Capitolo 55

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Selene

9 aprile 1998

Avevo atteso il fine settimana con trepidante eccitazione. Mi ero accordata di vedermi con Magnus il sabato mattina ai Tre Manici Di Scopa. Non avevamo ancora avuto modo di parlare civilmente, e quella sembrava essere l'occasione perfetta. Sapevo cos'avrei dovuto aspettarmi, ma continuavo a sperare che qualche animo gentile potesse ancora credere in me e Draco. Ero riuscita ad evitarlo per qualche giorno, comunque, il che era davvero un trionfo per me. D'altro canto, anche Draco aveva fatto di tutto per non incrociare il mio sguardo e per starmi il più lontano possibile. Su una cosa andavamo d'accordo, almeno. Così mi ritrovai a camminare per le strade di Hogsmeade, con indosso dei semplici jeans e un body nero. Non faceva freddo, le giornate in quel periodo erano particolarmente soleggiate e calde. Respirai aria fresca, lasciando che i polmoni si inebriassero con così tanta purezza.  Per tutto il tragitto giocai con un sassolino, calciandolo di qua e di là, in cerca di qualcosa a cui pensare. Arrivata davanti al pub, però, mi maledissi per essere stata tanto sciocca da non aver pensato a qualcosa di concreto da dire. Come avrei dovuto iniziare la conversazione con Magnus? Avrei dovuto dirgli che per me e Draco non c'era più alcuna speranza?
Con un tempismo davvero impeccabile, la voce baritonale di Magnus risuonò alle mie spalle. Mi voltai, con un sorriso sghembo stampato in faccia e le dita intrecciate dietro la schiena come una bambina.
«ciao» Dissi, sottile.
«è da molto che aspetti?» Chiese lui, aprendo la porta del pub e facendomi passare per prima.
«sono arrivata pochi secondi fa.» Risposi, cercando di farmi coraggio. Ci sedemmo ad un tavolo abbastanza appartato del locale che, seppur fosse mattina, era piuttosto pieno. Mi guardai intorno, cercando qualche faccia conosciuta. A parte un gruppo di ragazzi del quarto anno, sembrava non esserci più nessun studente di Hogwarts. Mi rilassai un po' e mi concedetti di guardare Magnus. Era bello, davvero, tanto da attirare l'attenzione di alcune ragazze sedute al tavolo vicino al nostro, e mi chiesi perché il mio corpo non provasse alcun tipo di vibrazione. Magnus mi osservò di rimando, come se vedesse in me qualcosa di diverso. Poi, l'occhio cadde sulla collana: ispezionò il ciondolo, alzando un sopracciglio e sorridendo in modo beffardo.
«ti ha chiesto di sposarlo?» Domandò, alzando lo sguardo su di me.
«no» Scattai subito, poi mi ricomposi e feci un respiro lungo e profondo. Cercai di trovare le parole giuste e lui attese, paziente. «si, me lo aveva chiesto.» Guardai le mie mani contorcersi sul tavolo, aspettando che il dolore del ricordo si attenuasse.
«ti ha lasciata?» Quella domanda esprimeva compiacimento, ma gli lasciai credere che non lo avessi capito. Annuii in risposta, incontrando i suoi occhi. Scosse la testa, come se fosse esausto, e io mi ritrovai a serrare le labbra.
«perché?» Chiese.
«cosa?»
«perché gli permetti di ferirti ogni volta?»
«perché lo amo.» La mia risposta fu istantanea, tanto che Magnus sbatté le palpebre come se fosse stato attraversato da una scossa elettrica. Sostenni il suo sguardo senza battere ciglio, senza emettere nemmeno un suono. Lui annuì silenziosamente, come rassegnato. «d'accordo, beh, come stai?» Alla fine fu lui a cambiare discorso, capendo che se avessimo continuato in quel modo saremmo finiti in un vicolo cieco. Avevamo parlato tanto, di tutto e di niente. Era stato come se ci fossimo incontrati dopo tanti anni e Draco, per la prima volta, aveva lasciato i miei pensieri. Dopo un paio d'ore, io e Magnus decidemmo che fosse il momento di salutarci. Così ci alzammo, sgranchendoci le gambe, poi Magnus lasciò un galeone sul tavolo. Usciti fuori, l'aria fresca di aprile colpì i volti di entrambi. Chiusi gli occhi e lasciai che qualche ciocca venisse spinta dal venticello.
«è stato bello.» Disse Magnus, scendendo il gradino e posizionandosi davanti a me. Aprii gli occhi e sorrisi timidamente. «si, dovremmo rifarlo.» Speravo davvero che non interpretasse in modo diverso ciò che per me era stata una semplice chiacchierata amichevole.
«magari il prossimo fine settimana.» Pensò lui, lanciandomi un'occhiata come a chiedermi il permesso.
«ti manderò una lettera, in modo tale da organizzarci.» Dissi soltanto, sbrigativa. Magnus annuì solenne, poi poggiò una mano sul mio fianco, lo strinse delicatamente e mi diede un bacio leggero sulla guancia. «ci vediamo.» Sussurrò sul mio orecchio. Sentii il suo respiro caldo sul collo, le sue dita premere sulla mia pelle, la sensazione delle sue labbra sulla mia guancia. Non provai niente, se non una sensazione di ribrezzo verso i miei confronti. Si allontanò e io ripresi a respirare regolarmente, poi si materializzò davanti i miei occhi, senza darmi il tempo di rispondere. Scesi l'ultimo gradino e mi guardai intorno. Il mio cuore prese a martellarmi nel petto. Conoscevo bene la sensazione ormai, il cuore batteva così forte che potevo sentirlo nelle orecchie, le mani tremavano, il fiato rimaneva sospeso: mi sentivo sempre così quando Draco era nei paraggi. Era come se il mio cuore lo percepisse, come un campanello d'allarme che scattava ogni volta che il suo profumo riempiva le mie narici. Come previsto, quando mi girai, lui era lì. Appoggiato stancamente sul porticato in legno massiccio, aveva una postura slanciata, le braccia incrociate al petto e un sorriso beffardo sul viso.
«molto carini, dico davvero.» Si staccò dal porticato e avanzò verso di me con sguardo indagatore.
«sei stato lì per tutto il tempo?» Riuscii a chiedere. Non che mi importasse davvero, ma avevo bisogno di distrarmi e di non pensare al movimento delle sue labbra.
«oh per l'amor del cielo, non sono mica un maniaco.» Mi schernì, ridendo sommessamente. Mi morsi il labbro inferiore, cercando di resistere alla tentazione di rispondergli che si, era una specie di maniaco se era rimasto lì a fissarmi mentre un altro ragazzo tentava di sedurmi. Si avvicinò di qualche altro passo e il battito del mio cuore accelerò repentinamente.
«lo senti anche tu, non è così?»
«cosa?»
«la sensazione che stai provando» La sua voce era bassa e rauca, toccava la mia pelle come le dita fanno con i tasti di un pianoforte. «il battito cardiaco accelera, le mani iniziano a sudare, le gambe tremano, il fiato rimane sospeso a mezz'aria» Continuò imperterrito, senza smettere mai di avanzare. Eravamo a pochi centimetri di distanza e non riuscivo più a capire quale fosse il mio respiro e quale il suo. «mi sento così anch'io, Selene. Tu mi accendi.» Il modo in cui quell'ultima parola gli scivolò fra le labbra mi costrinse a serrare le gambe e a sperare che lui non si fosse accorto di niente.
Deglutii meccanicamente, in preda all'ansia. «non so di cosa tu stia parlando.» Scossi la testa con veemenza, come se fosse una verità troppo aspra da sopportare. E lo era, in realtà. Non avrei mai ammesso che, nonostante tutto, lui mi faceva sentire ancora in quel modo. Avevo quasi paura di me, ero tanto stupida da credere ancora di poter scappare dalle sue grinfie.
«oh lo sai, invece. Lo sai benissimo, altrimenti non avresti serrato le gambe.» Ed eccolo lì, il vecchio Draco egoista e stronzo. Lui mi conosceva, mi osservava, probabilmente avrebbe predetto ogni mio gesto e ogni mia frase, se glielo avessi chiesto. Mi schiarii la voce, come se questo potesse bastare a cambiare discorso. Poi, armata di coraggio,
dissi: «mi dispiace deluderti, ma non hai più alcun potere su di me. Sei semplicemente geloso del fatto che Magnus si stia prendendo ciò che tu avevi e che hai perso per sempre.» Alzai il mento, mostrando una fierezza del tutto nuova anche per me. Lui rise, una risata sferzante, gutturale, che riuscì a farmi venire la pelle d'oca.
«ammettilo, Draco» Decisi che avrei fatto il suo stesso gioco. «ammetti quanto questa distanza tra noi ti stia lacerando» Avanzai di un passo. Osservai le sue labbra tremare, il suo pomo d'Adamo oscillare e le pupille dei suoi occhi dilatarsi. «ammetti di star impazzendo di gelosia.» Un altro passo. Le nostre labbra avrebbero potuto toccarsi, se solo noi lo avessimo voluto. Il suo respiro era affannoso, i suoi occhi erano totalmente persi nei miei. Fu allora che capii di avere il suo stesso potere: lui bruciava per me come io bruciavo per lui, mi bramava come io bramavo lui, mi possedeva come io possedevo lui.
«lo ammetto. Sono geloso» Sussurrò e io sentii il sangue scorrermi nelle vene. Eravamo punto e a capo: sopraffatti dal desiderio, dalla gelosia, dalla voglia disumana di assaporare l'uno l'anima dell'altra. Poi lo disse, ed io mi sentii come se la terra fosse scomparsa sotto i piedi. «quel tipo non può guardarti, non può toccarti, non in quel modo.»
Sorrisi, compiaciuta e soddisfatta. «ci vediamo, Draco.» Fu l'unica cosa che dissi, prima di sorpassarlo con l'intento di andare da qualche altra parte. Ma lui fu più veloce di me e mi prese per il polso, costringendomi a stare ferma.
«indossi la collana.» Disse, a bassa voce, come se potessi sentire solo e soltanto io.
«quindi?» Gli lanciai un'occhiata sferzante. Non volevo davvero che la conversazione finisse lì, ma odiavo perdere tanto quanto lui amava vincere. E pensai, innocentemente, che per una volta avrei potuto vincere io, chiudendo il discorso per prima e lasciandolo interdetto, ma Draco aveva altri piani.
«dillo.» Mi guardò fisso negli occhi, come se cercasse una verità proibita. La nostra verità.
«cosa vuoi che dica esattamente?» Lo sapevo benissimo, in realtà, ma avevo scoperto che torturarlo fosse la mia nuova cosa preferita.
«che mi ami ancora.»
Rimasi ferma, in religioso silenzio, come se una volta aperta la bocca quest'ultima mi avrebbe tradita. Poi, con voce costante, statica, fredda,
dissi: «capisci davvero cos'è l'amore» Feci una pausa per riprendere fiato, avevo davvero bisogno che lui smettesse di toccarmi il polso. Presi un respiro profondo, poi continuai. «solo quando perdi quello che era l'amore della tua vita.» Alzai lo sguardo su di lui alle ultime parole. Decisi, però, che quello non bastasse. «io e te ci siamo persi, Draco.» Ecco, fu in quel preciso momento che vidi il suo cuore sgretolarsi, cadere a terra e rompersi in tanti pezzi come cocci di vetro taglienti. Perché noi eravamo così: ci facevamo del male a vicenda, come se questo ci rendesse più forti. Incuranti del fatto che quando uno stava male, l'altro si sentiva allo stesso modo. Perché alla fine, io e Draco eravamo legati da un filo rosso che sembrava non volersi spezzare. Noi non volevamo spezzarci. E quando quella giornata finì, l'unica frase che gironzolava nella mia testa -come se ne fosse padrona- era: prendere o lasciare.

Il coraggio di amarti || Draco MalfoyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora