Gli occhi di Auron erano scuri, eppure la luce cruda, tagliando ogni giorno le nuvole sulla strada per Djose, aveva cominciato a infastidirli. Il percorso che portava alla città non terminava, come aveva sperato, appena traversato il Fluvilunio, ma proseguiva in un bosco identico al precedente.
Il monaco avrebbe proposto di affittare tre chocobo, se non fossero stati costretti a continuare il viaggio in ristrettezze economiche. La causa della loro bancarotta stava camminando di fianco a lui, gli occhi puntati sugli alberi come se ognuno fosse diverso dall'altro, e avesse dei dettagli che lui non aveva mai visto.
L'atleta avanzava in modo più naturale del solito, con la spada al fianco, ma Auron non si era accorto del momento in cui aveva smesso di sembrare una recluta e aveva assunto il portamento di un guerriero.
Forse, considerò, Jecht stava pensando a quella libertà di cui aveva tanto parlato, con gli occhi che brillavano come quando raccontava dei cocktail che preparavano a Zanarkand. Sembrava che quelle due pie illusioni riuscissero a infondergli il coraggio nell'animo.
Distolse lo sguardo, che aveva cominciato di nuovo a soffermarsi sul suo torace, seguendo le linee spigolose del tatuaggio. Quando lo puntò sulla strada vide, immersa nella luce, una carrozza nera che procedeva nella bruma. Sentì le ruote colpire qualche ciottolo lungo la via e vide il chocobo che la trainava muovere con precisione le zampe sopra un'immaginaria retta.
«Lasciamola passare!» risuonò la voce di Braska, alzatasi nell'atmosfera immobile.
I tre si disposero in fila l'uno dietro l'altro per cedere il passo, come era successo molte altre volte. Tuttavia, proprio quando riuscirono a distinguere la pelle squamata dell'hypello che la conduceva, la carrozza ricevette l'ordine di rallentare.
Braska si morse il labbro inferiore e sollevò le sopracciglia con aria preoccupata, rendendosi conto che – come temeva – non si trattava di una comune carrozza a noleggio.
L'ospite del veicolo spense con decisione un sigaro su uno degli assi che sostenevano la gabbia. Il cocchiere, affranto, osservò la cenere scivolare giù dal legno, ma per paura trattenne i lamenti e si limitò a scuotere la testa, mentre i drappi che si tiravano restituivano un vago bagliore metallico.
I tre viaggiatori, Jecht compreso, chinarono la testa e il busto nella riverenza yevonita.
«È bello vedervi in salute» esordì una voce che conoscevano bene. Quando alzarono lo sguardo videro Alan che, con un gesto, intimava l'alt alla carrozza.
Jecht osservò il Grande Inquisitore distendere le gambe e saltare giù dal mezzo in una maniera che avrebbe ritenuto ridicola per qualsiasi altro uomo. Il modo in cui atterrò sui tacchi spessi, la polvere sollevata, la veste che tintinnando tornava al suo posto gli incussero però un timore che non riusciva a spiegare, reso ancor più forte dai suoi occhi celesti che si posarono su di lui e poi subito si distolsero. Se non fosse stato velato, forse avrebbe potuto soggiogare con lo sguardo.
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La caduta dell'ombra (FFX)
Fanfiction«Allora la mia città vivrebbe, alte come il volo d'airone le sue guglie, fertile come ventre di donna la sua piazza». Questa è la loro storia. Nel continente di Spira, da secoli l'ira di una divinità si traduce in un mostro marino in grado di rader...