C'era una volta Thorin Scudodiquercia

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Venne anche il giorno d'inverno in cui si era svolta la Battaglia delle Cinque Armate. Il dolore non era mai scemato del tutto, anche dopo tutto quel tempo. Immaginavo che fosse a causa del poco di sangue elfico che mi scorreva nelle vene. Il mio capostipite era Elros, fratello di Elrond, discendente dell'umano Beren e dell'elfa Luthien, che aveva scelto la sorte degli uomini. Questo faceva di Elrond mio zio e Estel mio parente. Tutto in modo molto relativo dato che erano passate giusto un paio di Ere del mondo.

La mattina camminai verso il fiume, raccogliendo tre fiori che ancora crescevano nel mite inverno di Gran Burrone. Andai al mio sasso, mi inginocchiai sulla riva, depositando i tre fiori nell'acqua guardandoli scorrere via placidamente.

"Aule, Mahal" invocai il Valar con il suo nome elfico e il nome che gli davano i nani "Fai che il mio pensiero arrivi a loro. Fai che stiano bene, e ti prego, placa il mio dolore".

Chiusi gli occhi inspirando profondamente, ascoltando lo scorrere dell'acqua. Una lacrima solitaria mi scese sulla guance mentre rivivevo gli avvenimenti di quel giorno, tempo prima. La spada che trapassava il petto di Thorin, sotto i miei occhi. Il suo sguardo che si appannava e l'"Amralime" sussurrato appena prima di spirare. I corpi di Fili e Kili, pallidi e freddi a fianco del loro zio.

Una mano gentile si appoggiò sulla mia spalla. Non avevo bisogno di sapere chi era, lo avrei riconosciuto tra mille.

"Estel" sorrisi, nonostante tutto "Sei tornato"

"Sono qui" rispose semplicemente.

Mi rialzai e mi feci avvolgere nel suo abbraccio mentre ricomponevo pian piano i pezzetti del mio cuore. Odiavo quel giorno, l'anello di Thorin mi pesava al collo e il mio cuore piangeva. Estel lo sapeva e mi stava vicino. Sempre.

La sera ero seduta su una panchina in una delle molteplici verande di Gran Burrone. L'anello di Thorin in mano, mentre cercavo di ricordarmi tutto tranne la spada di Azog che gli trapassava il cuore. Un rumore di passi mi fece tornare alla realtà. Boromir uscì sulla veranda. Il volto cupo. Mi notò e fece un cenno con la testa:

"Mia signora" disse burbero

"Da quando mi dai della signora?" risposi ironica

"Sei una Dunedain, di stirpe reale" replicò

"Sono una raminga, nulla di più" risposi stupita dal suo cambio di registro.

Si appoggiò con le spalle a una colonna.

"Quando pensi che partiremo?" chiese "Passeremo l'inverno qui?"

"Non credo, partiremo presto" replicai

Passò un momento di silenzio, mentre il gondoriano guardava nella notte di Gran Burrone.

"Chi sei veramente, Miriel?" chiese improvvisamente guardandomi "Sei di famiglia per gli Elfi, eppure sei umana..."

"Sono di famiglia perché sono cresciuta qui, come Estel. Sono una Dunedain. Ne più ne meno.

Un attimo di silenzio, poi chiese di nuovo:

"Quell'anello è di tuo padre?"

"No...é di Thorin Scudodiquercia. Me l'ha donato"

"Scudodiquercia?" corrugò le soppracciglia "Ma è morto..."

"Sessantanni fa" annuii piano "Sessantuno oggi"

Boromir parve perso "Mi dispiace, non volevo ferirti...ma come ha fatto a darti l'anello se...." la sua voce si spense ma avevo capito cosa voleva chiedere.

"Sono Numenoreana, la mia vita è più lunga di quella degli uomini mortali. Anche della tua, nonostante anche in te scorra in parte lo stesso sangue".

Miriel dei DunedainDove le storie prendono vita. Scoprilo ora