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La nuova arrivata non fece neanche in tempo ad aiutare gli Avengers che Amaranta andò addosso a Peter e lo portò con sé in volo fino al tetto della torre, creando dei buchi nel marmo e nel cemento.
Il ragazzo cadde stordito, le orecchie gli fischiavano e tossì per la mancanza di ossigeno. Si mise in piedi, solo per poi essere colpito in faccia da un pugno della strega. Poteva sentire il chiasso provenire da sotto di loro, la squadra si stava ribellando ai Sinistri.
La vista gli si appannò e si toccò la fronte, trovando le sue dita sporche di sangue. Volle rialzarsi, lo desiderò immensamente... ma svenne stremato.

Quando riaprì gli occhi, tutto intorno a lui era bianco e silenzioso. Guardandosi attorno, non vide niente e nessuno. -Ehilà?- chiamò, producendo un eco.
Ok, ehm... piuttosto strano. Dov'era finito?
-Quinn? Anya?- cercò intorno a sé un minimo cenno di vita, rimanendone deluso. Era da solo. -Ragazzi? C'è qualcuno?-
Non poteva essere un illusione di Mysterio, Tony lo avrebbe sicuramente aiutato a venirne fuori col chip, e Amaranta non era in grado di produrre illusioni ottiche, solo di mostrare la verità.
Che qualcosa fosse andato storto nel combattimento? Dov'erano spariti tutti quanti?
Una mano sulla spalla lo fece sobbalzare e girare. A quanto pare, era in compagnia di un uomo... che non aveva mai visto.
-Ehm, salve?- il suo saluto fu più una domanda, dato che era confuso su cosa stesse succedendo.
Attese una risposta che non venne mai, lo sconosciuto si limitò a fissarlo intensamente con gli occhi scuri semichiusi.
-Scusi, ma... chi è lei?-
-La domanda giusta è chi sei tu?-
-Sono Peter... Parker.-
-Sicuro?-
Sbatté più volte le ciglia, colto di sorpresa. -Certo che lo sono, perché non dovrei saperlo?-
Lui gli si avvicinò. -Non lo so. Dimmelo tu.-
Peter boccheggiò, cercando una risposta con cui controbattere che fosse adeguata. Nada, zero. Però non aveva tempo per questi giochetti. Doveva tornare dai suoi amici e aiutarli.
-Senta, mi spiace, ma ora ho ben'altro da fare che andare avanti col gioco delle venti domande. Dove siamo?- lo sorpassò e tornò alla ricerca di un'uscita da quel luogo.
Al bianco si era unito una sfumatura di rosa e viola, gli parve di stare in una nuvola nel bel mezzo dell' alba.
-Dovresti saperlo.- fu la secca risposta.
L'adolescente lo guardò male. -Perché mai? Non me ne intendo di magia.-
-Non è magia, sei solo svenuto. Questa è la tua testa, ragazzo. Piuttosto vuota, se mi permetti.-
Che stronzo.
Almeno aveva pronunciato una frase comprensibile.
Alzò le braccia e fece spallucce, rifilando all'estraneo un lieve sorriso sollevato. -Bene! È la mia mente, buon segno. Devo solo svegliarmi.-
-Non è così semplice.-
-Invece le dico che lo è.- lo contraddisse. Guardando verso l' alto, batté le mani. -Andiamo, Peter, sveglia! Torna a lottare, forza!-
Una risatina derisoria gli fece tremare le braccia dalla rabbia. -Che c'è da ridere?-
-Sei patetico. Te l'ho detto che non puoi andartene così, su due piedi.-
Sbuffando, gli andò faccia a faccia. Era poco più alto di lui, perciò gli convenne alzare di poco il capo. -Lei come lo sa? E come faccio ad andarmene? Le persone a cui tengo di più sono in pericolo, hanno bisogno di me.-
Fece un lieve cenno negativo. -L'unica persona che ha bisogno di te, sei tu.-
E adesso questo che diavolo significa?
-Spiritoso. Sto iniziando ad odiarli, questi indovinelli.- gli diede le spalle, camminando lontano.
Lui si limitò a seguirlo. -Non è un indovinello, Peter, è la pura e semplice verità. Gli Avengers non avranno mai bisogno di te se tu prima non riesci ad aiutare te stesso.-
Parker grugnì e fece cadere la testa all'indietro, senza smettere di camminare. -Che accidenti vuol dire?!- ringhiò al vento, digrignando i denti.
Va bene, calma, nuovo piano. Trova una superficie, una qualunque.
Gli venne il voltastomaco per tutto il nulla che c'era intorno a loro. Niente mura, niente sentieri, niente porte. Persino il "pavimento" dove stava, troppo liscio e bianco, pareva non esserci. Dei suoni leggeri iniziarono a crescere, per poi diminuire.
-Prendete Peter!-
-Non si sveglia!-
-Non riesco a raggiungerlo!-
-Anya!- gridò, sperando di farsi sentire. -Ragazzi, sono qui!-
-Piantala, è inutile.-
-Lei stia zitto, capito?- si voltò di scatto con un fuoco in corpo colmo di furia e gli puntò un dito contro.
Si sentiva impotente, frustrato. Odiava la tremenda sensazione di non poter fare quello che voleva, di essere bloccato e non poter aiutare chi voleva.
-La ragazza che amo potrebbe morire e così anche mia sorella e tutte le persone che mi hanno sostenuto in questi mesi. Se resto qui, non potrò salvarli.-
-Non potresti salvarli comunque. Sei senza poteri, sei tornato ad essere quel debole bambino che eri una volta, ti uccideranno subito.-
-Non mi è affatto d'aiuto, lo sa? È me che vogliono.-
-E ti sacrificheresti per ognuno di loro?-
-Se devo, sì!- sbottò e tornò a battere le mani. -Natasha! Steve! Tony, sono qui, tiratemi fuori! Svegliatemi, ragazzi!- strillò a pieni polmoni, senza smettere di girare su sé stesso e alzando la voce. -Aiuto!-
Il più. Completo. Silenzio.
No...
Si accasciò a terra, in ginocchio, e pianse disperato. Portandosi le mani al viso, provò l'oramai conosciuta sensazione del suo corpo che veniva scosso. Stava per finire così? La squadra stava per essere uccisa mentre lui non faceva nulla?
È tutto finito.
Era sfinito. Era al limite. Desiderava solo accocolarsi tra le coperte assieme a Tony e a Steve come aveva fatto quell' estate per vedere un film o semplicemente chiacchierare.
Gli avevano dato una casa, una vita decente. Lo avevano fatto ridere, si erano presi cura di lui costantemente, e lui li stava abbandonando al loro destino.
Tutto questo solo perché non si decideva ad uscire dal suo subconscio, da quel sogno dove non gli accadeva nulla, ma era il peggiore di tutti perché non riusciva a svegliarsi.
Non riusciva a salvarsi da solo.
-Gli Avengers non avranno mai bisogno di te se tu prima non riesci ad aiutare te stesso.-
Sentì un sospiro stanco dietro di lui e dei passi che si avvicinavano. -Sei una testa dura, ragazzo. La tua generazione non comprende le basi della vita. Non puoi salvare nessuno se prima non salvi te stesso, non puoi comprendere nessuno se prima non comprendi te stesso e non puoi amare se prima non ami te stesso. È difficile da fare e da capire, tuttavia le cose stanno così. E ora? Vuoi distruggerti e abbandonare tutto? Sei Spider-Man, per l'amor del cielo, ed eri Spider-Man ancor prima che le tue abilità si sviluppassero. Alzati in piedi e datti una ripulita. È proprio quando si è da soli, alla deriva e senza risorse che bisogna resuscitare in meglio. Fallo anche tu. Proprio come ha fatto mio figlio.-
Peter prese dei respiri profondi con la bocca, le labbra secche e turgide e gli occhi umidi. Le parole che aveva appena ascoltato gli si radicarono in testa e comprese la realtà dei fatti.
Tornò dritto e, con lentezza, si girò in direzione del "non più" sconosciuto. Capì finalmente perché quegli occhi gli fossero tanto familiari.
-Lei è Howard Stark.-
Il padre di Tony.
Howard gli sorrise. -In persona.-
-Ma... non capisco... perché la sto sognando? Non l'ho mai conosciuta.-
Colui che, in verità, era suo nonno gli andò incontro e gli mise le mani sulle spalle. -Perché voglio fare per te quello che non ho mai fatto per il mio Anthony. Darti coraggio.- disse, guardandolo nelle pupille scure identiche a quelle di suo figlio. -Non ha importanza da dove vieni, chi ti ha cresciuto o cosa pensi che ti renda speciale. Tu sei speciale, con o senza poteri. Quando aiuti la gente, quando la fai sorridere, quando doni tutto te stesso a loro... Tu. Sei. Spider-Man. Lo sarai per sempre. Il tuo passato è colmo di domande, ma tocca a te e alle tue scelte decidere chi sei e dove andrai. E ricordati sempre quello che Tony è stato costretto ad imparare da solo: la famiglia non è il sangue, è il cuore.-
Peter sorrise grato e si ritrovò stretto in un abbraccio inaspettato, eppure così caloroso e amorevole, come se fra loro ci fosse una specie di legame.
Howard gli diede un bacio sulla guancia e lo salutò con un'ultima frase sussurrata. -L'illusione sei tu.-

Peter tornò in sé e guardò l'immenso caos che si era creato sul tetto della torre e ai piani sotto di lui. Nessuno fece caso a lui o al fatto che si stesse avvicinando al vuoto.
Ora sapeva che cosa doveva fare.
-L'illusione sei tu.-
Diede le spalle al cielo di New York e serrò le palpebre. Allargò le braccia... e cadde all' indietro, sotto gli sguardi spaventati di tutti. Tony percepì un infarto in arrivo a quella vista. -Peter!-
-L'illusione sei tu.-
Peter portò la sua concentrazione su ciò che stava provando. Il suo corpo che cadeva nel vuoto e fendeva l'aria, i suoni intorno a sé che andavano persi, i battiti del suo cuore che riuscì a calmare.
-Ciò che abbiamo con Peter è vero. È nostro amico.-
-Hai salvato la mia mamma.-
-Se siamo una famiglia, allora anch'io voglio proteggere voi.-
-Perché io sono Spider-Man. E Spider-Man non uccide.-
-L'illusione sei tu.-
-Tu. Sei. Spider-Man.-
Aprì gli occhi, si capovolse all'indietro. Degli strati di luce si spezzarono nel suo campo visivo, come a rompere un incantesimo, alzò i polsi... e sparò le ragnatele in alto, beccando un lato della torre e tornando in cima volando.
Adesso doveva aiutare la sua famiglia.

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-Kitta♡

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