la loro comparsa all'interno della tenda, grande e dalle ricche decorazioni, come si confaceva a un uomo del suo rango. Una smorfia infastidita deformò la bocca di Alan: detestava la finta cortesia dei consanguinei.
«Grande Inquisitore, i nostri cammini si incrociano nuovamente» esordì Braska facendo la riverenza. Jecht e Auron, rigidi come il marmo, fecero altrettanto.
Pieghi il capo, caro fratello, ma sei sempre più in alto di me con lo spirito, si ritrovò a pensare Alan.
«Dici il vero, Braska. Yevon ci favorisce: il tuo eone sarà di grande aiuto alle truppe».
Jecht, intimorito dalla figura di Alan, e per questo rimasto in silenzio, si voltò verso Auron con l'espressione di chi vorrebbe chiedere delucidazioni. Fece per sussurrare qualcosa, quando il monaco gli afferrò il polso e spinse gli occhi fuori dalle orbite in un suggerimento molto chiaro.
«Ah, lo smemorato di Bevelle. Curioso che tu te lo sia portato dietro, Braska» lo punzecchiò l'Inquisitore. Jecht si pentì immediatamente anche solo di respirare.
«Voglio aiutarlo a tornare a casa, se è possibile. In pochi mesi è diventato un abile combattente» replicò l'Invocatore, sorridente.
«A casa? Interessante. Vedo, però, che l'ignoranza è rimasta tale se ha desiderio di fare domande. Che le faccia, quindi: Yevon ha misericordia di chi vuole sapere».
Auron lo guardò torvo, mentre Jecht si ritrovò senza voce.
«Ecco... uh. Mi chiedevo come si possa affrontare una simile bestia...» disse incerto.
Alan fece un cenno ad Hanna, la quale iniziò ad esporre il piano.
«Purtroppo, attaccare Sin direttamente non è possibile. Si muove nelle profondità delle acque, non abbiamo modo di avvicinarci» spiegò con schiettezza. «Il pericolo maggiore, tuttavia, è costituito dalle sue scaglie. Sono mostri che assumono forme dissimili tra loro, prodotte dal suo corpo in gran quantità: se dovessero abbandonare il lago indisturbate, potrebbero mietere molte vittime innocenti. Siamo qui per fermarle».
Jecht annuì perplesso, poi Braska invitò Auron ad avvicinarsi. Lui, riluttante, obbedì.
«Grande Inquisitore, posso mostrare a questo mio Guardiano la disposizione dell'esercito? In questo modo potrà aiutarmi senza causarvi intralcio».
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La caduta dell'ombra (FFX)
Fanfic«Allora la mia città vivrebbe, alte come il volo d'airone le sue guglie, fertile come ventre di donna la sua piazza». Questa è la loro storia. Nel continente di Spira, da secoli l'ira di una divinità si traduce in un mostro marino in grado di rader...