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Cazzo!
Michelle gridò in modo acuto, facendo indietreggiare la bestia verde e zittendola. Tremante e senza fiato, non si mosse da dov'era sdraiata.
Hulk batté le grosse palpebre e si mise a quattro zampe sopra di lei. La ragazza, terrorizzata e immobile, si lasciò annusare.
Non mi uccidere, ti prego, non mi uccidere.
-Michelle.-
Ritrovando la funzione dei polmoni, fissò Hulk stralunata. Aveva detto il suo nome?
-Hulk...-
Lui piegò la testa, qualche ciocca di capelli neri gli finì sulla fronte. -M.J.-
-Sì.- annuì. -Sì, sono... sono M.J.-
Una grossa mano verde le accarezzò delicatamente la guancia, attento a non ferirla. -Michelle... figlia.-
Il cuore le si contorse. Steve le aveva confessato, in un giorno in cui si erano sentiti entrambi estremamente soli, che Bruce e Natasha le avevano voluto bene. Che l'avevano amata come una figlia e che volevano adottarla.
Poi Elijah era morto e lei era andata via.
-Va tutto bene.- mormorò, mettendosi seduta e toccando la mano grossa con la sua. -Il sole sta calando...- disse quello che le avevano consigliato anni fa di dirgli per calmarlo.
Hulk si fece indietro e si rilassò. Con versi stanchi si diresse verso una serie di sacchi a pelo disposti in modo particolare, quasi fosse una cuccia.
M.J. si sistemò i pantaloni e levò la polvere dai vestiti. -Che ci fai qui? Come ci sei arrivato?-
La sbirciò di spalle, intento a sistemare dei cuscini e a metterli uno sopra l'altro. -Strega.- sbottò e li colpì con un pugno.
-Amaranta.- capì lei, -Ti ha portato lei qua. Lei ha diviso te e Bruce, l'ho saputo. Perché Amaranta avrebbe dovuto tenerti con sé tutto questo tempo? Chi hai visto oltre a lei durante questi anni?-
Altri cuscini messi insieme in stile torre, altro pugno arrabbiato. -Uomo testa d'acquario.-
Michelle sbuffò una risata. -Beck. Ti senti bene, bestione? Vuoi che ti cerchi da mangiare?-
Hulk indicò un angolo del magazzino, vi era abbastanza cibo in scatola da sfamare un esercito.
-Ok, quindi si è presa cura di te. Ti ha dato un posto dove stare e da mangiare, per cinque anni. Come mai mi ha portata da te adesso? Che sta accadendo da costringerle a cambiare i suoi piani o ad agire?- parlò più tra sé che a lui. -Ah, non importa al momento. Conta solo che tu sia in salute. Tranquillo, ora ce ne torniamo a casa.-
I colpi si bloccarono e M.J. riuscì in tempo a levare il cellulare dalla traiettoria di Hulk prima che lui glielo distruggesse. -Michelle resta!-
-No, Michelle se ne va e Hulk viene con lei.- gli puntò un dito contro.
-Hulk resta! Michelle resta!-
-Non ti va di rivedere i tuoi amici? Steve, il caro Banner, Natasha. Vuoi rivedere Natasha?- provò a dissuaderlo.
L'Avenger assunse una smorfia, ferito e sconsolato. Lasciò perdere il telefono della ragazza e tornò ai suoi cuscini.
Lei corrugò la fronte, che gli era preso? -Hulk? Tutto bene?-
Un nuovo pugno, un nuovo ringhio. -Natasha amare Banner. Non Hulk.-
M.J. venne invasa dalla tristezza. -Chi ti ha detto una cosa del genere?-
-Strega.-
La giovane comprese. Ecco perché Hulk non tornava a casa di sua volontà, Amaranta lo aveva plagiato. Gli aveva svelato un fatto che purtroppo era vero e lui non se l'era sentita di stare vicino alla donna che amava se lei voleva un altro.
Serrò la mascella e lo osservò con determinazione. -Tu tieni a Natasha, giusto? Be', anche lei tiene a te. Si è innamorata di Bruce quando eravate ancora un'unica identità. Le piaci. Tu vuoi che sia felice?-
Lui smise con i pugni e le spalle gli caddero, rassegnato. -Hulk tenere a Natasha.-
Bene, adesso doveva sganciare la bomba.
-Hulk?- attirò la sua attenzione e fece dei passi avanti. -Natasha era incinta cinque anni fa. Thanos le ha portato via il bambino. Aiutami a vendicarla.-
Il bestione verde prese la colonna più vicino a lui, la districò dal metallo e la lanciò lontano producendo un forte baccano. Tornò a guardare lei con rabbia. -No toccare bambino Natasha. Bambino Hulk. Tu bambina Hulk. Hulk protegge, Hulk uccidere Thanos!-
Michelle ghignò, annuendo. -E vai così.-

-Marco?-
-Polo.-
Tony Stark si guardò attorno nella propria casa, poggiando silenziosamente un piede davanti all'altro. -Marco?-
-Polo!- rispose di nuovo la vocetta.
Si raddrizzò e andò dietro una colonna in legno. Non fece alcun suono e dalla cucina emerse una bambina. -Marco?- fece lei, avendolo perso di vista.
Tony la sorprese da dietro, sollevandola. -Polo!-
Lei rise divertita, lasciandosi dondolare. -Ancora, ancora!- proclamò nel suo pigiamino bianco con aironi colorati.
-No, signorinella. Avevamo detto un'ultima volta e poi a nanna. Hai lavato i denti? Fai sentire.- si rigirò il corpicino tra le braccia sorridendo. Lei gli alitò in faccia e lui finse una smorfia disgustata, nonostante la fragranza alla menta. -Oh, no! Mi uccide! Soffoco!- recitò malamente un malore e si sdraiò a terra.
La piccola, ridacchiando e a cavalcioni su di lui, lo tirò per la maglietta. -Papà?-
L'uomo scattò con la testa su, sveglio più che mai come se non avesse appena finto la propria morte. -Dimmi tutto, Morgan.-
-Voglio una favola.-
Tony si rialzò, tenendo la figlia in braccio e portandola verso la sua cameretta. Decisa in ciò che vuole, pensò, proprio come me. -Una favola. Uhm, c'era una volta Maguna che andò a letto, fine.-
Morgan rimbalzò una volta che fu fatta cadere sul materasso e sobbalzò a gambe incrociate. -È una favola molto brutta.-
-Ma dai, è la tua favola preferita.- scherzò il padre, tirando coperta e lenzuolo del lettino per metterci sotto la figlia.
Lei si accomodò, sorridendo per il solletico quando le rimboccò le coperte.
-Adesso dormi, va bene?- le sussurrò e le baciò la fronte, -Ti amo centomila.-
Così tanto, Maguna.
Le spense la luce della lampada sul comodino e fece per aprire la porta.
-Io ti amo tremila.-
Cosa?
Tornò ad osservare la bimba nella penombra. -Perché tremila?-
-È quello che mi dice lui.-
Tony tornò sui suoi passi, riaccese la lampada e si accucciò vicino a lei. -Lui chi?-
-Il ragazzo che mi fa visita nei sogni.-
Corrugò la fronte. Questo era... strano. -Un ragazzo? Ed è più grande di te?-
-Mi ha detto di avere diciassette anni. Lui mi fa ridere. Riesce ad arrampicarsi sui muri e mi fa le pernacchie sulla pancia.- rise al ricordo, -Combatte contro i cattivi e mi difende con la sua forza.-
L'uomo sospirò commosso e le accarezzò i capelli lunghi e scuri sulla testolina. -È il tuo modo di dirmi che vorresti un fratello maggiore?-
-No, lo sogno veramente di notte.-
-Lo capisco. Tesoro, io e la tua mamma volevamo tanti figli insieme. Purtroppo si è ammalata dopo la tua nascita e non c'è stato niente da fare. Mi dispiace, vorrei poterti dare una famiglia più numerosa.-
Morgan sbadigliò. -Mi basti tu. Tu e un cane.-
Tony sbuffò una risata. -Un cane, annotato. Ne parleremo più avanti.- le schioccò un altro bacio e fece tornare il buio. -Solo per curiosità, come si chiama il ragazzo dei tuoi sogni?-
Lei si rigirò dall'altra parte, insonnolita. -Peter.-
Il cuore di lui saltò un battito.
Peter. Peter.
Ricacciò indietro il magone che gli era venuto inspiegabilmente. -Mi è sempre piaciuto quel nome.- parlò quasi a sé. -Dormi o vendo tutti i tuoi giocattoli. Notte notte.-
-Papà?- lo richiamò la bambina.
Aveva già messo un piede fuori dalla porta. -Mmh?-
-Domani viene Amaranta?-
Tony scrollò le spalle. -Probabile. Se dovrò andare in città, avrò bisogno di una babysitter che badi a te.-
E per fortuna che quella ragazza è sempre disponibile, Dio sa come.
-Ora è meglio che chiudi quegli occhietti, Morgan Parker Stark, o domattina invece delle frittelle mangerai cereali all'uvetta.- la salutò e chiuse la porta.
Scese le scale e fece per andare sul retro, aveva improvvisamente bisogno di prendere un po' d'aria. Il suo passo svelto venne interrotto, qualcosa aveva catturato la sua attenzione. Voltando il capo, si fece una domanda strana.
C'era prima quella porta?
Prese la maniglia, la girò e aprì, svelando... ah, uno stanzino. Wow, abitava lì da chissà quanti anni e non ci aveva mai fatto caso.
Accese la lucetta ed esaminò l'interno. Dovevano essere oggetti della sua infanzia, erano per la maggior parte giocattoli per un maschietto. Tuttavia sembravano risalenti a inizio secolo, perciò non potevano essere suoi. Forse dei proprietari precedenti che avevano lasciato là delle cose.
Incastrandosi in mezzo agli scatoloni, ne prese uno. Così tanta roba e nessuna era sua o di Morgan?
Magari erano rimaste lì dal trasloco e se n'era dimenticato.
Levò lo scotch e alzò le ante di cartone marrone vecchio. Vestiti. Non della sua taglia però, più piccoli.
Ne prese uno, un maglione blu. Midtown High, c'era scritto. Uh, la persona che abitava in quella casa prima di loro aveva fatto una buona scuola. Era dove sperava di mandare in futuro Morgan se lei si fosse appassionata alla scienza come lui.
Continuò a scavare, sperando di trovare un qualche indizio sulla persona in questione e contattarla per ridarle i suoi effetti personali, fino a quando non mise mano a una giacchetta di pelle nera.
Sistemò il colletto, sfregò i polpastrelli su di essa. Strano, era familiare. Come se l'avesse già vista.
Era sua? Pareva sua. Era nel suo stile.
Tratto da una specie di forza magnetica, avvicinò l'indumento al viso. Chiuse gli occhi e inspirò l'odore.
-Non la voglio!-
Sgranò le palpebre.
-Non la voglio, Mr. Stark, l'ha cosparsa del suo profumo come a dire agli altri che sono di sua proprietà. Be', io non sono di sua proprietà!-
-Calmati, col tempo avrà il tuo odore.-
-Non sono disposto ad aspettare che accada, se la riprenda.-
-Fa freddo stamattina. Fai poco il bambino e mettila, altrimenti ti sfido di nuovo in palestra.-
-Lei è un prepotente, Mr. Stark, un vero prepotente! O a modo suo o niente, eh?!-
Tony riprese a respirare.
Con chi stava parlando? Di chi era quella voce? Da dove li aveva tirati fuori quei ricordi?
Le domande gli fecero venire le vertigini e, senza capire il perché, si ritrovò in ginocchio con il volto sepolto nella giacchetta. E scoppiò a piangere senza motivo.

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Commentate, grazie! :)

-Kitta❤️

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