Capitolo 56

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Selene

Io e Pansy non avevamo chiuso occhio. Non sapevo che ore fossero esattamente, ma
avevamo trascorso la serata a parlare. Parole su parole, stupidaggini e non. A un certo punto, però, Pansy si era ricordata di aver lasciato un libro in Sala Comune e uscì dalla stanza per recuperarlo. Fu allora che la sentii parlare con qualcuno, ma pensai si trattasse di Blaise o Daphne (amava chiedere del bambino, a volte passava ore con le mani appiccicate al ventre della nostra amica solo per sentir scalciare). Quando rientrò in stanza, dopo svariati minuti, non aveva il libro con sé, ma decisi di non fare domande. Era tardi, sentivo la stanchezza pesare sulla mia schiena e gli occhi ormai si chiudevano da soli. Decidemmo di dormire e la prima a crollare fu proprio Pansy. Ma esattamente nel momento in cui stavo per abbandonarmi al sonno, qualcuno bussò alla porta. Spalancai gli occhi, mi tirai su e controllai che Pansy stesse ancora dormendo. Poi, con una nuova paura che mi fece tremare le gambe, scesi dal letto e raggiunsi la porta. La aprii e ciò che vidi mi lasciò perplessa. Astoria era davanti a me, in pigiama, a torturarsi le unghie come fanno i bambini prima di chiedere qualcosa.
«Astoria?» La guardai, scettica. Cosa ci faceva, in piena notte, davanti la mia stanza?
«scusa se ti disturbo, ma vedi...» Abbassò lo sguardo, poi continuò. «Draco ha bisogno di te.»
Il sangue mi si raggelò nelle vene, le orecchie iniziarono a fischiare e il cuore a battere così forte da far male. La guardai come se il mondo stesse crollando davanti i miei occhi. Perché non importava ciò che Draco avrebbe detto o fatto, se avesse avuto bisogno sarei corsa da lui come sempre. Mi precipitai fuori, chiudendo la porta e marciando a grandi falcate verso il dormitorio maschile. «cos'è successo?» Astoria stava cercando di mantenere il passo con molta fatica. Non sapevo nemmeno come riuscissi ad andare così veloce. Io odiavo correre.
«è ubriaco, ha detto che vuole te.» Avevo sentito un po' di amarezza nella sua voce, ma decisi di far finta di niente. Non bussai, non esitai nemmeno per due secondi, entrai nella sua stanza e basta. Lui era seduto sulla poltrona con una bottiglia di whisky in mano e un sorriso sghembo in viso. «sei qui.» Fu la prima cosa che disse non appena mi vide. Aveva i capelli scombinati e la camicia ridotta in uno straccio, ma era comunque il ragazzo più affascinante che avessi mai visto.
«vado via, non serve che io rimanga.» Astoria parlò con voce tenue, guardava un punto preciso della stanza come se non vedesse nient'altro.
«grazie, Astoria.» Dissi, guardandola per pochissimi secondi, il tempo necessario per vederla annuire e uscire dalla stanza. L'avevo ringraziata per aver avuto il coraggio di venirmi a chiamare. Per quanto possa sembrare egoista, io non l'avrei fatto, le faceva molto onore. Mi voltai di nuovo verso Draco, adesso piegato con i gomiti sulle ginocchia e con le mani sotto il mento per reggere la testa. Sembrava annoiato. «hai visto? Siamo soli.» Disse infine, alzando lo sguardo su di me come se si fosse accorto della mia presenza solo in quel momento. «non hai niente da dirmi, Selene?» Chiese, sorridendo amabilmente. Alzai gli occhi al cielo e lui sbuffò in una risata. «io ce l'ho. Ho qualcosa da dirti, Selene.» Ripeteva il mio nome di proposito, tanto per il gusto di sentirlo scivolare tra le sue labbra.
«perché ti sei ubriacato, Draco?» Domandai, incrociando le braccia al petto e osservandolo con attenzione. Lui mise il broncio e scrollò le spalle, come se la faccenda non lo riguardasse. Sospirai, poi chiesi: «cos'hai da dirmi, comunque?»
Lui scosse la testa e gesticolò con la mano come per dirmi 'lascia stare'. E infatti, disse: «niente.»
Alzai le sopracciglia, stavo davvero perdendo la pazienza. Draco parve pensarci su per un paio di secondi. «forse che» Mormorò. «tu sei la cosa più preziosa che abbia mai avuto» Deglutì forte, vidi il suo pomo d'Adamo muoversi e la sua fronte arricciarsi -probabilmente per la nausea. «non c'è nessuno più prezioso di te.» Continuò, imperterrito.
Mi morsi l'interno della guancia per non sorridere a quelle parole. Draco si portò la bottiglia alla bocca e bevve le ultime gocce rimaste.
«dovresti metterlo per iscritto, domani lo negherai.» Dissi, fredda. Con Draco era sempre stato così, un giorno diceva una cosa e l'altro se ne pentiva e si comportava come se niente fosse. Ma quella volta non mi rispose a tono. Sorrise. Lui aveva semplicemente sorriso.
«non sarebbe certo la prima volta, vero?» Lo guardai, stizzita. Non volevo litigare, ma il fatto che lui avesse detto quelle parole da ubriaco mi faceva star male. Era davvero necessario ubriacarsi per dirmi quelle cose?
Draco annuì, curvando l'angolo della bocca in un sorrisetto consapevole. «cosa credi? Che non me lo ricordi?» Era una domanda retorica, quindi mi limitai ad alzare le spalle.
«me lo ricordo come se fosse ieri...» Si fermò e scoppiò a ridere, poi si ricompose e continuò. «tu mi odierai, è così, non c'è nient'altro da dire.» Borbottò. Rimasi interdetta. Non avevo capito una sola parola e lui se ne accorse. Lui se ne accorgeva sempre.
«hai capito, Selene?» Chiese.
«no, in realtà.»
Draco si alzò in piedi e barcollò verso la mia direzione. Lasciai che si aggrappasse alle mie spalle. Mi stupii di come riuscisse ad essere delicato anche in momenti come quello. I nostri occhi si incontrarono, poi semplicemente lo disse. Che gran faccia tosta!
«io ti amo e questo varrà per sempre, d'accordo? Ricordatelo.» Mentre lo diceva aveva portato un dito all'altezza del mio naso, agitandolo come per ammonirmi. Poi si incupì e mise di nuovo il broncio. Si staccò da me e il freddo mi colpì dritto al cuore. «io non sono un bugiardo.» Brontolò, ed io mi ritrovai a sorridere. Quel dannato ragazzo mi scioglieva ogni volta. Si insinuava dentro di me e metteva le radici. A volte credevo che fosse nato solo per aprirmi il petto e parlare col mio cuore faccia a faccia.
«sarebbe il caso che tu facessi una doccia fredda.» Volevo chiudere il discorso, lo volevo davvero tanto.
«Selene, ti ho detto che dobbiamo parlare.» Sembrava quasi esasperato. L'unica esasperata, in tutta quella situazione, ero io. Sicuramente non Draco, che preferiva rifugiarsi nell'alcol e dire scemenze.
«d'accordo, bene. Parleremo di tutto ciò che vuoi, ma prima ti fai una doccia.» Mi avvicinai di un passo e gli porsi la mano aperta, invitandolo ad afferrarla. «per favore, Draco.» Tentai.
«voglio rimane qui, c'è il letto e ci siamo noi e-»
Lo interruppi prima che potesse dire qualsiasi altra cosa. «si, certo. Prima la doccia e poi ti fai una bella dormita.»
Lui rise. «da solo?» Mi punzecchiò, afferrando la mia mano e stringendola saldamente.
«si, da solo.»
Borbottò qualcosa che non riuscii a sentire ma si lasciò portare in bagno senza obiettare. Si appoggiò allo stipite della porta mentre io aprivo il getto della doccia. Quando mi girai, notai i suoi occhi su di me, li lasciò scivolare lungo tutto il mio corpo e si fermarono sulle gambe nude. Era un semplice pigiama, nessuna scollatura, nessuna trasparenza maliziosa, ma le temperature stavano iniziando ad aumentare e avevo deciso di indossare i pantaloncini quella sera.
Mi guardò ancora per un po', ma sembrava che il suo pensiero fosse altrove. Non mi stava guardando con ardore, era come se i suoi occhi non vedessero veramente, come se fosse spento. Fu allora che mi ricordai della frase che aveva deciso di riservarmi solo una settimana prima.
Tu mi accendi.
Scossi la testa, come per svegliarmi da un sogno ad occhi aperti.
«d'accordo, ti aspetto di là.» Stavo per tornare in camera da letto quando mi prese per il polso, facendomi fermare all'istante. «rimani.» Era sciocco, ma alla fine Draco finiva sempre col pregarmi di rimanere. Ed io, stupida qual ero, rimanevo. Mi lasciò il polso ed io mi sedetti sul bordo della vasca. Cercò di sbottonarsi la camicia -con scarsissimi risultati-, così mi alzai, senza nemmeno chiedermi se fosse davvero il caso di farlo.
«lascia, faccio io.» Gli scostai le mani e iniziai a sbottonare la camicia. Quando capii che sarebbe potuta andare a finire solo in un modo, lo spinsi in doccia con i vestiti ancora addosso. Era troppo, davvero. Lo odiavo, ma questo non spegneva certo la passione. L'acqua fredda gli scivolò sulla testa, poi sulla camicia (che avevo sbottonato e che adesso era aperta abbastanza da mostrare l'addome e il petto). Il tessuto aderì al corpo, ma il culmine arrivò quando il biondino decise di gettare la testa all'indietro sotto il getto, lasciando che l'acqua colpisse il pomo d'Adamo. Ero imbambolata, inerme a quella vista angelica. Lui non poteva essere reale, era inferno e paradiso, demone e angelo, incubo e sogno, odio e amore.
Draco scelse quell'esatto momento per afferrarmi la mano e posizionarmi sotto il getto insieme a lui. I capelli mi si attaccarono alla fronte, il tessuto del pigiama aderì alle mie forme e dei brividi percorsero la mia spina dorsale. La doccia era più piccola di quanto riuscissi a ricordare, o forse mesi prima ero troppo presa dal sesso per constatare la sua reale grandezza. Rimaneva il fatto che avevo le mani appoggiate sul petto di Draco e sentivo il suo cuore battere sotto le mie dita.
«ti odio con tutto il mio cuore, Draco Malfoy.» Dissi, mentre il mio cuore sprofondava.
«perché?» Chiese, sottovoce.
E lo feci, recitai la Austen, perché io avevo sempre sognato un'amore come quello di Elizabeth Bennet e il Signor Darcy. Ma quello che successe dopo, era al di sopra di ogni mia previsione.
«anche senza il proposito di agire male o di rendere infelici gli altri, si può sbagliare e causare dolore
«bastano la leggerezza, la mancanza di riguardo verso i sentimenti altrui e una volontà debole.» Lui aveva terminato ciò che io avevo iniziato. Aveva recitato Jane Austen, lui era il mio Signor Darcy perché io ero Elizabeth, ed io ero la sua Elizabeth perché lui era il Signor Darcy.
«che cerchi di fare, Draco? Reciti la Austen dopo aver considerato il suo libro troppo prevedibile e sdolcinato, per far colpo su di me?» Lo punzecchiai.
«mi offendi, Selene.» Disse, portandosi una mano al petto, come sconcertato. Mi appoggiai alle piastrelle della doccia, ormai eravamo bagnati fradici e onestamente non mi importava. «scommetto che Magnus non sappia nemmeno chi sia la Austen.» Bofonchiò, ridendo sommessamente.
Io risi di rimando. «per te è una competizione, non è vero?»
«lui non potrebbe mai competere con me.» Avrei dovuto prenderlo a schiaffi, tirargli i capelli o lasciarlo da solo. Invece mi ritrovai a mordere il labbro inferiore per non ridere, stupida qual ero.
«lo ami?» Mi chiese, eppure sapeva già la risposta. La sua non era stata una domanda vera e propria, sapeva che non avrei amato nessun altro, voleva solo mettermi all'angolo obbligandomi a dire che no, non avrei mai amato Magnus fin quando lui fosse stato presente nella mia vita. Senza parlare, mi staccai dalle piastrelle e feci scivolare la camicia lungo le sue spalle. Lo guardai. Dopo una settimana concessi a me stessa di guardarlo come mai avevo fatto prima d'allora. Lui se ne accorse, impossibile persino per un estraneo non rendersi conto di quanto bramassi quel ragazzo. Così si avvicinò a me e lasciò che le nostre labbra si sfiorassero.
«non riesco a toglierti dalla mente, come potrei amare un'altra persona?» Mormorai e lo vidi irrigidirsi, allora continuai. «la mia anima, il mio corpo, tutto appartiene a te.»
Fu allora che le sue mani si posarono sui miei fianchi. Li strinse saldamente ed io avrei sentito dolore, se solo non fossi stata così tanto ammaliata dalle sue labbra a un millimetro dalle mie.
«so che è impossibile, ma vorrei che avessi occhi solo per me, che sorridessi solo a me, toccassi solo me, che tu fossi solo mio.» Il mio cuore avrebbe potuto uscirmi fuori dal petto e legarsi al suo, i nostri occhi avrebbero potuto fondersi, le nostre anime toccarsi. E mi baciò come se il mondo stesse per crollare, come se fosse la sua unica ragione di vita e l'unico motivo per smettere di respirare. Mi aggrappai a lui con mani instabili, come se potessi dissolvermi da un momento all'altro. Infilò le mani sotto la maglietta del mio pigiama e toccò la mia pelle come si fa con i fiori, con delicatezza e gentilezza. Alzai le braccia, invitandolo a togliermela, e così fece. Continuammo a baciarci fino a quando non fummo a corto di fiato, poi ci guardammo negli occhi e di nuovo le nostre bocche si incontrarono. Gli slacciai la cintura e la lanciai fuori dalla doccia, ridemmo. Si staccò da me e iniziò a giocherellare con l'elastico dei pantaloncini.
«domani mi odierai.» Disse, abbassandosi e baciandomi la pancia. Mugolai e lasciai che le mie dita sprofondassero tra i suoi capelli, poi dissi: «ti odio già.» E percepii il suo sorriso anche se non l'avevo visto. Sentii la sua lingua vicino l'ombelico, poi abbassò i pantaloni e decisi di guardare in basso. Lui era lì, in ginocchio davanti a me, pronto per portarmi in paradiso. Lo presi per le guance e lo feci alzare, poi lo baciai, ancora e ancora.
«mi manchi.» Sussurrò, tra un bacio e l'altro. Aveva scelto di dire "mi manchi" e non "mi sei mancata" perché sapeva che dopo ciò che avremmo fatto sarebbe ritornato tutto come prima. Io gli mancavo ancora perché non ero più la sua costante: non lo stringevo durante la notte, non aspettavo che si addormentasse, non lo baciavo ogni mattina.
Non risposi, ma a lui sembrò non importare, invece si applicò per non cadere mentre scalciava via i pantaloni. Quando fummo del tutto nudi, entrò in me senza alcuna esitazione. Le sue spinte erano disperate, mi stringeva i fianchi come se potessi sfuggirgli da un momento all'altro, mi sfiorava il collo con le labbra e mormorava parole che mi facevano rabbrividire. Tra un affondo e l'altro, mi aveva sussurrato all'orecchio ciò che non avrei mai pensato di sentire in quel contesto. «dimmi un segreto.» Gemette subito dopo, ed io mi sciolsi sotto il suo tocco.
«tu mi accendi.»
Poi, l'apice.

Il coraggio di amarti || Draco MalfoyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora