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Peter e M.J. divisero il loro tavolo da pranzo col nuovo arrivato, Carl Grimes, che subito si conquistò la loro amicizia. Era un ragazzo in gamba, esperto in armi, videogames con gli zombi, auto e genio provetto in Algebra. Assieme a lui, li raggiunse anche un'altra ragazza.
-Peter, M.J., lei è Amy. È nuova come me, ci siamo conosciuti in segreteria stamattina.-
Amy, capelli a caschetto tinti di blu elettrico e occhi verdi, strinse la mano ai due. -Piacere mio.-
-Da quali scuole venite? E come mai siete finiti qui?- domandò M.J. a lei e a Carl, mangiando con un cucchiaino di plastica il suo yogurt.
-Io mi sono trasferito da poco col mio padre adottivo dalla California. Sta tentando di tenermi il più lontano possibile da mio padre.- spiegò loro il ragazzo dai capelli scuri leggermente lunghi, guardandoli attraverso il suo unico occhio buono.
-Io invece andavo in una scuola di Brooklyn prima. Ho cambiato per mia madre.-
-Volevi starle più vicina? Genitori divorziati?-
Michelle diede uno schiaffo alla spalla del suo migliore amico. -Peter! Un po' di tatto, per la miseria.-
Amy fece spallucce e addentò l'insalata dal suo vassoio. -Una cosa del genere.-
-Vi trovate bene qui?- Peter si massaggiò il punto colpito, dolorante. Quella ragazza era troppo violenta.
-Al momento nessuno mi ha chiesto niente del mio occhio, è già qualcosa per me. E adesso, pranzare con voi, mi rende tutto più normale e meno imbarazzante. L' unica cosa che mi mette in soggezione è il professor Gillian.-
-Per la sua severità in aula o per l' enorme cicatrice che ha in faccia?- M.J. mosse una mano davanti al viso, enfatizzando la grandezza della ferita del loro insegnante. Sia a lei che al suo amico corse un brivido per tutto il corpo al solo pensare a quella bruttissima ferita.
Carl si morse un labbro. -Tutti e due.-
-Nah, tranquillo, è severo solo perché tiene al suo lavoro e vuole rispetto, ma dentro è un tipo apposto.- borbottò Peter, smangiucchiando una patatina. Già, forse stava un po' trasgredendo la regola sul mangiare salutare di Stark.
Chi se ne frega.
-Per quanto riguarda la cicatrice, si è ferito gravemente in un laboratorio di un' altra scuola. Ha salvato una sua alunna, ma il progetto gli è scoppiato in faccia.-
-Porca miseria.- gemette Amy, arricciando il naso.
-Esatto, mezza faccia bruciata. Dovevate vederlo in prima, era orrendo. Pare però che col tempo stia migliorando.- sorrise leggermente Michelle, rubando una patatina a Peter. Lui prima le diede uno schiaffetto leggero alla mano e dopo le mise sul suo piatto metà delle sue patatine.
-E i suoi test come sono?- continuò Carl.
-Una cavolata.-
-Sono la morte.-
I due migliori amici si guardarono in faccia dopo aver parlato nello stesso momento. La ragazza sgranò gli occhi, -Non hai studiato, vero, Billy?-
-Non chiamarmi in quel modo. E poi, che ti aspettavi? Ho passato gli ultimi giorni a litigare con... tu sai chi.- si interruppe in tempo, prima di fare il nome di Tony davanti a Carl ed Amy. Quest'ultima corrugò la fronte: -Voldemort?-
Carl scoppiò a ridere.
-È una lunga storia.- si limitò a rispondere Peter. Tuttavia, la ragazza non demorse: -Tua madre? Tuo padre?-
-Ho detto, è una lunga storia.-
-Un attimo, "Billy"?- Carl arcuò un sopracciglio, non capendo.
Il supereroe pregò con gli occhi la sua amica: -Non dirglielo.-
-In quarta elementare ha interpretato Billy Elliot nello spettacolo della scuola a fine anno, da allora lo chiamo così.-
Ai due scappò una lieve risata divertita. A differenza di Peter, che sbuffò contrariato. -Grazie mille, M.J., tu sì che sei un' amica, complimenti...- fece con finta aria offesa, anche se la cosa lo infastidiva lo stesso.
Michelle sapeva sempre come farlo arrabbiare. Era tosta, lo sfiniva, gli faceva perdere il senno come nessun'altro. Spesso voleva strangolarla per quanto lo faceva imbufalire.
Sì, devo proprio chiederle un appuntamento.
-Ehi, Parker.-
I quattro ragazzi si voltarono al suono di quella voce. Peter non mosse un muscolo per mostrare segni di cedimento e guardò fisso negli occhi Flash Thompson. -Grazie tante per oggi, eh. Tu forse sarai abituato a finire in punizione, ma io no. Sappi che te la farò pagare cara.-
Peter scosse la testa, stava iniziando a stancarsi delle sue minacce. Era già abbastanza stressato per colpa di Stark. -Scusa, Eugene, ma se c'è una cosa che non reggo in classe sono i copioni.- la sua voce era colma di sarcasmo, chiunque poteva capire che non era affatto pentito.
Gli occhi neri del ragazzo di colore si strinsero in due fessure. -Chi ti ha nominato "paladino della giustizia"? Parli proprio tu che arrivi sempre in ritardo, rispondi male agli insegnanti e rovini i muri della scuola coi tuoi graffiti orrendi? Sì, sappiamo tutti che li fai tu. Ma ciò che io so in più è che tu hai uno strano rapporto con quei ragazzi laggiù.-
Il giovane seguì lo sguardo del bulletto e si trovò a fissare due ragazzi e una ragazza: Ray, Owen e Quinn Kenny. Tre fratelli vestiti di nero che mangiavano da soli a un tavolo, vivevano nel South Bronx e non avevano affatto una bella reputazione. A Peter corse un brivido lungo la schiena; doveva ancora dei soldi a Ray e Owen.
-Ti ho visto con loro nelle settimane in cui non sei venuto a scuola.- lo risvegliò dai suoi pensieri Flash, -Eri ad alcune loro feste. Hai provato anche la loro roba?-
Spider-Man deglutì, Owen aveva tentato una volta o due di fargli fare un tiro di canna o erba. Tuttavia non c'era mai riuscito. Peter non era quel tipo di adolescente. Poteva esserlo, ma non voleva.
No, non sono come loro.
-Tu non sai niente.- si alzò in piedi e lo fronteggiò, -Forse la tua vita sarebbe più interessante se non ti interessassi tanto a quelle degli altri. Sei patetico.- gli ringhiò contro e di colpo la fame svanì. Prese il proprio pranzo, lo buttò nel cassonetto e fece per dirigersi verso l' uscita.
-Meglio essere patetico che orfano.-
Un silenzio tombale calò intorno al ragazzo, gli pareva che tutti avessero sentito quelle parole e lo stessero osservando, giudicando.
No.
-Oddio...- il sussurro di M.J. lo fece rianimare e tornò a muoversi. Si girò totalmente verso Flash e camminò a passo spedito verso di lui. -Cos' hai detto, brutto stronzo?-
-Flash, no.- la sua migliore amica si alzò dalla sedia e si avvicinò circospetta, cercava di capire da chi sarebbe potuto partire il primo colpo.
-La vuoi sapere una cosa, "Pecora" Parker? La gente guarda, osserva, nota le cose e chiunque vedendo te direbbe che sei una piaga. Le voci girano, Peter. Non sono per niente in tuo favore. Anzi... c'è chi dice che i tuoi genitori non sono morti, hanno solamente deciso di abbandonarti perché avevano capito subito che casino vivente saresti stato. Sei un disastro, una peste. Io ci credo a questa storia. E tu?-
Tasto dolente. Molto dolente. E Michelle ebbe la sua risposta: fu Peter il primo a colpire.
La rissa che avvenne fece gridare parecchie ragazze per il sangue che videro, mentre i ragazzi tentavano di separarli. O meglio, M.J. staccò le mani di Peter dal collo di Flash con la forza. -Ma che ti dice il cervello?! Rischi di essere espulso, dannazione! Non ne vale la pena.- lo spinse con forza e lo sgridò, però la mente del ragazzo era da tutt' altra parte.
Era con Flash e il dolore che quelle sue parole gli avevano provocato.
"Ti hanno abbandonato".
Non voleva crederci. Per niente. Con tutto sé stesso. E allora perché sentiva un fondo di verità in quelle frasi?
"Avevano capito subito che casino vivente saresti stato".
Peter per poco non vomitò. Possibile che...?
Flash venne fatto alzare malamente, la bocca grondante di sangue. -Testa di cazzo, ti farò raggiungere tutta la tua fottuta famiglia!-
-Vaffanculo!-
-Che diavolo è successo?- tuonò la voce del professore di Economia, Mr. Wafford, quando li raggiunse. Vedendo i visi pieni di lividi e sangue dei due ragazzi capì subito: -Ah, bene, un' altra volta... Parker? Thompson? Devo forse ricordarvi la strada per la presidenza? Muovetevi!-
-Sì, prof.- dissero all' unisono entrambi e lasciarono la mensa con l'insegnante. Mr. Wafford sospirò e guardò con disapprovazione i due ragazzi durante la loro camminata. -Stavolta non ve la caverete tanto facilmente. Il preside chiamerà senz'altro i vostri genitori, siete a tanto così dall' essere espulsi.-
Peter sentì un freddo polare ghiacciargli la mente. Genitori?
Oh oh.
Adesso era morto, ma tanto, tanto morto.

Tony si sveglia di soprassalto ed è subito seduto sul letto. Cos' è? La sveglia? L' allarme?
No, solo suo figlio che piange.
-Dio, pietà...- sospira e si alza, chiedendo a Jarvis di accendere la luce in camera sua e in quella di Peter.
Raggiunge il più velocemente possibile la culla e prende in braccio il piccolo. I grandi occhioni scuri sono liquidi e il nasino è arrossato. Per quanto sia stanco, questa visione fa sempre stringere il cuore al povero Tony.
-Va tutto bene, principino. Shhh, su, non piangere. C'è il papà, c'è il papà...- bisbiglia dolcemente e lo agita con delicatezza tra le braccia. Dove sono finiti gli altri? È il loro turno di badare a lui, l' hanno per caso abbandonato?
Bah! In questo istante ha proprio bisogno di Steve e Bruce. Con loro potrebbe cantargli Walk like a man, quella canzone che lo fa sempre divertire tanto.
Il bimbo di pochi mesi riottiene la sua attenzione quando tossisce leggermente. Il miliardario sorride ed esce dalla stanza per andare verso le scale. Deve trovare una soluzione per gli incubi di Peter, non possono andare avanti per sempre. Lui sa bene che cosa vuol dire averne e non vuole che il suo cucciolo soffra, neanche mentre dorme.
-Sei proprio un bel bambino, lo sai?- gli parla e cammina fino alla cucina. Prende tutto il necessario per preparare il latte al neonato. Gli accarezza la pancina coperta dal body color crema, un regalo di Rhodey. -Mi hai fregato. Con questi tuoi occhietti da cerbiatto, hai fregato il tuo papà.- fa una smorfia che provoca la risata del piccolo.
Sì, Tony è proprio innamorato perso.
-Non c'è niente che non farei per te, niente.- esordisce, tenendolo sotto le ascelle di fronte a lui. -Mi hai in pugno, Petey-pie. Mi tieni stretto in questo tuo piccolo, adorabile pugnetto. E non hai dovuto fare nulla perché accadesse.- quasi lo informa e gli fa poggiare la testolina un po' scura sul suo petto, baciandogliela. -Solo esistere.-
Un ruggito fin troppo familiare lo porta a guardare l'ascensore. Il suono è provenuto dalla palestra. Senza pensare a quello che sta facendo, corre verso di essa e, una volta dentro, rimane paralizzato da ciò che vede: un Hulk imbestialito che combatte selvaggiamente Natasha, Rhodey e Steve.
-Che diamine...?-
-Tony, il bambino!- l' urlo del capitano gli fa accorgere del suo grosso, grossissimo errore.
Hulk smette di colpo di sbraitare e la sua testa scatta nella direzione di Tony e Peter.
Merda!
-Tony, portalo via!- grida preoccupato Rhodey, venendo trattenuto dalla russa: -No, aspetta.-
Stark rimane fermo, non comprendendo cosa stia accadendo. Stringe forte a sé Peter, usando le braccia per proteggerlo. È pronto a dire a Jarvis di attaccare Banner in qualsiasi momento o di procurargli un'armatura.
L' immensa bestia verde, coi tratti del viso identici a quelli di Bruce, cammina titubante da Tony. Anche quest'ultimo capisce, Natasha ci ha visto giusto: Hulk si sta calmando. Ma perché?
Sorprendendo tutti, in particolare suo padre, Peter ridacchia e sorride a Hulk, allungando le manine verso di lui. Gli occhi verdi della bestia sono più tranquilli, consapevoli. Una delle grandi mani si alza e tocca le dita del mini Stark. È come un fulmine quando accade: strilla di dolore, si allontana e porta le mani alla testa. Dopo pochi secondi, viene sostituito da Bruce Banner.
Tutti nella stanza rimangono paralizzati. Che Peter abbia riconosciuto Bruce dietro al mostro?
-Be', questa è nuova.- piega la testa Steve, gli occhi esaminano con curiosità il bambino.
-A chi lo dici.- mormora Tony, ancora sotto shock.
Bruce si alza in piedi con fatica, tremante ed esausto, ma nulla lo ferma quando si concentra su Tony e allunga le braccia, come a chiedergli Peter. L'uomo, un po' restio, alla fine cede. Il bambino ride subito e poggia la sua piccola mano sulla guancia sbarbata dello scienziato. -Ciao, piccola scimmietta. Ti sono mancato?- sorride genuino lui e si allontana, chiedendo implicitamente un po' di privacy col nipote.
I quattro li osservano con gli occhi sgranati, i quali non sembrano voler abbandonare lo stupore.
-Qualcuno vuole tentare di spiegare?- domanda a nessuno in generale il colonello, ricevendo risposta dal suo migliore amico: -Suggerisco di dimenticare la faccenda e andare avanti. Per il bene di Peter.-
-Concordo.-
-Assolutamente.-
-Io non ho visto niente.-
Tony scuote il capo. -Già, neanche io.-

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-Kitta♡

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