Capitolo 49

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Selene

«ti va di fare una passeggiata? Potremmo arrivare fino alle serre.» Domandò Pansy, con fare gentile. Non avevo intenzione di starmene sul letto a piangermi addosso per qualcuno che, evidentemente, non lo meritava. Questo però non significava che mi andasse di uscire dalla mia stanza. Tuttavia, Pansy era stata con me tutto il pomeriggio ed io probabilmente non l'avrei mai ringraziata abbastanza. In qualche modo, sentivo di dover fare qualcosa in cambio, e lasciare che lei mi aiutasse era davvero il minimo. «si, d'accordo.» Risposi, senza aggiungere nient'altro. Mi tirai a sedere sul letto e infilai le scarpe ai piedi. Probabilmente un po' d'aria fresca mi avrebbe fatto bene. Quando mi alzai, Pansy mi mostrò un sorriso tanto delicato quanto significativo. Si girò per aprire la porta, e proprio nel momento in cui poggiò la mano sulla maniglia, sentii di doverle dire qualcosa. «Pansy» Chiamai, con voce bassa. Si allontanò dalla porta e tornò a guardare me. «grazie.» Dissi soltanto, e lei parve apprezzare quella semplice parola più di quanto avrei mai creduto possibile.
La Sala Comune era colma di gente. Alcuni studenti del secondo anno erano stravaccati sui divani, con libri di testo tra le mani. Due ragazze stavano entrando nel dormitorio femminile e ci passarono proprio accanto.
«a quanto pare ha sbattuto la testa...» Disse una di loro guardando l'amica, che emise un gemito di sorpresa. «spero davvero che stia bene.» Sentii dire, mentre ci superavano.
«di che parlavano?» Chiesi a Pansy. Lei scosse le spalle. Una strana sensazione mi scombussolò lo stomaco mentre ci dirigevamo verso il buco del ritratto. In quel momento, Astoria entrò di fretta e furia con le guance rosee e gli occhi lucidi. Sembrava avesse pianto. Abbassai lo sguardo su ciò che teneva tra le mani e il mio cuore sprofondò. Pezzi di legno scheggiato erano avvolti da una coperta a quadri verdi e neri. Era una scopa, fatta a pezzi. Un pezzo in particolare catturò la mia attenzione. Sulla punta finale della scopa c'erano intagliate, con scrittura estremamente elegante, due lettere. Bastarono due semplici lettere per farmi fermare il cuore.
D. M.
Astoria alzò lo sguardo su di me.
«dov'è?» Fu la prima cosa che chiesi, senza mezzi termini. Accanto a me, Pansy emise un verso stridulo e si portò le mani sul petto.
«in infermeria. Sta dormendo, è inutile che tu vada.» Disse, passando il polso ossuto sugli occhi per asciugare le lacrime. Il fiato restò sospeso in aria. Le viscere mi si contorsero mentre il cuore prendeva a battere più forte. «ma devo farti i complimenti» La voce di Astoria era aspra e tagliente. Non l'avevo mai sentita parlare con quel tono di voce. «il tuo ragazzo si sta contorcendo dal dolore e tu non sapevi nemmeno cosa fosse successo.» Sputò, come se avesse aspettato quel momento da una vita intera. Un brivido percorse la mia spina dorsale, facendomi raddrizzare. La gola era secca e, giuro, non avevo mai provato tanta rabbia in vita mia. E -forse per il nervosismo, o per il tono di Astoria- mi ritrovai a risponderle senza nemmeno pensarci.
«che c'è, Astoria?» Avanzai di un passo e vidi le sue spalle irrigidirsi e le sue iridi dilatarsi. Lei deglutì, ma non disse niente. «sai qual è la verità?» Un altro passo. Sentii Pansy, dietro di me, chiamarmi. Non le diedi ascolto. Ero così intenta a mordere Astoria con le parole che l'unica cosa che riuscivo a sentire erano i respiri della ragazza che stringeva ancora la coperta con tutte le sue forze. «la verità è che sei innamorata di Draco.» Le spiattellai in faccia quell'amara verità, facendo crollare quell'ultimo briciolo di autorità che era riuscita ad ottenere. Si guardò intorno, poi posò di nuovo lo sguardo su di me.
Si, avrei voluto dire, come immaginavo.
«vuoi sapere una cosa?» A quel punto eravamo a pochi centimetri di distanza. Il suo fiato era sospeso, il respiro irregolare. «ci siamo lasciati» Continuai, era come se ci stessi prendendo gusto. «quale momento migliore per dichiarare i tuoi sentimenti?»
Astoria aprì la bocca per dire qualcosa, poi parve ripensarci e la chiuse. Mi avvicinai al suo orecchio e, con un filo di voce, dissi: «quel ragazzo è ancora mio, e io sono sua.» Poi, con voce più bassa: «noi ci apparteniamo.»
Quando mi allontanai, lei si schiarì la voce e si raddrizzò nelle spalle. Poi scomparve velocemente verso il dormitorio femminile. Scoccai un'occhiata a Pansy, ancora in disparte e con la bocca schiusa.
Senza pensarci, uscii dal buco del ritratto e percorsi il corridoio dei sotterranei, ancora con i nervi saldi e i denti serrati.

Il coraggio di amarti || Draco MalfoyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora