Capitolo 25

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Draco

TERZO GIORNO SENZA DI LEI

31 dicembre 1997

Aprii gli occhi, le tende della grande finestra erano state scostate -probabilmente da uno dei tanti elfi domestici- per illuminare la stanza e costringermi ad alzarmi. Sbadigliai mentre mi alzavo dal letto, notai un piccolo biglietto ripiegato sul comodino.
Lo presi e lo aprii.

Ti aspettiamo di sotto per la colazione.
Non fare tardi.

Mamma.

Mh. Almeno non è un invito al mio matrimonio, pensai. Sospirai e buttai il biglietto sul letto. I vestiti puliti erano perfettamente piegati sulla poltrona in velluto verde.
Li presi e uscii dalla mia stanza.
Il lungo corridoio era silenzioso e vuoto, mi appoggiai al corrimano in legno massiccio e mi sporsi per vedere di sotto: vuoto, silenzio assoluto. Era come se Malfoy Manor dormisse ancora. Feci un respiro profondo ed entrai in bagno, mi lavai velocemente bagnando il viso con l'acqua fredda, cercando di svegliarmi per poter affrontare un'altra giornata, poi indossai i vestiti puliti e scesi di sotto. Anche il grande atrio era vuoto e mi chiesi se non fosse successo qualcosa di grave. Tutto era normale, però. Dalla cucina proveniva un profumo delizioso e il camino nel grande salone era acceso.

«Padrone Malfoy.» Una voce stridula e sottile mi fece trasalire. Mi girai: uno degli elfi domestici, Dobby, si contorceva le mani, con lo sguardo chino e le orecchie portate all'indietro, come un cane terrorizzato. «I suoi genitori la stanno aspettando nella sala da pranzo. Dobby deve accompagnarla o si ricorda la strada?» Chiese, mentre continuava a contorcersi le mani, in una veste (se così si poteva chiamare) fradicia e con qualche buco rattoppato malamente. «Tranquillo, Dobby, ricordo la strada.» Dissi, scrutandolo attentamente, sembrava davvero terrorizzato.
L'elfo annuì e feci per andarmene.
Selene lo avrebbe ringraziato.
Mi fermai di scatto, come se fosse scattato un campanello d'allarme nella mia testa, e mi girai, Dobby era ancora lì, adesso strisciava i piedi sulle assi di legno. «Dobby...»
L'elfo sussultò e alzò lo sguardo. «Si, padrone Malfoy?»
«Grazie.» Mormorai. Mi girai e percorsi l'atrio a passo spedito.
Sta per iniziare un'altra giornata, preparati. Quando entrai nella sala da pranzo, rimasi stupito vedendo il lungo tavolo nero coperto da una sottile tovaglia verde, i piatti di ceramica, le posate in argento e i bicchieri di cristallo erano posti in modo simmetrico lungo tutto il tavolo. Mio padre era seduto a capotavola, mia madre alla sua sinistra.
Erano entrambi molto silenziosi.
Era successo qualcosa?
«Buongiorno.» Mormorai. Spostai la sedia e mi accomodai alla destra di mio padre.
«Buongiorno, tesoro.» Disse mia madre, con voce dolce. Mio padre si limitò a fare un cenno con il capo, un'espressione imperscrutabile sul viso. «È successo qualcosa? Sembrate silenziosi...» Azzardai.
Mia madre alzò immediatamente lo sguardo mentre Dobby, seguito da altri elfi domestici, faceva levitare i piatti pieni di cibo sulle nostre teste, per poi posarli delicatamente sul tavolo.
«Tua madre mi ha fatto capire quanto quella ragazza sia importante per te.» Iniziò mio padre mentre addentavo una fetta di pane morbido.
Si schiarì la gola, poi si ricompose. «Non le faremo del male, ma non voglio che tu ti distragga a causa di una semplice mezzosangue.» Continuò, marcando l'ultima parola con un tono di disgusto. Guardai mia madre, la testa calata mentre spalmava un po' di marmellata su una fetta di pane, sembrava stanca. «Per questo motivo, io e tua madre pensiamo sia estremamente necessario che tu prenda in sposa Astoria Greengrass.» Terminò.
Rischiai di strozzarmi -letteralmente- con un pezzo di pane e mi aggrappai ai braccioli della sedia, sgranando gli occhi e coprendomi la bocca con la mano mentre tossivo rumorosamente. Guardai mio padre: il mento all'insù, come se fosse orgoglioso di sé stesso, gli occhi cupi e la mascella contratta. Guardai mia madre: la testa ancora bassa, i lineamenti tesi.
«Che cosa?» Mormorai, quando riuscii a prendere fiato.
No, non sta succedendo davvero.
«Hai capito bene, Draco. Sposerai Astoria Greengrass... dopo i vostri esami finali, naturalmente.» Parlò facendo un gesto con la mano di noncuranza, come se quello che gli usciva dalla bocca fosse del tutto normale e coerente. Ma cosa c'era di normale in tutta quella merda?
«Tuttavia, dopo il matrimonio, vorrei che le cose proseguissero in modo veloce, sai che intendo.» Un figlio? Un nipote? Ma era completamente impazzito o stavo solo facendo un brutto sogno?
«Tu... state scherzando, vero?» Balbettai, con la gola serrata. Onestamente, cos'altro avrei potuto dire? Guardai mia madre, che evitava categoricamente i miei occhi. Lei lo sapeva già? Per questo mi aveva fatto tutti quei discorsi sul voto infrangibile la sera prima? Voleva che facessi lo stesso? Io lo avrei fatto? Selene lo avrebbe fatto?
«Nessuno scherzo. Proviene da una famiglia purosangue e i suoi genitori hanno i nostri stessi ideali. È perfetta per te.» Disse, con voce sottile e pacata.
«Mamma, non dici niente?» Sbottai. Finalmente lei alzò lo sguardo, adesso sembrava triste. Gli occhi cerchiati e le labbra arricciate. «Mi dispiace, tesoro.» Mormorò. «Domani verrà a cena, chiederemo la mano alla sua famiglia.» Disse mio padre. Ecco, il mondo mi era crollato addosso un'altra volta.
Dovevo parlare con Selene, dovevo spiegarle tutto, altrimenti l'avrei persa per sempre.
E se l'avessi già persa? Magari lo sa già e mi sta maledicendo.
Merda.
«No, io... io non la sposerò.»
Mio padre mi guardò di scatto, fulminandomi con gli occhi. «Cos'hai detto?» Sibilò, a denti stretti.
Mi alzai, spostando bruscamente la sedia. «Non voglio sposare quella ragazza.» Come potevo sposare Astoria? Non la amavo, non l'avrei mai amata. Io amavo lei, avrei amato solo lei.
«Non mi sembra di averti chiesto se vuoi sposarla o meno. Io e tua madre abbiamo già deciso.»
Incredibile.
Incredibile, cazzo.
Ero una marionetta, una fottuta marionetta. «Bene. A me non sembra di avervi chiesto di scegliermi una moglie.» Sbottai. Mia madre alzò di scatto lo sguardo, i suoi occhi mi supplicavano di sedermi e di stare in silenzio.
Grazie ma no. Sono stato in silenzio per troppo tempo.
Non sposerò Astoria Greengrass, fosse l'ultima cosa che dico.
Mio padre si alzò, fece un respiro profondo mentre torreggiava su di me. Mia madre, ancora seduta, lanciava sguardi spaventati tra me e l'uomo che mi stava davanti.
«Non costringermi a...» Iniziò.
«A fare cosa? Che vuoi fare, adesso? Non ho più niente da perdere, cosa vorresti fare per obbligarmi a sposare Astoria?» Lo provocai.
Mio padre rise, una risata priva di felicità, priva di qualsiasi emozione e sentimento, una risata pungente e acida. «Tu hai la mezzosangue.» Sibilò.
Trasalii mentre un brivido mi percorreva la spina dorsale. Aveva detto che non le avrebbe fatto del male, ma avrei dovuto aspettarmi una risposta di quel tipo, era proprio il suo genere.
Fottuto bastardo. «Ti ho sempre detto che l'amore rende vulnerabili, indifesi...» Biascicò, avanzando verso di me. Appoggiò la sua mano sulla mia spalla e la strinse forte, mentre io cercavo di mantenere la calma. Il cuore mi batteva forte e non riuscivo più a regolare il respiro. Avevo uno strano sapore in bocca e pensai che avrei potuto sentirmi male, tranne per il fatto che non riuscivo a respirare abbastanza bene per poter vomitare. Si avvicinò al mio orecchio, così che mia madre non potesse sentire. «Se non sposi Astoria Greengrass, ucciderò la tua piccola mezzosangue, e nemmeno tua madre potrà farmi ragionare.»
Il cuore mi batteva all'impazzata, le gambe erano diventate molli, le unghie conficcate nei palmi delle mani mentre il sangue mi ribolliva nelle vene e pulsava nelle orecchie come un martello pneumatico. Mio padre si spostò e si accomodò di nuovo al suo posto, con estrema eleganza e superficialità, come se non avesse appena minacciato di uccidere una persona.
L'avrebbe uccisa veramente, sapevo fosse in grado di farlo. Era questo il prezzo che avrei dovuto pagare? Sposare una donna che non amavo e stare lontano da ciò che volevo veramente? Ma ne valeva la pena? Se avessi sposato Astoria, avrei potuto comunque continuare ad amare lei di nascosto. Ma a che prezzo? Non avrei potuto toccarla, baciarla, dirle quanto fossi innamorato di lei. Non avrei potuto sposare la donna che amavo davvero, non avrei potuto costruire una famiglia con lei; ma almeno avrebbe continuato a vivere. In ogni caso, c'era il voto infrangibile, ma non l'avrebbe mai fatto. Avrebbe pensato che fosse un'idea ridicola.
E poi mi odia a morte, aggiunse il mio subconscio.
Ok, bene allora.
Lei mi odia già.
Non potrebbe andare peggio.
Magari così riuscirà a dimenticarmi.
Facciamolo.

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spazio autrice.

eii, come state? spero che la storia vi stia piacendo. quasi 800 letture, grazie!
continuate a lasciare stelline e commenti.
vi abbraccio forte,
marika <3

Il coraggio di amarti || Draco MalfoyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora