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Dopo essere stata divisa da Peter nel mare, Quinn si ritrovò coi piedi sulla sabbia del fondale e riuscì difficilmente a tenersi dritta senza farsi trascinare dalla corrente. Si coprì la faccia con le braccia e trattenne il respiro più che poté, i capelli le galleggiavano senza ritmo.
Dopo qualche secondo, si accorse di non essere più in acqua e piegò le ginocchia tossendo, tenendosi con le mani ad esse e piegando la testa verso il basso. Prese dei respiri profondi.
Tutto quello non era vero, doveva ricordarselo.
Tentò di ignorare le vertigini e il mal di testa che l' acqua le aveva procurato, e si guardò attorno. Un bosco, ok. Parecchio buio, doveva essere notte. Sentì del liquido ai polpacci, doveva essere su una pozzanghera. Solo che l' acqua era troppo calda per essere...
Che strano odore.
Abbassò lentamente lo sguardo e altrettanto un piede per guardare sotto la suola della scarpa. Non era acqua, né fango.
Sangue. La paura del sangue.
Acutizzò la vista sul terreno che la circondava. Tutto il bosco pareva essere cresciuto su un' immensa pozza di sangue marcio, con budella e resti di corpo umano. Dovette mettersi una mano sulla bocca e sul naso per non vomitare.
Dio Santo, che schifo.
Il tanfo fu talmente forte da farle lacrimare gli occhi. Di chi era tutto quel sangue?
Corse, corse via e in fretta, non sapendo dove andare. Più tentava di fuggire, più veniva risucchiata verso il basso come se stesse correndo dentro a delle sabbie mobili. Gli alberi sembrarono aumentare ad ogni suo movimento; la circondavano, la ingabbiavano, e lei gridava ogni volta che toccava pezzi di organi.
Annaspò quando il sangue arrivò a toccarle la gola e se lo sentì colare su tutto il corpo. Solo dopo molto la sua mano si allungò e le sue dita si aggrapparono a dell' erba.
Sì!
Uscì da quel pantano il più velocemente possibile, l'odore disgustoso di morte l'aveva assalita fino alla sua materia grigia, tormentandola.
Dov'era Peter? Perché era rimasta da sola? Come si usciva da quell'illusione?
Si voltò a guardare quel fango di sangue e cadaveri affettati e camminò all' indietro. Ora stava veramente iniziando ad incazzarsi, quel testa d' acquario e quella perfida strega dell'Ovest.
-Se volevate farmi vivere le mie peggiori paure, potevate anche mettermi un abito bianco e piazzarmi su un altare!-
Il suo indietreggiare si fermò quando qualcosa la bloccò da metà schiena in giù e dovette tenersi ad esso con le mani sporche. Le si rizzarono quasi i capelli a sentire legno liscio al tetto e voltò con scatti lenti la testa per vedere a cosa si era aggrappata.
Aprì i palmi e le dita e vide il segno rosso rimasto sul coperchio di una bara. Si staccò all'istante e presto fu circondata da altre due bare scure.
Ma cosa...?
Temette di sapere cosa rappresentavano quelle tre bare, ma si fece coraggio e si avvicinò a quella che aveva macchiato per sbaglio.
Poggiò con delicatezza e attenzione il tacco delle scarpe e poi la punta, una dietro l' altra. Allungò di nuovo la mano, improvvisamente fredda, e la mise sotto il coperchio seguita dall' altra... poi tirò su.
E urlò.
Saltò all' indietro e si coprì la bocca, che straripò di singhiozzi come una valanga. Le lacrime le inondarono gli occhi, ma riuscì lo stesso a vedere perfettamente chi ci fosse dentro. Era una donna sui quarant'anni, i capelli lunghi e sul biondo castano erano spenti e la pelle era grigia.
-Ma... mamma...- si disperò di fronte a quell' immagine. Non riuscì più a tenersi in mente che quello era solo un gioco mentale di due soprannaturali. -Mamma!-
Di seguito si aprirono le altre due bare. Ridotti nelle stesse condizioni e con gli occhi altrettanto chiusi, i suoi fratelli, Owen e Ray.
-Nooo!- urlò straziata, abbracciandosi da sola. Freddo, troppo freddo. Vuoto, dolore, il sangue seccato sui vestiti. -No!-
Girati. Gira di nuovo. Trova un'uscita. Ci deve essere un'uscita!
-Lasciami andare!- strillò, chiudendo le palpebre per non vedere più quell' orribile vista. -Fammi uscire! Voglio tornare indietro! Liberami!-
Fammi andare via. Ti prego.
-Aiuto! Peter! Dove sei, Peter?!- chiamò a gran voce, facendo eco nel bosco. Si sentì sola, abbandonata... spacciata. Come si sentiva tutti i giorni nella sua testa. Come Venom la faceva sentire.
Si strattonò i capelli in un tentativo di svegliarsi da quell' incubo e cadde sulle ginocchia.
-Sciocca!- si fece sentire l' alieno in questione e lei gemette, tenendosi lo stomaco. Sembrava che qualcosa le avesse dato un calcio da dentro. -Non ti accasciare, rialzati!-
-Non... non posso. I miei fratelli... non i miei fratelli... Non ho più nulla. Non ha senso, per me, andare avanti.-
-È tutto finto, stupida! Stai guardando solo quello che vogliono loro. Lotta e alzati, reagisci!-
Quinn scosse il capo, le guance umide di acqua salata e sangue. Si rese conto, per la prima volta, di aver indossato una maschera per tutta la sua vita. Con la sua famiglia, con i suoi amici, con Peter... persino con sé stessa.
Suo padre, il suo vero padre, non le aveva mai dato consigli utili. Forse solo uno, che le venne in mente in quell' istante: "Capisci chi sei solo quando sei ridotto in fragilità".
Aveva ragione.
Lei era davvero questo? Una ragazzina spaventata, cresciuta nel mondo della droga e dello spaccio, che si è dovuta mettere una corazza per salvarsi da ciò che la circondava?
Ho finto per tutto questo tempo?
-Sono una codarda.- mormorò piano, poggiando la fronte contro il terreno gelido e serrando l' erba tra i pugni. -Perché hai scelto me come ospite? Non sono forte. Sto morendo di paura in questo momento...-
-Non ti ho scelta perché sei forte. Ti ho scelta proprio perché hai paura.-
Quella risposta la destabilizzò e si passò con frenesia un braccio sugli occhi umidi. -Che vuol dire?-
Le bare scomparvero come d' incanto e la melma nera che oramai conosceva uscì dal suo corpo e si materializzò davanti a lei, mostrandole il volto oscuro e le zampe anteriori di Venom.
-Io sono nella tua testa, Quinn Kenny. Posso vedere il tuo passato, i tuoi ricordi, le tue emozioni e tutto ciò in cui credi e temi. Ci sono poche cose che accomunano i miei ospiti e che possono renderci noi. Il terrore, la furia, il desiderio di potere.-
-E io come faccio a rientrare in questa lista?-
-Loki è finito mia vittima per la rabbia, aveva appena scoperto di essere stato adottato e non sapeva più chi fosse. La confusione ha fatto il suo percorso con essa. A Richard Parker era stato detto che Peter non era suo figlio e il suo ferito orgoglio da uomo e di marito lo ha reso eccellente come candidato per me. Mentre tu...- lasciò in sospeso la frase, ridendo rocamente e facendole un sorriso spaventoso.
Alla ragazza le tremò la voce. -Io cosa?-
-Tu non trovi pace da quando sei venuta al mondo. Tuo padre, il capitano Stacy, gli hanno sparato quando eri ancora una bambina. Non hanno fatto altro che fissarti da allora. Ti ha dato fastidio, vero? E il tuo patrigno, quel Jonathan Kenny, non fa altro che spendere il vostro denaro in scommesse e tabacco. Tua madre lo sa che ti manda a fare delle commissioni per lui in strada? Ma suppongo che, anche se lo sapesse, non potrebbe fare niente per te. È solo una debole donna inutile, l'unica cosa che sa fare bene è aprire le gambe.-
Quinn ci vide nero a quelle parole. Con uno scatto gli andò addosso, provò a prenderlo per la gola ma finì a terra. Venom la tenne supina, le immobilizzò le braccia con tutto il suo essere e la fissò negli occhi azzurri limpidi. Le parve quasi che stesse ridendo.
-Eccola qui, la rabbia! Tu sei arrabbiata, Quinn. Sei arrabbiata da talmente tanto tempo e con così tanta forza, provi un dolore così atroce che ti sembra strano che la gente non lo noti.-
Quinn ringhiò frustrata e mosse il capo sia a destra che a sinistra, agitandosi come una foglia al vento.
-Ma lui l'ha notato, vero? Sì, Peter vede tutto di te. E questo ti spaventa. Proprio come tu vedi lui, per questo vi siete avvicinati. Andare a letto insieme per sfogarvi l'uno sull'altro, come una coppia di ragazzini in calore, mi fate pena. Però ammetto che ha un certo fascino vedervi combattere insieme o l'uno contro l'altro. Tuttavia ti consiglio di dimenticare quel suo sguardo innamorato... Amaranta ha intenzione di farlo sparire molto presto. Lui è una bomba pronta ad esplodere e presto, molto presto, lo farà. È l'ospite perfetto.-
-No! Sta' lontano da lui!- Quinn mostrò i denti in segno di minaccia e provò ad alzare un braccio dal terreno per colpirlo. -Dimmi che cos'ha in mente. Che cosa vuole fargli Amaranta?-
Venom le cinse la gola con una zampa. -E perdermi tutto il divertimento?-
-Che cosa farà?!- insistette, il tono le era diventato stridulo per la mancanza di ossigeno.
Il simbionte tirò fuori la lingua schifosa e umida, pulendole la faccia dal sangue. -Per adesso, la mia priorità sei tu. Dovresti fare lo stesso. Pensa a te stessa, solo a te e ti salverai.-
-Non puoi chiedermi una cosa tanto meschina.-
-Lo farai. Dovrai farlo. Sconfiggi Toxin, riuniscimi, fammi tornare completo. Sveglia il ragazzo che sta possedendo. Ricorda, l'amore è ciò che separa il simbionte dall'ospite, ma non lo distrugge. Vero amore, amore di famiglia, amore fraterno.-
Quinn sbatté le sopracciglia più volte nel realizzare. -Peter.-
-Ma prima di tutto ciò, vedi di tornare in te. Apri gli occhi e torna nella vita reale. Combatti, Kenny, non smettere di camminare. Se non per te, fallo per lui.-
Deglutendo un boccone amaro e sentendo un calore espandersi in tutto il suo corpo, la bionda strattonò ancora le mani in un impeto di coraggio. -Non voglio arrendermi. Hai ragione, non posso fermarmi. Però non farò tutto da sola... non sono sola. E troverò un modo per toglierti da me. Non sarò tua schiava per sempre, vedrai. Vincerò per lui, per Peter.- sorrise, annuendo con decisione. Stavolta non aveva intenzione di fermarsi. Si accorse che, pian piano, il buio e il bosco stavano sparendo.
Venom fece di nuovo una risata colma di ilarità. -Sciocca... sei proprio una sciocca. Non per Parker. Fallo per lui.-
Il fiato le mancò dai polmoni. -Cosa?-
Venom le passò con quella che pareva gentilezza i lunghi artigli sul viso morbido e scese verso il basso, -Per lui.- poi glieli poggiò sul ventre.
Oddio... oh, mio Dio!
-No... no!- negò con la testa furiosamente, non volendo a credere a quello che stava insinuando. Serrò con forza gli occhi e borbottò: -Non è vero... non è vero...-
-Io sono dentro di te, Quinn. Percepisco ogni cosa. Ogni cambiamento e ogni mutamento.- la pesante voce bassa sembrò allontanarsi sempre di più. -Fallo per lui...-
-Non sei qui.- sussurrò, tentando di convincersi e non volendo più guardare. -Non sei qui. Non sei qui.-
Poi... una freschezza. Una delicatezza. Si toccò sognante le labbra. Un bacio.
Tutto il suo essere parve levitare nel vuoto, fino a trovarsi sdraiata e, quando aprì gli occhi, altre due paia calde color cioccolato la stavano osservando rapite. -Peter...-
-Ben svegliata, principessa.- le prese in giro, beccandosi un debole pugno sulla spalla. Lui, in risposta, la baciò sulla fronte.
Quinn si guardò attorno. Il suo ragazzo la stava tenendo in grembo seduti sulla strada di New York. Gli Avengers, intorno a loro, li guardavano sollevati, il cielo grigio a fare loro da contorno.
Era finita. Era tornata alla realtà.
E pregò che tutto quello che avesse visto in quel mondo immaginario fosse solo una grande balla.
-Dove sono i Sinistri Sei?-
-In ritirata, per adesso non sono più un problema. Ma uno di loro è ancora qui.- Steve si fece da parte per permettere a Quinn di vedere.
Quentin Beck, alias Mysterio, stava provando a rimettersi in piedi. Era colmo di lividi e una lunga strisciata sull' asfalto faceva intendere che qualcuno doveva averlo spostato con una esplosione.
Quel qualcuno era Anya. Con un vestito bianco, volava con i piedi che non toccavano per un metro il suolo e teneva le mani scintillanti aperte in segno di avvertimento. -Basta così, Beck. Tutto quello che ti ho insegnato volevo che lo usassi per fare del bene.-
-Tu non puoi capire.- sghignazzò velenoso, -Non sai che cosa vuol dire perdere tutto, perdere il proprio figlio e la donna che si ama!-
-Io ho perso mio padre!- urlò a sua volta, -E mia madre! Richard e Mary erano la mia famiglia. Ma io non ho mai cercato vendetta e neanche tu dovresti. O sarò costretta a fermarti.-
Beck fece un verso derisorio e fece apparire altri nuvoloni verdi. -Va bene. Vediamo se l'allievo ha superato il maestro.-
Quinn e Peter vennero distratti dal suono di un fischio. Dietro ad un muro si nascondeva il loro amico Gonzalo, il quale stava facendo cenno loro di avvicinarsi.
-È il segnale, correte!- Tony diede l'ordine di muoversi e la squadra raggiunse il latino americano che li condusse verso ad una porta sotterranea.
-Perché le servono i miei amici?- chiese Quinn a Stark, mentre scendevano le scale quasi del tutto coperte dal buio.
-Vivono per strada, sanno come muoversi e dove andare. Ci aiuteranno per un po' a non dare nell' occhio.-
-Aspetti, sta dicendo che...-
-Esatto. Rimarremo qui con loro per un po'.-
-E la Stark Tower?-
Una volta giunti in quella che sembrava una vecchia metropolitana abbandonata, abbassarono le teste per i piccoli sassi che il terremoto causato dallo scontro di sopra stava facendo cadere.
Fu Peter a risponderle e le parlò con tristezza: -C'è voluto un po' per svegliarti dal tuo stato di trance e, nel frattempo, i ragazzi mi hanno informato. Amaranta, Toomes, Octopus e i Sinistri Sei hanno invaso la Stark Tower e sono penetrati nel suo sistema per cercarmi. Non possiamo più tornarci.-

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Commentate, grazie! :)

-Kitta♡

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