Capitolo 20

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Selene

Mi alzai e mi diressi verso la scrivania, mi accomodai sulla sedia bianca, presi un foglio e una penna e iniziai a scrivere una lettera a Draco... una lettera che non avrei mai spedito e che lui non avrebbe dovuto mai leggere. Avevo solo bisogno di scrivere, di buttare giù tutto ciò che volevo dirgli.

Mi manchi, si, da morire.
Vorrei dirti tantissime cose.
Vorrei dirti che smetterò di pensarti ogni giorno. Vorrei dirti che i tramonti non porteranno il tuo nome. Vorrei dirti che non penserò al tuo sorriso, ai tuoi baci, ai tuoi occhi, mentre fisso la luna. Vorrei dirti che starò bene, che sarò felice anche senza la tua presenza. Vorrei dirti che non parlerò di te, che non penserò mai più a noi due insieme e che andrò avanti, anche se la tua assenza mi fa sentire vuota, incompleta. Vorrei davvero dirti tutte queste cose ma, a mentire, non sono mai stata brava.
Ti amo così tanto perché mi sembri diverso da tutti gli altri. Hai quell'aria da duro, quegli occhi spenti per il poco affetto ricevuto.Sembri perso, come se non riuscissi a trovare la tua strada, a trovare te stesso, ma non vuoi darlo a vedere. E spero che tu possa amare qualcuno tanto quanto io amo te, spero che tu possa essere felice. Ma io continuerò a guardarti con gli stessi occhi con cui incrociai il tuo sguardo la prima volta, sperando di riuscire ad accantonare in un angolo buio tutte le tue azioni che mi hanno ferita. Continuerò a guardarti come se fossi un tramonto, il più bello e il più delicato. Continuerò a guardarti con questi occhi, come se fossi la persona più preziosa del mondo, come se fossi la mia persona.
E continuerò ad amarti. Sempre. Nonostante tutto.
Per sempre tua,

Selene Carter.

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30 dicembre 1997

Socchiusi gli occhi, i raggi solari inondavano la mia stanza illuminando ogni singolo angolo della piccola camera. Mi stiracchiai sul letto e sbadigliai più volte prima di alzarmi per spostare le tende rosa di un materiale semitrasparente. Mi strofinai gli occhi e mi buttai di nuovo sul letto. Sentii trafficare mia madre al piano di sotto: rumori di padelle, pentole e cianfrusaglie da cucina invasero la mia stanza. Mi girai verso l'orologio.
Mamma, abbi pietà di me, sono le sette del mattino.
«Adesso mi alzo, giuro.» Brontolai, con la bocca impastata, che suonò più come un rimprovero. Dopo svariati minuti, mi costrinsi ad alzarmi dal letto e a scendere al piano inferiore.
Mia madre era ancora in cucina, intenta a smanettare una macchina da caffè di ultima generazione. Aveva i capelli legati in una coda di cavallo e sembrava già stanca. Osservai la cucina, evidentemente stava provando a preparare il caffè senza l'uso della magia perché c'erano tazzine sporche di uno strano liquido marrone sparse sul bancone, tovaglioli altrettanto sporchi attorno alla macchina da caffè babbana -o almeno, sembrava una macchina da caffè.
Sbadigliai e lei sussultò, portandosi una mano al petto e girandosi a guardarmi. «Tesoro... mi hai fatto prendere un colpo.»
Feci un sorriso storto, poi mormorai un semplice "scusa". Mi fermai a guardare fuori dalla finestra. Il piccolo giardino era ancora innevato; le nuvole coprivano il sole, che fino a pochi minuti prima disturbava la mia quiete. Sembrava tutto più cupo, più grigio. Feci una smorfia quando un brivido percorse la mia schiena per il freddo, quindi strofinai le mani per riscaldarle. Dal cielo nuvoloso scendevano piccoli e candidi fiocchi di neve che si depositavano delicatamente sui ciottoli del vialetto che portavano alla porta in legno massiccio. «Tesoro?» La voce di mamma mi fece trasalire e cercai di sforzarmi per controllare le mie emozioni e assumere un'espressione normale. O perlomeno neutra. Non mi ero nemmeno accorta che mi stesse parlando.
«Va tutto bene?» Mi chiese con voce dolce e soave.
Evidentemente il mio tentativo di assumere un'espressione normale era fallito. Annuii lentamente, senza smettere di guardare i fiocchi di neve: avevano un aspetto tanto fragile che mi domandai se, in qualche modo, non fossi un fiocco di neve anch'io. Forse sarebbe stato più semplice, pensai.
Mia madre mi accarezzò dolcemente la schiena e finalmente mi voltai a guardarla. Adesso la cucina era completamente pulita e lucidata, aveva usato la magia visto la bacchetta ancora stretta saldamente. «Ho bisogno di caffeina.» Mormorai, lasciando che mia madre mi accompagnasse al tavolo. Mi riempì una tazza di caffè e me la poggiò davanti. Mi accarezzò la testa, prima di sedersi di fronte a me.
«Stamattina ho parlato con Magnus Black, ha saputo che sei tornata e vorrebbe tanto salutarti.» Mia madre parlò con cautela, come se potessi scoppiare da un momento all'altro.
Osservai il caffè ancora fumante nella tazza per alcuni secondi, poi annuii.
«Hai capito che ho detto?» Chiese mia madre.
Alzai lo sguardo su di lei. «Si, ho capito. Digli che può venire quando vuole.»
Magnus Black era il figlio adottivo di Sirius Black, grande amico di mia madre. Era più grande di me di circa due anni e aveva già finito gli studi ad Hogwarts, ovviamente. Da bambini giocavamo spesso insieme, con il tempo però c'eravamo un po' persi. Ricordavo che venne smistato nei Grifondoro e che quando entrai ad Hogwarts, due anni dopo di lui, aveva già nuove amicizie, continuava a salutarmi per i corridoi ma avevo sempre pensato che un po' si vergognasse di avere un'amica tra i Serpeverde. Non che mi importasse poi così tanto, io avevo Draco.
Draco.
Ero riuscita a non pensarci per qualche ora, anche se non avevo nemmeno dormito per colpa sua, e adesso avevo gli occhi cerchiati di nero e un aspetto davvero orribile. Avevo passato la notte a oziare sul letto della mia stanza, osservando il soffitto e sbuffando di tanto in tanto. Non facevo altro che chiedermi se stesse bene, se sentisse la mia mancanza e se mi pensasse anche lui, almeno un po'.
Dio mio, Draco, esci dalla mia testa.
Stai creando solo un gran casino.
Perché faceva così male? Pensandoci, si dice sempre che sia il cuore a spezzarsi... ma a me non faceva male solo il cuore, faceva male tutto, come se mi avessero buttata giù dalla torre di astronomia. Sarebbe stato più accurato dire "mi si è spezzato il corpo", meno poetico, non potevo negarlo, ma pur sempre più accurato.
«Stai ancora dormendo per caso?» Mia madre schioccò le dita davanti la mia faccia più volte, come per svegliarmi.
Scossi la testa e la guardai accigliata.
Non capiva.
Non ci arrivava proprio.
«Forse hai bisogno di un bagno caldo.» Disse, sfoggiando uno dei suoi sorrisi migliori.
Non dissi nulla, rimasi in silenzio a fissare il caffè nella tazza. Mi chiesi se si potesse effettivamente bere. Aveva un aspetto normale, quindi supposi che lo aveva preparato usando la magia dopo aver capito che con la macchina da caffè babbana non aveva speranze. «Tesoro, devi cercare di andare avanti. Perché non provi a conoscere Magnus?»
Alzai di scatto la testa. Ma diceva sul serio? Secondo il suo ragionamento, io avrei dovuto dimenticare Draco frequentandomi con Magnus Black?
Trattenni una risata e lei mi guardò con fare interrogativo.
«Dico solo che Magnus è un bel ragazzo, di buona famiglia e poi ha una cotta per te da anni.» Fece spallucce, come se quello che le usciva dalla bocca fosse del tutto normale.
«Magari più in là.» Mi limitai a dire.
No.
Più in là no.
Mai.
Fece un respiro profondo, poi si alzò stirandosi la gonna del tubino nero che indossava con estrema eleganza e dimestichezza, come se quell'abito fosse stato creato esclusivamente per lei.
Doveva andare a lavoro o stava uscendo con qualcuno?
Alzai un sopracciglio e la scrutai da capo a piedi.
«Mamma?» Alzò lo sguardo su di me. «Ti stai vedendo con qualcuno?» Azzardai.
Lei si schiarì la voce, si guardò intorno, poi stirò ancora la gonna del vestito. «No, ecco...» Si schiarì ancora la voce.
«Mamma, tranquilla. Non capisco quale sarebbe il problema se fosse vero.» Bevvi un sorso di caffè.
«Credevo che... insomma, papà è...» Balbettò.
La mia bocca si curvò in un delicato sorriso.
«Meriti di essere felice, mamma. Mi stupisco solo del fatto che tu non me l'abbia detto prima.» Mi alzai, andando verso la cucina.
Poggiai la tazza nel lavandino, poi mi girai verso mia madre, appoggiandomi con i gomiti sul bancone. «Hai ragione. Comunque sia, si tratta di un vecchio amico. Volevamo vederci solo per ricordare i vecchi tempi.» Disse.
Annuii silenziosamente e lei venne verso di me. «Tesoro, sai che ti voglio bene, vero?» I suoi occhi erano dolci e sinceri.
«Ti voglio bene anch'io, mamma.» Mi strinse in un delicato abbraccio e mi lasciai andare al calore del suo corpo. Mi era mancata così tanto. Si staccò dall'abbraccio e mi accarezzò la guancia.
«Io vado, il pranzo è già pronto, devi solo riscaldarlo.» Disse, indicando un macchinario da cucina. «Quell'aggeggio babbano è infernale, spero tu riesca ad usarlo.»
Sorrisi e le dissi di stare tranquilla.
Mi diede un leggero bacio sulla fronte prima di uscire da casa.

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spazio autrice.

ehii, come state? Spero tutto bene. Volevo ringraziarvi per il supporto e per i messaggi che sto ricevendo. In più, vorrei voi sapeste che ultimamente ho ripreso a scrivere con vigore, quindi preparatevi perché i prossimi capitoli saranno stupendi.
Vi abbraccio forte,
Marika. <3

Il coraggio di amarti || Draco MalfoyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora