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Passarono le settimane. Giorni pieni di risate e nuove occasioni.
Dove Peter e M.J. si avvicinarono più di quanto avessero mai fatto - erano anche usciti insieme e Peter aveva sempre pagato per entrambi, nonostante avesse vinto la Prank Week -, dove tutte le sere Tony faceva scivolare sotto la porta del giovane un libro diverso e gli veniva rispedito dopo neanche quindici secondi se il ragazzo non era interessato - ci aveva azzeccato con "La vera storia di Capitan Uncino", "Il romanzo di Ramses" e "Il signore degli anelli" -, dove padre e figlio si alzavano presto la mattina per fare colazione e jogging insieme prima che quest' ultimo andasse a scuola e dove Stark apprendeva maggiori cose su Peter grazie ai corsi segreti di M.J.
La ragazza passava anche un sacco di tempo alla torre degli Avengers col suo migliore amico quando volevano vedere un film, stare ai videogiochi o in tranquillità. Si era conquistata la simpatia della squadra in un attimo, soprattutto di Natasha e Bruce.
Tra l' altro, non poteva non essere felice del suo "allievo"; Tony aveva cominciato a cambiare il suo atteggiamento con Peter grazie a lei: lo lasciava uscire di più, permetteva ai due ragazzi di rimanere da soli quando lo volevano e pian piano aveva riconquistato la sua fiducia.
Risultato? Spider-Man era tornato. Si faceva di nuovo vivo nel Queens, aiutava le persone e aveva rimborsato chiunque avesse derubato nei mesi passati - lì Stark era stato parecchio insistente. Lo stesso Stark che, ogni weekend, gli faceva una coccola portandogli la colazione a letto.
Già, quella che per il ragazzo risultava una strana relazione amichevole col suo mentore, si stava evolvendo. Certo, era normale una litigata o due quando capitava, per il resto stavano bene. Peter voleva altre informazioni sui suoi genitori, ma non sapeva come chiedere o fare le domande giuste.
Per questo, in una notte tra un venerdì e un sabato, l' adolescente non riuscì a dormire e rimase con gli occhi aperti a fissare il soffitto nel buio. Per quei pensieri e... sì, ok, anche per il ritorno di un incubo, uno dei peggiori. Si contorceva la dita e ragionava insistentemente su una cosa.
Lo faccio o non lo faccio? E se non vuole?
Guardando l' orologio digitale sul suo comodino e vedendo i numeri fosforescenti in rosso che segnavano l'una, sospirò frustrato. -Che diavolo...- sussurrò e si decise: scese dal letto e uscì dalla sua stanza.
Facendo attenzione, aprì la porta della stanza dove dormivano Tony e Steve. Erano stretti a cucchiaio e - grazie al cielo - vestiti con magliette e boxer. Non voleva svegliarli, sul serio, solo parlare un attimo col miliardario.
Per questo non lo fece apposta a sbattere contro l' armadio, anche perché non ci vedeva nulla, e a farsi scappare un imprecazione sottovoce: -Merda!-
-Gnah, linguaggio...- sobbalzò Steve, facendo un verso tra il grugnire e il russare, tenendo gli occhi chiusi e svegliandosi.
Wow, ha il "linguaggio" automatico.
-Peter. Che ci fai qui?- chiese con voce lieve, evitando di svegliare il compagno.
Imbarazzato e colto sul fatto, scosse la testa. -Non importa, aspetto domani.-
-No, non andare. Se non ti fa dormire, non è una cosa da poco. Guarda, facciamo che dormi qui al mio posto e io vado nella tua stanza?-
-Perché dovrei voler stare dove sei tu?-
-Era Tony che cercavi, no?-
Arrossì. -No.-
-Spiacente, non ti credo.- gli sorrise, -Anche io avevo bisogno di qualcuno durante la notte, dopo un incubo, i primi mesi dopo che sono stato scongelato. Ti capisco. E forse potrete anche aiutarvi a vicenda.-
Il ragazzo inizialmente non capì, poi notò il viso addormentato di Tony: era contratto, sudato, quasi sobbalzava.
-Anche lui...?-
-Più o meno sempre.-
E solo adesso Peter si ricordò che Stark stesso glielo aveva confessato, faceva incubi su di lui e sul suo rapimento.
-Dai, vieni.- Steve si alzò e lo condusse dolcemente con una mano sulla schiena e sdraiarsi sul letto matrimoniale. Successivamente se ne andò, col sorriso ancora sulle labbra e la speranza che i due parlassero.
Il sedicenne osservò rapito la faccia dell' uomo steso al suo fianco, che borbottava e stringeva forte il lenzuolo. -Peter... Peter...-
-Mr. Stark?- lo richiamò e gli mise una mano sulla guancia calda.
Tony saltò per lo spavento e aprì gli occhi, -Chi? Cosa?- ansimò e si guardò attorno. L'unica luce proveniva dalla porta socchiusa e non era nemmeno questo granché, però gli permise di vedere chi c'era con lui al posto del biondo.
-Peter... oh, mio Dio.- si rilassò e lo abbracciò, -Stai bene?-
-Sì, sto bene.- tentennante lo strinse a sua volta e percepì il fiato corto di lui sul collo.
Il miliardario si allontanò per poterlo guardare negli occhi e gli tenne il volto con entrambe le mani. -Cos' è successo? Perché non dormi?-
-Lo stesso motivo suo.-
Sospirò e poggiò di nuovo la testa sul cuscino, vicino a quella del figlio. -E a cosa è dovuto il tuo incubo? Tu e M.J. non avete visto un horror ieri sera, come vi avevo espressamente vietato di fare, vero?-
Anche se non poteva vederlo, sapeva che il giovane aveva alzato gli occhi al cielo. -No, alla fine abbiamo optato per "The Judge", quel film con l' attore che assomiglia a lei.-
La smorfia tra il confuso e lo scetticismo di Tony venne accompagnata da una strizzata di spalle e le sopracciglia aggrottate. -Non mi assomiglia per niente.-
-Invece sì.-
-Io sono più bello.- puntualizzò.
-Da quando "bello" significa "vecchio"?-
Che?!
-Adesso te le suono!- lo avvertì, prendendolo per i fianchi e rotolando sul materasso, facendolo finire sopra di lui e facendogli il solletico. -Per tua informazione, ragazzino, ho la bellezza di trentasette anni e li porto pure bene.-
Peter rise contro la sua spalla coperta per non fare troppo baccano. -Ok, ok, scusi!- si affrettò a dire e morse la stoffa, bloccando altre risa.
Tony gli circondò la schiena con un braccio muscoloso e con l' altro gli accarezzò la nuca. -Sul serio, cos' hai sognato?-
Lui tornò a fissarlo, malinconico. -Grazie al mio amico Ned, ora so che faccia aveva mio padre... ma non conosco quella di mia madre. Ho sognato di essere tra le sue braccia e che indossava una maschera. Allora gliela tolgo e ce n'è un'altra e un'altra e un'altra ancora. Io... penso che se non saprò mai com'era, la perderò.-
-Oh, Peter...- lo consolò e lo attaccò di più a sé, baciandolo sulla tempia.
Il più piccolo tirò su col naso. -Non l' ho mai conosciuta, eppure mi manca da morire. È possibile?-
-Certo che lo è, era tua madre.-
-Vorrei poter stare con lei, mi va bene anche solo un giorno. Tutta la mia famiglia non c'è più e...- non riuscì a non piangere, -... sto avendo dei brutti pensieri, Mr. Stark. Penso che se mi accadesse qualcosa, non ne sarei poi così triste, perché così potrei raggiungerla. Raggiungere tutti loro. Forse mi stanno osservando dal cielo anche in questo momento e mi stanno aspettando.-
Dio, povero il mio ragazzo.
-Che ti stanno osservando ne sono certo, credo più che altro che ti stiano proteggendo e aiutando come possono a vivere una vita serena.- lo contraddisse e provò a calmarlo, un ragazzo così giovane non doveva avere certe idee.
-Come degli angeli custodi?-
-Esatto, come loro. E sanno che io sono disponibile a dar loro una mano. Vogliono che cresci, che vai avanti, che vivi anche per loro, com' è giusto che sia.- tenne lo sguardo sul soffitto e si morse il labbro, -Tua madre... sì, lei era bellissima.-
Peter saltò su con metà corpo per prestargli più attenzione, non gli aveva mai parlato dei suoi genitori o di uno di loro per davvero fino a quell'istante. -Sul serio?-
-Oh, sì. Sono stato amico di suo marito per mesi e ci siamo conosciuti... abbastanza bene.-
Se per "abbastanza bene" si intende l'essere stati a letto assieme allora sì, l'ho conosciuta profondamente.
-E com' erano? I miei genitori, intendo.- si incuriosì, poggiando il mento sulle mani che si sollevavano ad ogni respiro di Tony. La stessa posizione assunta sul divano in salotto tempo prima.
Un sorriso intenerito nacque sulle labbra dell' adulto. Sì, poteva sopportare per un po' il senso di colpa pur di renderlo felice. -Erano entrambi delle persone molto solari.- ricordò in particolare le sere in cui aveva cenato con loro, -Richard rendeva divertente anche il più faticoso dei nostri lavori insieme, aveva sempre un' idea nuova e mi raccontava storie su di lui e Mary quand'erano a liceo durante le pause. Ah, ne hanno combinate di cose. Si sono amati sin dal primo sguardo, anche se erano ai poli opposti.-
-Come lei e Steve?-
-Come me e Steve. Lui era un uomo d'azione, pensava ad una velocità assurda e agiva d' istitinto; tua madre, invece, era una donna molto ansiosa ma anche giusta, rispettava le regole e non si fermava davanti a niente. Erano diversi anche in fatto di gusti, sai? Mentre Mary era appassionata delle sorelle Brontë, Richard leggeva Freud. Tuo padre amava il piccante, tua madre era golosa di dolci. Quando in macchina Mary ascoltava Evanescence, Richard mi provocava il mal di testa ascoltando al massimo del volume in laboratorio The Proclaimers, quei gemelli cantanti olandesi o scozzesi...-
-Irlandesi.-
-E io che ho detto? Comunque, gliela feci pagare nei giorni dopo con i Black Sabbath.-
Peter sorrise in mezzo alle lacrime. -Ha detto Evanescence? Quindi mia madre era come me per la musica.-
Tony soppesò la cosa: -Diciamo di sì. La sua canzone preferita era My Immortal, uscita l' anno prima della tua nascita. Ma penso che anche i The Proclaimers ti piacerebbero.- si tirò su e lo scrutò, -Ehi, ora che mi ci fai pensare... ci somigli un po' a tua madre.-
Il figlio si illuminò e la tristezza scomparì. -Davvero?-
-Davvero, Petey-pie. Hai il suo stesso naso, la sua bocca...- gliela sfiorò con le dita, -Mmh, no, il labbro inferiore è del tuo babbo, quello sopra della mamma.- gliele tirò leggermente e lo fece ridacchiare. -Guarda, guarda, pure le orecchie sono "Made by Mary Parker"!- gliele stuzzicò, facendolo ridere ancora come desiderava.
Il neo supereroe aveva le pupille scure colme di speranza. -E somiglio pure al mio papà?-
Tony fermò le mani e gli angoli della bocca rimasero in alto, nonostante la fitta al cuore. -Sì. Ci somigli al tuo papà, ragnetto.-
-Non mi sembrava affatto quando l'ho visto nella foto.-
-Ah, ma le foto mostrano solo parte della realtà.-
-E che cos' ho di suo?-
L' uomo sospirò e lo ammirò con tutto il suo amore. -I lineamenti del tuo viso. Sono identici ai suoi. La mascella, i capelli... e gli occhi.-
-Gli occhi? Ho gli occhi di mio padre?-
-Sì, piccolo. Ce li hai.- lo accarezzò dalle scapole al collo, facendolo rilassare con un massaggio.
-Invece mia madre? Come li aveva?-
-Verdi. Di un verde intenso, profondo e scuro, se la guardavi da vicino potevi vederci anche delle scaglie blu.- si perse nei ricordi, -Già, penso che tua madre fosse nella "Top Five" di migliori occhi al mondo che io abbia mai visto.-
-A che posto?-
-Al terzo. Al secondo Pepper Potts, coi suoi grandi occhi azzurri innocenti e colmi di meraviglia, si contendono ancora il posto con quelli di Rogers, e al primo...- si interruppe, stava per dire "i tuoi". Troppo personale, non erano ancora a quel punto, cavolo. Non voleva spaventarlo.
Peter intuì: -Suo figlio?-
-Sì... mio figlio.-
-Per tanto, i miei?- lo chiese senza rabbia o senso di rimpiazzo com'era solito sentire, piuttosto era curioso.
-Per tanto, sì, i tuoi.- gli rifece d' eco.
Il labbro inferiore dell' adolescente svanì tra i denti. -Come si chiamava?-
Oh oh.
-Non aveva ancora un nome, pensavamo che guardandolo in faccia avremmo colto chi fosse... tuttavia non ce n'è stato tempo. I parenti della madre lo seppellirono con un nome di famiglia.-
-E lei che nome avrebbe voluto dargli?-
-Mmh... non ci ho mai pensato, in realtà. Mi è sempre piaciuto il nome Morgan. Hai un' altra caratteristica con tuo padre.-
-Cioè?-
-Entrambi, quando volete, sapete assillare alla grande.-
-Ehi!- lo colpì leggermente con un cuscino e risero insieme.
Peter si mise più comodo addosso a lui e gli lasciò un bacio lieve sul collo, stanco e pronto per riaddormentarsi. -Grazie, Mr. Stark. Grazie per avermi raccontato dei miei.-
Spiazzato dal gesto, si schiarì la voce e, tenendolo con entrambe le mani, girò tutt' e due su un fianco. -È stato un piacere. Ora è meglio se dormiamo, che dici?-
-Mmh.- mugugnò soltanto, le palpebre abbassate e il battito che cominciava a rallentare. -Mr. Stark?-
-Sì?-
-Lei non mi lascerà come ha fatto la mia mamma, vero?-
Oh, tesoro...
-No, Pete, no, questo non accadrà mai. Non lo permetterò.- come faceva sempre, gli tolse le ciocche dal volto e accarezzò esso col proprio, perdendosi nel suo profumo.
Lui sbadigliò. -Doveva dirmelo prima di loro.-
-Lo so, piccolo, mi dispiace.-
-Credevo di potermi fidare di lei.-
Ahi. -Tu puoi ancora fidarti di me.-
Fidarsi, sì... ma fino a che punto?
-Dormi, forza. Domani andiamo al parco e giochiamo a baseball. Ti va?-
-Mh mh.- gemette, il corpo era ormai in stand-by, mancava solo il cervello.
Tony lo tenne senza esitazioni, come a usarlo per ancorarsi al mondo vero e senza più rischiare di cadere nel dirupo dei brutti sogni. Lo coccolò, lo baciò e ispirò il suo buon odore. -Buonanotte, Petey-pie.-
E lì, perso in un posto tra il sonno e la veglia, Peter si lasciò scappare un miracolo per Iron Man, al quale per poco non venne un infarto: -Buonanotte, papà.-

-Tony, calmati.- Steve prova a prendere il suo amico per le spalle, ma è inutile.
Stark continua a fare avanti e indietro, in trepida attesa per delle notizie. -Non posso. Non posso stare calmo, Steve, non posso. Che ci facciamo qui? Dovevo portarlo in un ospedale migliore, Cristo Santo.- dà di matto.
Perché diavolo sono ancora su quell'isola maledetta?
-Non sarebbe sopravvissuto al viaggio, lo sai.-
-Tony.- lo chiama May Parker, seduta vicina a loro e in lacrime. -Tony, ti prego, smettila.-
-Ci stai facendo girare la testa, Thones, agitarsi non porterà a niente.- lo richiamo il migliore amico, ancora in costume come il resto della squadra.
-È sotto i ferri da più di ventotto ore, cazzo, che gli stanno facendo?-
-La dottoressa Cho sa quel che fa, dobbiamo avere fiducia. E tu arrenditi, Tony, arrenditi al fatto che non avremmo potuto fare nulla anche se l'avessimo scoperto solo mezz' ora prima.-
-Uno tsunami!- tuona Stark, fermandosi e irrigidendo i muscoli. Osserva con furia il suo amico. -Un fottuto tsunami, Rhodes, dovevamo fare qualcosa! Dovevamo prevederlo! Abbiamo sconfitto alieni, robot assassini e adesso della comune acqua rischia di portarmi via mio figlio?! Che razza di universo è questo?!-
-Tony! Shhh...- Natasha gli va incontro e lo aiuta a sedersi. Non potevano attirare l' attenzione, non in quel momento.
Il miliardario singhiozza, la rabbia diventa paura e la paura lacrime. -Merda, perché? Perché non... Dio. Mio figlio... mio figlio, no...-
Non portarmi via anche lui, ti supplico.
-Siamo qui, Tony. Siamo tutti qui. Per te e per lui.- May gli si avvicina e lo abbraccia, si consolano a vicenda. Gli Avengers si uniscono a loro, creando un abbraccio di gruppo per farsi forza per il loro nipotino. Non possono fare altro che aspettare.
Aspettare e pregare.

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Commentate, grazie! :)

-Kitta♡

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