Capitolo 50

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Selene

«tieni il gioco.» Sussurrò, prima di sparire fuori dalla Sala Comune. Il suo viso adesso attraversato da una smorfia di dolore e di disgusto. Io la seguii, massaggiandole la schiena. Avevo capito quale fosse il piano.
«scusate...» Mormorò, mentre i Prefetti marciavano verso di noi come dei soldati in guerra. «dovrei andare in infermeria, non mi sento bene.»
I Prefetti si guardarono a vicenda per qualche secondo, poi spostarono lo sguardo su di me.
«non credo si possa fare.» Un ragazzo del sesto anno scosse la testa, deciso.
«sai che sono incinta?» Chiese Daphne, irritata. «se dovesse succedere qualcosa al mio bambino vi riterrò responsabili» Disse, puntando un dito contro i Prefetti. Loro si lanciarono un'altra occhiata, poi uno scosse le spalle e l'altro sospirò.
«bene, ma lei resta.» Disse, alzando il mento verso di me.
«ma sei matto? Ti sto dicendo che sono incinta e che sto male, vuoi che vada da sola?» Daphne alzò la voce, e io dovetti fare appello a tutte le mie forze per non scoppiare a ridere. «voi uomini siete dei fottuti egoisti. Lasciate a noi il duro lavoro. Siamo noi che soffriamo per mettere al mondo i bambini, mica voi» Agitò le mani nervosamente e io mi ritrovai a stringere i lembi del cardigan per non ridere. «giuro, piccolo smorfioso che non sei altro, se non ci lasci andare in infermeria ti farò provare il dolore del parto con la maledizione Cruciatus!»
Il ragazzo sbiancò e deglutì meccanicamente.
«po-potete andare...» Balbettò, facendo un passo indietro.
«si, come immaginavo.» Sputò Daphne. Ci avviammo verso le scale in marmo e scoppiai in una risata. Daphne rise insieme a me, prendendomi per braccetto e marciando verso l'infermeria.
«hai visto la faccia che ha fatto?» Rise ancora di più, portandosi indietro i capelli ricaduti sul viso. Per un secondo, dimenticai Draco. Dimenticai il mio cuore spezzato, tutte le lacrime, la mia anima divisa in due. Erano per momenti come quello che avrei voluto che gli ultimi mesi passati ad Hogwarts fossero eterni. Eppure, una volta arrivate davanti l'infermeria, la voragine che avevo nel petto si riaprì, dilatandosi di qualche centimetro in più. Daphne mi toccò dolcemente la schiena, come per spronarmi ad entrare, ma avevo i piedi incollati al pavimento e un brutto sapore in bocca. «ti aspetto qui fuori, nel caso in cui dovesse arrivare qualcuno.» Si guardò intorno furtivamente, come se stessimo scassinando una cassaforte. Poi mi mostrò uno dei suoi sorrisi più sinceri e io mi ritrovai a varcare la porta dell'infermeria con il respiro mozzato. Draco era ancora disteso sul lettino. La luce della piccola abat-jour posta sul comodino gli permetteva di leggere un libro senza sforzarsi troppo. Non c'era nessun altro nella stanza, e il cuore si rilassò. Astoria non era con lui.
Quando alzò lo sguardo, vidi i suoi occhi luccicare nei miei. Con un movimento fatto di pochi gesti, chiuse il libro e lo posò sul comodino, poi si tirò su.
«che ci fai qui?» Gracchiò. Mi avvicinai al lettino e poggiai le mani sulla pediera in ferro battuto.
«come ti senti?» Chiesi, con voce tenue.
Lui scrollò le spalle. «pensavo fosse incarico di Astoria fare queste domande.» Il suo tono era acido. Evidentemente aveva voglia di litigare.
«lei è qui?» Chiesi subito, come se quella domanda mi stesse bruciando la lingua. Le labbra di Draco si curvarono in un sorrisetto compiaciuto. «è in bagno.» Disse soltanto. Io mi strinsi nelle spalle e mi aggrappai con così tanta forza alla pediera che arrivai a pensare di potermi rompere le nocche.
«ti infastidisce che lei sia qui?» Lui mi stava torturando. Si divertiva a vedermi così inerme sotto le sue parole. Si divertita a ricordarmi quanto potere avesse su di me. E io glielo permettevo ogni volta.
«puoi fare quello che ti pare» Dissi, alzando le spalle con finta ostentazione e indifferenza. «ma tieni bene a mente ciò che ti sto per dire, Draco Malfoy» Mi staccai finalmente dal lettino e mi avvicinai al suo corpo. «nella tua vita, niente e nessuno potrà mai prendere il mio posto.»
Lui rimase in silenzio, solo un battito di ciglia. Vidi il suo pomo d'Adamo oscillare mentre deglutiva e strinsi i pugni lungo i fianchi. Decisi di godermi per un'ultima volta i suoi occhi, i suoi profondi e bellissimi occhi grigi. Poi mi voltai, senza aggiungere nient'altro e, proprio mentre uscivo dall'infermeria, sentii il suo sussurro sulla schiena, come se le sue parole mi stessero obbligando a rimanere prendendomi per le spalle.
«lo so.» Aveva sussurrato, nella luce fioca della stanza fredda. Non mi fermai, tantomeno mi girai a guardarlo. Invece proseguii verso l'uscita. Daphne era lì ad aspettarmi, appoggiata al muro mentre giocherellava con il ciondolo della sua collana. Quando alzò lo sguardo e incontrò i miei occhi sorrise. «tutto bene?» Chiese, dolcemente.
Annuii in risposta, sentendo le unghia conficcarsi nei palmi delle mani.
«possiamo andare?» Domandò, staccandosi dal muro. Annuii ancora. Avevo la gola secca e lo stomaco attorcigliato. Sembrava che qualcuno mi avesse strappato le budella per poi gettarle a terra. E le possibilità a quel punto erano due: o io ero troppo brava a fingere di star bene, o Daphne scelse di lasciarmi spazio; perché l'aveva visto. Aveva visto il modo in cui le mie mani tremavano, il modo in cui la mia bocca si serrava. Eppure, non disse niente. Iniziò a camminare verso le scale e io la seguii, un po' distante. Non parlai, e Daphne non cercò di estorcermi qualche parola. Arrivate davanti la Sala Comune, i Prefetti ci guardarono di sottecchi, senza nemmeno aprire bocca, ciò fece sorridere Daphne, che sembrava piuttosto compiaciuta.
«vorrei farti compagnia ma devo proprio andare» Disse, una volta entrate in Sala Comune. Indicò il dormitorio maschile e da ciò dedussi che avrebbe dormito con Blaise. Qualcosa dentro di me si spezzò, consapevole che la stanza di Draco a quel punto sarebbe stata solo un ricordo, tra le altre cose.
«grazie... per tutto, davvero.» Riuscii a balbettare, prendendo le sue mani e stringendole fra le mie. Daphne sorrise, poi mi augurò la buonanotte e sparì verso il buio del dormitorio maschile. Ed io rimasi sola. Mi accovacciai in un angolo sul divano, con il rumore dell'acqua del lago nero che faceva da ninna nanna. Chiusi gli occhi e mi abbandonai al sonno, sapendo che lui avesse una metà della mia anima e sapendo che, qualsiasi cosa io avessi fatto per dimenticarlo, la situazione non sarebbe cambiata. Io appartenevo, completamente e irrimediabilmente, a Draco Malfoy.

Il coraggio di amarti || Draco MalfoyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora