Peter era tutto dolorante quando tornò in piedi e riuscì finalmente ad alzarsi dal lettino dell' infermeria. Aveva dormito abbastanza, gamba e spalla erano tornati come prima. Dopo la visita amichevole di Natasha, aveva scritto un po' e si era addormentato per qualche oretta.
Si passò le mani tra i capelli, dandosi qualche secondo per riprendere a respirare con più calma. Tornato in sé, trafugò nel suo vecchio costume che gli avevano tolto per medicarlo; adesso portava solo il suo solito pigiama. Riuscì a trovare il proprio cellulare e, senza pensarci più di tanto, fece il numero della sua migliore amica. -Non ci sono, se è importante lasciate un messaggio, se siete Parker lasciatelo comunque.- la voce registrata di lei della segreteria telefonica lo accolsa, seguita poi da un suono acuto e prolungato.
Peter si schiarì la voce e si sedette sul materasso alto, le gambe a dondolare dal bordo. -Ciao, sono io.- si maledì subito, -Cioè, cavolo, ovvio che sai che sono io, hai il mio numero...- ridacchiò nervoso, non era facile dirle quello che stava per dirle. -In ogni caso, ti ho chiamata per sapere se stavi bene. Avrai saputo quello che è successo, no? Un enorme serpente ha fatto fuori metà Queens, sinceramente non so tutte quelle persone dove potranno andare a vivere ora... Gli Avengers daranno una mano, anche economicamente. O almeno è quello che hanno detto a me. Tutto ok, quindi? Elijah è a posto? So che era di riposo oggi e ne sono contento.-
Si morse la lingua e con l' altra mano si massaggiò il punto del naso in mezzo agli occhi. Dio, come poteva introdurre un argomento del genere? -Sai, detesto la segreteria. Non mi piace, non mi permette di parlare con te... di sentire la tua voce... mi piace la tua voce.- ok, iniziava a sembrare ridicolo. -Ho rischiato di morire, oggi. Sappiamo bene entrambi che non è la prima volta che succede, ma stavolta... stavolta è stato diverso. Mi pareva più doloroso, perché temevo di non rivederti più. Volevo solo alzarmi e venire da te. Però non ci riuscivo, sono rimasto bloccato sotto ad un palazzo caduto in pezzi. È stato orribile, penso che avrò incubi ancora di più. Il punto è che... ho lottato per tornare da te. Per vederti ancora.- deglutì e fece battere senza ritmo le dita sul lettino. Quasi quasi avrebbe preferito tornare ad essere privo di sensi, piuttosto che affrontare questa cosa rimasta in sospeso tra di loro troppo a lungo.
Ciò di cui non si accorse fu una persona, più precisamente il proprietario della torre, nascosta dietro la porta ad origliare sin dall' inizio quel suo messaggio vocale.
-M.J., io... faccio pena a parlare, lo sai. Non mi piace esprimermi, non ci riesco, sono più uno che va di petto, mi conosci, anche se so di essere un grande rompiscatole logorroico quando mi ci metto.- il cuore gli battè forte e sentì un gran caldo. Non voleva parlarle così per telefono, avrebbe preferito faccia a faccia, tuttavia sentiva che non avrebbe avuto di nuovo quel tipo di coraggio. Sospirò, -Tento come riesco. Michelle, io... guardo te... e il resto del mondo fa schifo. Sul serio, dico davvero. Tutto quanto mi pare spento, finto, di carta, sbagliato e tu... tu sei l' unica cosa giusta. Mi tratti come vuoi trattarmi, ci vai giù pesante qualche volta, e la cosa non mi infastidisce, anzi... la trovo attraente. Non hai peli sulla lingua, non mi hai mai mentito, sei sempre te stessa senza che te ne vergogni. Forse è proprio questo che mi attira di te; quanto sei vera.-
Tony poggiò la testa contro il muro e prese un bel respiro, conosceva bene il sentimento di quel ragazzino. Lui aveva avuto la fortuna di provarlo due volte, con Pepper e Steve.
-Sei incasinata quasi quanto me, capisci che anche se non lo dico sono dispiaciuto quando combino disastri o ti offendo senza volerlo. Il concetto, in fondo, è proprio questo: parole non dette. O, nel mio caso, che non si riescono a dire.- si grattò ansioso il braccio e si passò la lingua sulle labbra, la testa china.
Dai, Peter, non è difficile: "M.J., tu mi piaci". Forza!
-Le parole che posso dirti e che non ti ho mai detto sono piuttosto simili a "sei bellissima", "sei intelligente" e "hai più palle te di me".- rise di poco, -Ora invece ho un' altra cosa che vorrei dirti e, se te la dico, renderei tutto più ufficiale. C'è la possibilità che io spaventi entrambi e non voglio. Perché sappiamo quanto i sentimenti siano complicati. Non so se tu hai un "non detto" per me... spero, in realtà, che tu ce l' abbia. Puoi decidere di ignorare questo messaggio, lo capirò, oppure puoi rispondermi anche tu... e dirmi che semplicemente non hai detto niente, perché non volevi. O non potevi. Io ce l' ho un "non detto" per te, M.J. Dipende da te, a me basta di non perderti. Puoi dirmelo se vuoi che resti così o cominci a parlare. In ogni caso... come non detto. Ci vediamo a scuola.- sorrise amaro e chiuse la chiamata.
Be', poteva andare peggio. No?
Peter grugnì e lasciò cadere il capo all'indietro. Era ancora in tempo per cancellare quel messaggio orrendo? Almeno si capiva cosa intendeva? Ma che, neanche lui aveva compreso appieno cosa diavolo avesse detto!
-Stupido, stupido, stupido Parker...- sussurrò, stringendo i pugni sugli occhi. Che testa di cazzo, veramente...
Sobbalzò non appena si accorse di non essere solo; Tony Stark lo guardava dalla soglia della porta. -Cristo, da quanto tempo è lì?-
-Non volevo ascoltare, lo giuro, stavo solo venendo a chiamarti per...-
-Mi ha spiato?!-
Tony alzò un dito e aprì bocca, rimanendo fermo in questo modo per poco più di due secondi. -Adesso, spiare è una parola grossa. Diciamo che ho involontariamente sentito tutto.-
Peter si coprì occhi e fronte con una sola mano, -Che cosa vuole?- chiese infastidito e scese dal letto.
-I ragazzi volevano sapere se eri pronto per allenarti. Ti senti abbastanza in forma per un nuovo scontro, anche se solo d' esercizio?-
-Certo, mi ha preso per un rammollito?- gli andò incontro e lo superò, ma si fermò prima di salire le scale. Perché la parte ragionevole di lui doveva svegliarsi proprio ora? Si girò per guardarlo negli occhi, -Senta, io... lo so che non sono facile da trattare e mi spiace se rispondo male sempre, è nella mia natura da qualche anno. Comunque, volevo scusarmi per il fatto del costume. Dovevo metterlo subito, ma ho preferito dare ascolto al mio ego.- si sfregò le mani e, per la seconda volta nel giro di quindici minuti, si mise a nudo: -Sono stato un idiota. Il mio cervello deve ancora abituarsi al fatto che non sono più da solo, che Spider-Man ha qualcuno che lo protegge. Lei mi ha dato quelle regole per un motivo, so di essere in pericolo con l' Avvoltoio in giro. Non dovevo uscire. Dovevo darle ascolto, e invece...-
-Shhh, non importa.- Tony si avvicinò a lui dolcemente e lo strinse di poco a sé, una mano ad accarezzargli i capelli morbidi. -Non ti è accaduto nulla di grave, mi basta questo.-
Il ragazzo sentì i battiti del cuore aumentare, come se volesse fargli capire che c'era, che era sempre lì. Una parte di lui era sempre rigida, in qualunque caso. Quell' abbraccio era... bello. Ma dentro di sé lo sentiva così sbagliato. Era caldo, tenero, paterno...
Paterno.
"Aveva due occhi enormi, marroni e profondi. Erano identici ai tuoi. Tu me lo ricordi tanto".
No!
Spinse di colpo l' uomo lontano da lui. Non doveva andare così, non poteva essere chi non era. Tony aveva perso un figlio, lui aveva perso tutta la sua famiglia. Non ci potevano essere rimpiazzi.
-Peter...?- la domanda di Stark era sottintesa nel suo tono. Anzi, le domande: "cosa c'è?", "stai bene?", "posso aiutarti?", "hai bisogno di me?".
Bisogno...
No, merda, no, lui non aveva bisogno di nessuno, al diavolo!
Mandalo via, allontanalo!
La testa vorticò, era tutto troppo. E la colazione che gli faceva ogni mattina, e le loro mani unite insieme sotto la pioggia, e i suoi soprannomi, e i suoi controlli costanti per vedere se stava bene...
No... no, no, no, no, cazzo!
Un conto era il rispetto, un altro l'affetto: si stava affezionando a Tony.
Maledizione!
-Petey-pie, tutto ok?-
-Mercoledì sera esco.- cambiò argomento il più in fretta possibile, respirando come se avesse corso per delle miglia. -I nostri patti prevedono una sola sera libera a settimana, scelgo quel giorno.- si voltò per salire di sopra, ma una mano alla collottola lo fece bloccare.
-Feeeermo lì, campione.- Tony gli si mise davanti per impedirgli di scappare, -Dov'è che vai, con chi e quanto stai fuori?-
Peter proruppe in un verso di frustrazione esagerato. -Vado alla festa di alcuni miei amici, saremo in tanti e torno prima che la scuola cominci.-
-Ah. No.- disse secco ed uscì. Il sedicenne sbattè le palpebre un bel po' prima di risvegliarsi da quella risposta corta. Lo seguì a passo svelto, -Come sarebbe a dire "no"? Ho una sera libera a settimana, me l' ha promesso!-
Tony svoltò l' angolo e chiamò l'ascensore. -Già, ma un' altra delle regole dice che non puoi mangiare o dormire fuori da casa senza il mio consenso.-
-E allora mi dia il suo consenso.- fece ovvio, entrando nell' ascensore con lui.
Tony premette il tasto del piano della palestra, -Non ti lascio dormire da un' altra parte e in un posto che non conosco. Soprattutto se rischi di svegliarti nello stesso letto di estranei.-
-Non sono estranei, sono amici che conoscevo quando vivevo per strada.-
Tony gli lanciò un' occhiata che trasudava la frase "ora ti sistemo io". -Facciamo così: quanti sono i tuoi amici?-
-Tre, sono fratelli.-
-Se almeno uno di loro ha la fedina penale pulita, puoi andare.-
Quella dichiarazione provocò il suono immaginario di grilli nella testa di Peter.
Scacco matto, Iron Man.
-Davvero? Neppure uno su tre?-
Altri grilli.
-Come sospettavo.- Tony oltrepassò le ante di metallo e si diresse verso il suono delle urla, seguito dal figlio.
Steve e Natasha stavano combattendo con dei bastoni da difesa, mentre Rhodey tirava pugni liberi alle mani coperte di Sam. Il resto della squadra si stava asciugando dal sudore, seduti sulle panchine.
La palestra era grande, piena di ogni tipo di attrezzo per qualsiasi allenamento. Anche quelli di tipo aereo per chi volava.
-Sono già stato ad uno dei loro party, non mi è mai capitato niente di brutto, e anche in quelle occasioni dormivo da loro la notte.- impose i suoi ideali il ragazzo, la voce fece eco e attirò lo sguardo delle persone intorno a loro. Tony continuava a camminare, pretendendo di non sentirlo. -Se io rispetto le regole, lo deve fare anche lei: una sera libera a settimana!- ribadì per la terza volta.
Stark alzò un dito e fece il suono della campanella da lotta sul ring con la bocca: -Ding, ding, ding, ding, ding! Hai centrato il punto, ragazzino. "Sera", non "notte". In più, non farmi ridere... quali regole avresti rispettato? Continui a dire parolacce, sei andato a pattugliare il Queens senza tenere aggiornato nessuno di noi e hai invitato qui la tua amica senza chiedermi il permesso o presentarmela.- buttò giù un materassino leggero e si tolse scarpe e maglietta, rimanendo a torso nudo e legandosi delle bende intorno alle mani.
A Parker sfuggì un ghigno, -Non sapevo che appianare la sua gelosia facesse parte degli accordi.-
Tony smise di mettere la magnesia sulle nocche e sollevò di poco il mento per scrutare il figlio. Poté sentire dei fischi di provocazione e delle risatine partire da vicino loro. -Che hai detto, scusa?-
-Stark, lo deve capire: io non sono il sostituto di nessuno. Suo figlio è morto? Ok, mi spiace, ma non per questo deve rovinare la vita a me perché non può farlo alla sua!-
E l' aria di sfida divenne un' aria di morte. Fu Tony a farla tornare come prima. Con passo pesante, si mise sul materassino e si stiracchiò i muscoli. Non smise un secondo di guardare Peter. -Adesso mi hai fatto veramente saltare i nervi, ragazzino.-
-Oh, no.- sfuggì a Rhodey.
-Tony...- lo chiamò Natasha notando il suo sguardo, quello da "sto per farti il culo".
-Non ti fidi di noi, parole tue. Be', io non mi fido di te e del fatto che questa festa potrebbe non essere innocua come hai evitato di dirmi fin' ora. Tu non hai la minima idea di che cosa voglia dire "obbedire" e "portare rispetto". Se così fosse, seguiresti le regole. Ma non lo fai. Per tanto, se ti comporti da bambino, io ti tratto da bambino. Punizione.-
-Vacci piano, Stark.- gli consigliò Thor, stando indietro come gli altri. Sì, Tony aveva le sue paranoie, tuttavia Peter doveva capire che quello era un luogo sicuro e che Tony gli impediva certe cose per una precisa ragione.
Il miliardario puntò un dito contro il giovane, stando nel centro di quel tappetino azzurro. -Se avessi cinque anni, ti farei sedere all' angolo per un'ora. Se ne avessi otto, ti metterei sulle mie ginocchia e ti sculaccerei. Al contrario, ne hai sedici e devi iniziare a ragionare da adulto. Ammesso che nessuno ti abbia mai insegnato un po' di disciplina in passato, adesso me ne occuperò io. Nuova sfida: se riesci a battermi, puoi andare alla festa, sennò... Mmh, a questo ci penserò a vittoria ottenuta. Il primo che butta fuori dal materasso l' altro, vince. Io userò la mia armatura come tu puoi usare i tuoi poteri, sarà uno scontro alla pari: Iron Man versus Spider-Man, che ne dici?- gli nacque un mezzo sorriso irritante e socchiuse gli occhi, -Gioco.-************************************
Commentate, grazie! :)-Kitta♡
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The Hero's Secret
FanfictionDedicato a chiunque non abbia un buon rapporto col padre. Se non avete mai visto i film della Marvel, ATTENTI AGLI SPOILER. Contiene le storie: • Iron Dad • Spider Son • Magissa Peter Parker non è altro che un sedicenne del Queens, New York, che des...