Pool of desire

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Dopo avermi spiegato per filo e per segno il ruolo di Austin, di Simon ma soprattutto di Zayn, siamo tornati a viaggiare in auto senza dire più nulla. Sono io, quello che vogliono colpire sono io perché sono l'unica persona al mondo a cui lui tenga più della sua stessa vita. Osservo il paesaggio scorrere davanti al finestrino, neanche la musica aiuta a migliorare il mio mood. Mi sento sconsolato, chi può odiare Lou a tal punto da usare me per ferirlo? Questo è il peggiore dei cattivi. Per non parlare di Zayn, credevo fosse un amico simpatico e fidato, ma probabilmente sta con Liam solo perché è mio amico. Un altro modo per avvicinarsi a me. Afferro il telefono, indeciso su cosa scrivere a Li. Non posso non metterlo in guardia della pericolosità di Zayn ma non posso distruggere così quasi un anno di storia. Non ho idea se sia una finta oppure no, senza prove concrete non posso accusare qualcuno.

Sbuffo, concentrandomi sulla mia immagine di blocco schermo. Siamo io e Lou intrecciati in un abbraccio mentre sorridiamo. Se dovessero riuscire ad uccidermi lui morirebbe e non posso permetterglielo.

"Se dovesse succedermi qualcosa io-"

"No, non c'è nessun se, non succederà niente."

"Ma se dovesse-"

"No."

"Lou! Se dovesse-"

"No Harry basta! Basta, taci immediatamente!"

Ferma l'auto in una via sterrata, guardandomi in cagnesco.

"Pensa al tuo amico piuttosto che a te stesso. Per quello ci sono io." Afferma deciso.

"So che ci sei tu a proteggermi e mi fido completamente ma-"

"Bene, allora non abbiamo alcun problema."

"Stammi almeno a sentire per l'amor del cielo!"

"Ti starò a sentire quando mi dirai qualcosa di sensato. In ogni caso dobbiamo scendere, da qui proseguiamo a piedi."

Si reca ad aprire il bagagliaio, tirando fuori due piccole valige. è furente dalla rabbia, lo si vede dal modo in cui pesta i piedi al suolo e dagli occhi iniettati di stizza. Spalanco la portiera, seguendolo lungo un breve percorso di ciottoli, circondato dal verde. Nessuno dei due dice nulla, quella che doveva essere una vacanza rilassante si è trasformata in un incubo. Lou cammina a passo spedito, in evidente stato d'ira. Non mi aspetta né mi parla o considera minimamente. Capisco che sia turbato ma lo sono anche io e non me la prendo con lui per questo. Il suo atteggiamento talvolta infantile mi fa imbestialire. Lo ignoro, ma non posso nascondere a me stesso che questo mi faccia male. Alla mia destra, mentre sono ancora perso nei miei pensieri spunta un cartello con su una scritta.

"Hiroshi." Pronuncio in un sussurro, cercando di fare mente locale. Non ho mai sentito questo paese, e in geografia sono piuttosto bravo.

"è un finto paese tipico giapponese." Dice, il suo tono più pacato e tranquillo. Estrae dalla tasca una chiave, la incastra in una serratura per poi aprire la porta. Un portone per la precisione, e in effetti assomiglia decisamente agli antichi ingressi dei palazzi imperiali giapponesi. L'osservo attentamente, è imponente, fatta di legno scuro con intagliate delle figure, sembrano guerrieri con le armature dell'epoca.

"Sono dei samurai. Nobili guerrieri e membri della casta militare del Giappone feudale. Sono noti poiché abilissimi nell'utilizzo della Katana, una sciabola particolarmente lunga."

"Fanno paura." Asserisco, scrutando la misteriosa armatura che indossano.

Lou inizia a ridacchiare, divertito dalla mia innocenza. "Per forza, dovevano proteggere il loro popolo, non potevano di certo circolare come facciamo noi ai giorni nostri." Mi carezza la testa, scompigliandomi i capelli per poi appoggiarsi con il gomito a me.

Little white lies // LarryDove le storie prendono vita. Scoprilo ora