Selene
20 aprile 1998
Sconosciuti.
Ci comportavamo come se quella fosse una situazione normale, come se noi fossimo normali. Eravamo in una fase di stallo, oscillavamo tra sogno e realtà. Lui aveva deciso di evitarmi, così avevo iniziato a farlo anche io. La chiamavo "tregua", perché lo era a tutti gli effetti. Dopo la nostra ricaduta in doccia, nessuno dei due aveva avuto il coraggio di esprimersi a riguardo. Era stato uno sbaglio, lo sapevamo entrambi, eppure nemmeno un briciolo di rimorso balenò in me. Non sarebbe mai più accaduto, era una decisione che avevo preso in un momento di piena lucidità. In ogni caso, avevamo altro a cui pensare: la guerra continuava a torturare tutti ad Hogwarts; c'erano stati molti attacchi, ci fu persino proibito di andare ad Hogsmeade. I fiati rimanevano sospesi ogni volta che i gufi gettavano i giornali sulle tavolate, aspettavamo con ansia che Silente dicesse qualcosa, ma lui non usciva mai dal suo ufficio. Ci aveva mandati in guerra, ma non combatteva. Lasciava che giovani maghi morissero durante gli attacchi, come se la faccenda non lo riguardasse, semplicemente era come scomparso. Questo fece aumentare la paura. Sapevamo che Hogwarts sarebbe stata attaccata, non sapevamo quando, tantomeno come, ma sapevamo che sarebbe successo, eppure nessuno di noi aveva fatto qualcosa per evitare i danni più gravi. Le giornate passavano e, quando arrivava la sera, ci ritrovavamo a sperare in giorni migliori, ma non arrivarono. Nella notte tra il 20 e il 21 aprile 1998, Diagon Alley fu attaccata e rasa al suolo, un'infinità di morti, dispersi e feriti. Il castello era, a quel punto, coperto da un telo invisibile di terrore, angoscia e tormento.———————————————
25 aprile 1998
La guerra stava arrivando, eravamo agli sgoccioli. Stanchi, privati del sonno e della spensieratezza, noi studenti di Hogwarts eravamo pronti a combattere. Attendevamo con impazienza il giorno in cui Voldemort avrebbe deciso di attaccare, non c'era nient'altro da fare. Ma io e Draco stavamo combattendo anche un'altra guerra: quella dell'amore. Continuavamo ad evitarci, ma percepivo il suo sguardo addosso durante le lezioni e i pasti. Lui aveva deciso che guardarmi da lontano sarebbe stata la cosa giusta da fare. E, ancora una volta, aveva deciso per entrambi. Non mi sentivo bene, anzi -ad essere onesta- stavo proprio uno schifo. I giramenti di testa e dolori vari erano all'ordine del giorno, ma per rincuorare me e chi mi stava intorno dicevo che si trattasse solo di stanchezza.
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28 aprile 1998
Ci facevano esercitare ogni giorno, a ogni ora, non c'era più una distinzione tra mattina, pomeriggio e sera. Dovevamo imparare le maledizioni a memoria, i movimenti giusti della bacchetta, dovevamo saper usare le scope e invocare un patronus. Così, una mattina di fine aprile avevano raggruppato alcune classi nel cortile principale, solo i ragazzi più grandi. Tutti riuscivamo ad invocare un patronus, eccetto Draco. Lo guardavo da lontano agitare la bacchetta e picchiettarla sulla gamba come se fosse rotta. Mormorava l'incantesimo ma l'animale non prendeva forma, solo un'onda sfumata di bianco e azzurro che si librava in aria e svaniva nel nulla. Onestamente, credevo che lui non si concentrasse abbastanza. Probabilmente i suoi ricordi felici non erano molti, ma dubitavo che nessuno di questi fosse abbastanza forte per rendere l'incantesimo possibile. Dopo svariati minuti, mi ero avvicinata a lui e con fare sfacciato gli avevo sussurrato all'orecchio: «pensa a me.»
«meglio che io non lo faccia, credimi.»
Sette parole. Sette parole dopo dodici giorni di agonia, di sguardi intensi e pietrificanti, di respiri sospesi in aria e di frasi non dette. E poi la nostra guerra continuò: di nuovo il silenzio, la lontananza, la consapevolezza di aver sbagliato, l'anima divisa in due corpi.———————————————
1 maggio 1998
Avevo deciso di andare da lui e parlargli, affrontarlo, chiedergli il motivo per il quale avesse deciso di mettere un punto alla nostra storia. Avevo un brutto presentimento quel pomeriggio, era come se sapessi che sarebbe successo qualcosa. La notte precedente non avevo chiuso occhio, mi ero rigirata tra le lenzuola calde e scolata almeno dieci bicchieri d'acqua. Avevo sempre la gola secca, una strana sensazione di agitazione nello stomaco e, come se non bastasse, la nausea che avvertivo non mi consentiva di stare calma. Pansy era in biblioteca e sapevo -Dio, il mio cuore sapeva ogni cosa- che lui si trovasse nella sua stanza. Così mi precipitai da lui senza pensarci troppo, senza darmi il tempo di creare frasi di senso compiuto. Bussai senza sosta e quando la porta si aprì lo sorpassai con uno spintone.
«fa pure come se fossi a casa tua...» Brontolò, chiudendo la porta e riservandomi uno sguardo pieno di amarezza.
«non fare lo spiritoso con me, Malfoy.» Sputai. Ero così stanca.
«cosa vuoi?» Chiese lui, incrociando le braccia al petto e scrutando ogni centimetro del mio corpo. Lo sentivo ovunque: sul collo, sulle gambe, sul ventre, sulle mani, sulle labbra.
«non abbiamo mai parlato di quello che è successo.» Ero sgattaiolato via prima che lui si svegliasse la mattina dopo la ricaduta in doccia. Gli avevo stampato un bacio sulla fronte ed ero andata via come se avessi rubato qualcosa di estremamente prezioso.
Lui sospirò, probabilmente voleva evitare quella conversazione più di qualsiasi altra cosa, ma io avevo bisogno di sapere. «senti, Selene» Iniziò, guardandomi dritto negli occhi. Ed io conoscevo quello sguardo, stava per farlo di nuovo: stava per spezzarmi il cuore. «non avrei dovuto chiedere ad Astoria di farti venire da me, quella sera.»
Deglutii, ma decisi di serrare la bocca.
«avrei voluto dirti una cosa, ma ero in condizioni pietose» Fece una smorfia, come se il solo ricordo lo facesse stare male. «mi dispiace.» Aggiunse, alla fine.
«che vuol dire?» Mi ritrovai a chiedere. Non si trattava di ingenuità, avevo capito perfettamente ogni singola parola, ma volevo che lui fosse più chiaro. Draco non rispose, così continuai. «immagino che tu ti penta anche di tutto ciò che mi hai detto, vero?»
«no, non mi pento assolutamente di niente. È solo che avrei voluto parlarti di una cosa ma non sono riuscito a farlo.» Continuava a ripeterlo, eppure sapevo già che avrei scoperto la verità da qualcun altro.
«si, bene. Era meglio se non venivo, giusto? Avrei dovuto lasciare che Astoria si occupasse di te.» Misi due mani sui fianchi e strinsi la pelle fino a indolenzirla. Lui mi guardava stupito, a metà tra l'incertezza e lo sconforto.
«non intendevo questo.» Disse, quasi offeso.
«no, ho capito perfettamente.» Alzai la voce o giurerei di averlo visto sussultare. Feci per andare via, ma lui mi afferrò per il braccio.
«Selene...» Lo spintonai così forte che ebbi paura di avergli fatto male.
«non dire una parola.» Gli puntai un dito contro; non mi importava di sembrare drammatica, semplicemente non riuscivo a mantenere la calma.
Proprio in quel momento bussarono. Draco sospirò, esausto, e andò ad aprire. Scoppiai a ridere, una risata amara e tagliente, quando vidi Astoria sull'uscio della porta. «grandioso, dico davvero!» Ci mancava solo lei. La ragazza guardò Draco, poi me.
«scusate, non volevo interrompervi.» Disse lei.
Sbuffai e mi sedetti a peso morto sulla poltrona, aspettando che il biondino la mandasse via.
«Astoria, potresti venire più tardi? Siamo in una situazione complicata...» Spiegò lui.
Io trattenni una risata, ma loro dovettero sentirmi.
«oh, certo. Scusate.» Sentii la porta chiudersi e i miei tendini si rilassarono leggermente.
«giuro che le tiro i capelli, prima o poi.»
«smettila.» Draco mi aveva raggiunta e adesso se ne stava impalato davanti a me con le braccia incrociate.
«ma non vedi che ti sta sempre intorno?» Mi chiedevo onestamente se fosse cieco. Come poteva non vedere quell'ovvietà?
«non capisco dove sia il problema.» Fece spallucce, un gesto carico di indifferenza che mi fece accapponare la pelle.
«vaffanculo, Draco.» Mi alzai di scatto e mi diressi a passo svelto verso la porta, ma lui fu più veloce di me e afferrò il mio gomito costringendomi a girare su me stessa. Colpii il suo petto e in quei pochi secondi di contatto riuscii a sentire i nostri cuori battere all'unisono. «non toccarmi.» Dissi, sottovoce. Lui lasciò andare il mio braccio ed io sentii bruciare proprio il punto in cui, fino a pochi secondi prima, la sua mano stringeva la mia pelle.
«ti calmi, per favore? Dobbiamo parlare.» La sua voce era bassa, si insinuava dentro di me come se fosse pioggia fredda.
«e di cosa vuoi parlare? Di quanto mi hai fatto stare male fino ad oggi? Di quanto ancora mi farai stare male?» Stavo praticamente urlando, ma non mi importava.
«Selene, io ho bisogno di dirti una cosa.» Era troppo calmo, davvero troppo calmo. Mi dava quasi fastidio, era come se non gli importasse davvero.
«vuoi dirmi una cosa? Bene, allora fallo.»
Draco prese un lungo e profondo respiro. Trattene il fiato nei polmoni, poi gettò fuori. «io mi ricordo tutto quello che è successo l'altra sera. Ricordo quello che ho detto e lo confermo: sono innamorato di te, lo sarò per sempre, questa è una cosa che ti prego di non scordare.»
A quel punto non avevo resistito, l'impulso di chiederglielo era stato troppo forte. «e allora perché ci siamo lasciati?» Lo guardai, lui deglutì forte, ma non rispose. «dimmelo una buona volta, Draco, perché mi hai lasciata?» Avevo alzato di nuovo la voce.
«se non l'avessi fatto io, l'avresti fatto tu» La sua voce era chiara, limpida, troppo costante e troppo neutra. «ho avuto paura di cosa sarebbe potuto accadere.» Sembrava sinceramente turbato.
«tu hai avuto paura?» Feci un passo avanti, senza mai staccare gli occhi dai suoi. «hai davvero il coraggio di dirmi che tu hai avuto paura?»
Silenzio.
«mi sono messa in gioco per te, ho fatto tutto ciò che una persona sana di mente non farebbe mai» Lo spintonai e lui barcollò un po', più per la sorpresa che per la spinta in sé. «e allora sai che c'è, Draco? Avevi ragione. Noi non siamo destino, non lo saremo mai.» E me ne andai. Lo lasciai lì, al centro della sua stanza, non gli permisi di parlare perché credevo che avrei fatto la cosa giusta a mollarlo per sempre. Se solo avessi saputo...
Dopo cena ero di nuovo alla ricerca di Draco. Avevo sbagliato, mi sentivo in colpa per non avergli dato la possibilità di spiegarmi. Continuavo a ripetermi che quello sarebbe stato l'ultimo confronto. L'anno scolastico stava ormai per finire, avremmo preso strade diverse e non ci saremmo mai più rivisti. Ma io non potevo e non volevo portargli rancore. Perché Draco aveva una parte di me che non avrei concesso a nessun altro, perché Draco era il ragazzo che avrei sempre amato. I nostri ricordi sarebbero stati indelebili, incisi sul mio cuore come un tatuaggio sulla pelle. Sarebbero stati dei ricordi dolci, non come quelli che ti lasciano l'amaro in bocca e un dolore lancinante al petto.
Quando arrivai davanti la sua porta, sentii una voce femminile provenire proprio dalla sua stanza. E non una voce qualunque, era Astoria. Il mio cuore trasalì, poi notai che la porta era socchiusa e sbirciai dentro: erano in piedi, l'una di fronte all'altro, Draco aveva un'espressione imperscrutabile sul viso. Non sembrava stessero parlando da molto, anzi, a dire il vero sembrava che avessero appena iniziato.
«cosa c'è di tanto urgente, Astoria?» Draco sembrava seccato, probabilmente non aveva voglia di parlare, ma quella ragazza era davvero appiccicosa. Ossessionata, non c'era aggettivo più consono.
«so tutto» Fu l'unica cosa che disse. Strinsi il tessuto della mia maglietta senza rendermene conto. Cosa sapeva? E la risposta arrivò senza il bisogno di attendere molto. Fu allora che capii quanto la storia tra me e Draco fosse impossibile. «so della morte del padre di Selene.»
La gola era secca, lo stomaco attorcigliato e la mente annebbiata. Il senso di nausea mi costrinse a portare una mano alla bocca per camuffare un gemito. Ma questo non bastò. Avevo fatto dei passi indietro, come se la porta bruciasse, adesso la stretta attorno alla stoffa della maglia era più salda. Percepii un dolore atroce al petto, era come se qualcuno avesse appena trafitto il mio cuore. La porta si aprì, Draco mi stava guardando con occhi sgranati.
Avevo sentito tutto... e lui lo sapeva.
«di cosa sta parlando?» Non sapevo da dove avessi trovato la forza di parlare, eppure ci riuscii. Draco pareva stordito, incapace addirittura di muoversi. Astoria (che fino a quel momento era rimasta in stanza) fece dei passi verso di noi. «mi dispiace, non sapevo che fossi qui dietro.» Disse, con un filo di voce. La guardai, ma non fui io a prendere la parola.
«Astoria, puoi andare per favore?» La voce di Draco era pacata, persino troppo.
«no, lei resta» Scattai, lanciandogli un'occhiata piena di dolore e rabbia. Ecco cosa provavo. Rabbia. «cosa vuol dire che sai tutto sulla morte di mio padre?» Adesso stavo guardando Astoria, più impacciata di quanto non fosse mai stata. Stava cercando le parole giuste, era evidente.
«Selene, non è giusto che te lo dica io.» Abbassò la testa e i miei occhi saettarono su Draco.
«cosa mi state nascondendo?» Avevo il cuore a pezzi. Draco mi aveva mentito di nuovo. Per tutto quel tempo, aveva avuto il coraggio di guardarmi negli occhi e non far altro che mentire. Bugie, bugie e ancora bugie. Eravamo proprio questo: una bugia, una bellissima e dolorosissima illusione.
Lui non parlò, se ne stava in silenzio a sorreggere il mio sguardo con le lacrime agli occhi. Io, invece, non riuscivo più a piangere da tempo ormai. Così mi voltai verso la ragazza e dissi: «Astoria, per favore, dimmelo.» La stavo supplicando, ma non fu sufficiente. Lei scosse la testa e dalla sua bocca uscì un debole: «non posso, mi dispiace.» Poi andò via, lasciandomi da sola con la persona che più mi aveva ferito e che non avrebbe mai smesso di farlo.
«Selene, entra.» Draco cercò di sfiorarmi il braccio, ma io mi scansai.
«non toccarmi.» Ma entrai in stanza senza farmelo ripetere. Non volevo che tutto il dormitorio sentisse. Draco chiuse la porta e lasciai che respirasse prima di iniziare a parlare.
«è stato mio padre.» Disse, alla fine. Ed eccolo lì, il momento preciso in cui capisci di esserti rotta.
«t-tuo padre?» Balbettai, aggrappandomi al baldacchino del letto. Sarei potuta cadere a terra da un momento all'altro, me lo sentivo.
«si, Lucius ha ucciso tuo padre.» Se non avessi stretto la presa sarei caduta sulle mie ginocchia. Se avessi avuto un altro po' di lacrime in corpo avrei pianto. Invece niente, solo un'enorme senso di vuoto nel petto. Poi il respiro divenne irregolare, accelerò così tanto da farmi male il petto.
«Selene, avrei voluto dirtelo ma-»
«da quanto lo sapevi?» Lo interruppi.
Lui deglutì. «un mese.»
La mia bocca si aprì, ma da essa non uscì niente, se non un gemito mozzato. «tu lo sapevi e non mi hai detto niente.» Riuscii a dire, boccheggiando. Non riuscivo più a pensare. Volevo solo ritornare indietro nel tempo e cancellare ogni singolo momento passato con quel ragazzo. Volevo dimenticare tutto, anche i bei ricordi. Non mi importava, non più almeno.
«come hai potuto farlo?» Mi mancava l'aria.
«volevo dirtelo ma non ho mai trovato il coraggio.»
Lo spintonai. «e ti sembra una buona ragione per non dirmelo?» Stavo urlando. Una lacrima rigò la mia guancia, calda e salata. «perché mi odi così tanto?» Un'altra spinta.
Lui afferrò i miei polsi e li strinse con forza. Crollai sul pavimento mentre il cuore non smetteva di martellarmi nel petto. Lui crollò insieme a me, portò i miei polsi intorno al suo busto e mi strinse a sé. «Selene, ti prego respira.»
Stavo avendo un attacco di panico e nemmeno me ne ero resa conto. Mi accasciai contro il suo petto, strinsi il tessuto della sua camicia e lasciai che le sue dita affondassero tra i miei capelli. Non riuscivo a respirare, non sentivo più il peso del mio corpo, non sentivo più niente.
«ho bisogno che tu mi stia a sentire» Mi afferrò il viso tra le mani e i nostri occhi si incontrarono. «devi fare dei respiri profondi» Non lo stavo ascoltando davvero, la sua voce era solo sottofondo. «per favore, Selene»
Avrei voluto urlare, piangere, uccidere lui e poi me. Ma ero un corpo inerme, troppo stanca persino per respirare. «pensa a noi, Selene, pensa ai nostri momenti felici» Riuscii a sentirlo e lui dovette percepirlo, perché continuò a parlarmi senza mai distogliere gli occhi dai miei. «ti amo, hai capito? Io sono innamorato di te da quando avevo 10 anni.»
Un tuffo al cuore. Lo amavo anch'io. Lo amavo più di quanto lui riuscisse a immaginare, ma non riuscii a dirlo. Cercai di respirare, ma avevo un sasso in gola e un macigno nel petto. Draco mi accarezzò le guance, il suo pollice continuava a toccare la mia pelle con delicatezza mentre tentavo di soffermarmi su qualcosa di concreto. Guardai le sue labbra, si stavano muovendo ma non sentivo nulla. Lui mi stava parlando ma era come se fossi diventata sorda. Poi, inaspettatamente, mi baciò. La sua lingua passò sul mio labbro inferiore, trattenni il respiro, i battiti si regolarizzarono, la testa smise di girare e lui mi baciò con tutte le sue forze. Smisi di pensare per qualche secondo, poi però la realtà mi travolse come un tornado. Lucius aveva ucciso mio padre, Draco lo sapeva e non mi aveva detto niente. Mi staccai così velocemente da lui che pensai potesse cadere all'indietro. Mi guardò, confuso, mentre io mi portavo una mano alla bocca e toccavo le labbra come se sopra ci fosse qualcosa da conservare con estrema cura. «perché l'hai fatto?» Gli scoccai un'occhiataccia. Lui si strinse nelle spalle, poi, con disinvoltura, disse: «non riuscivi a respirare e ho pensato che... si, insomma, che se ti avessi baciato mi avresti dato ascolto.»
Aveva funzionato. Nessun altro era mai riuscito a interrompere un attacco di panico con così tanta facilità.
Lui si alzò e mi porse entrambe le mani per aiutarmi. Le guardai, ma mi alzai senza il suo aiuto. Fu Draco a parlare per primo. «ti ho lasciata per non ferirti.» Mormorò, più a sé stesso che a me. E io mi ritrovai a scuotere la testa, esausta. Ero arrivata a un punto di non ritorno, non sentivo più niente.
«mi dispiace, Draco, non ho più niente da dirti» Lo guardai, i suoi occhi si riempirono di lacrime, li chiuse, serrò i pugni lungo i fianchi, riaprì gli occhi. «mi sembri un estraneo, niente ha più senso adesso.» Le mie parole mi spezzarono in due l'anima. Ridussero il mio cuore a brandelli. Vidi Draco annuire silenziosamente, rassegnato. E non avrei mai immaginato di poterlo dire, non la Selene innamorata follemente, non la Selene che sperava ancora di poter scorgere il suo Draco in quello che adesso era semplicemente uno sconosciuto. La mia bocca si aprì e mise insieme sillabe, consonanti e vocali. «tra noi è finita.»
Lo vidi deglutire, guardare altrove e poi portare gli occhi di nuovo su di me. Stava trattenendo le lacrime, le labbra serrate e la mascella contratta. Respirai, poi andai via.
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Il coraggio di amarti || Draco Malfoy
Fanfiction«t'immagini se, da un giorno all'altro, ci dimenticassimo di noi?» «se rinascessi e ti rincontrassi altre cento volte, mi innamorerei sempre di te.»