Dopo la cerimonia d'addio, trascorsa semplicemente parlando con qualche cameriere, sono tornata subito a casa. Rincontrare Kerem, era l'ultima cosa al mondo di cui avevo ancora bisogno. Lui sapeva bene chi ero, e non ha fatto nulla per avvertirmi. Ha mantenuto il silenzio e il suo gioco fino alla fine. Ho lasciato che il mio peggior nemico, avesse la meglio su di me...ma da oggi, da ora che so chi è, non la passerà mai più liscia.
Arrivo all'armadio e tiro fuori la sua camicia, tanto non mi serve più.
Mi fermo davanti allo specchio, prendo un pennarello indelebile e l'unica cosa che faccio - così che possa ricordarsi di me - è scrivere in stampatello e in modo che si capisca bene, quattro piccole parole: "Ti odio, Kerem Bürsin."Con l'aiuto di un taxi, raggiungo la casa editrice di cui ne è titolare. È la prima volta che ci metto piede ma soprattutto l'ultima. Attraverso l'ingresso con gran disinvoltura e mi faccio strada da sola dando il buongiorno a chiunque mi capiti dinanzi. Sanno chi sono, nessuno potrebbe mandarmi via.
<Signorina Evren><Kate...>
<Che bello rivederla! Ha bisogno di qualcosa?>
<Sto cercando il signor Kerem, è qui?>
<Si, certo. Niente e nessuno potrebbe smuoverlo dal suo ufficio. È una persona estremamente seria> non so perché, ma questo lo avevo già capito. La seguo lungo un corridoio vuoto e largo <Eccolo lì.> Da uno spazio fra due pareti distanti più o meno un metro, riesco ad intravedere Kerem: è chino su alcuni fogli sparsi sulla lunga scrivania e ha i pugni chiusi poggiati sullo stesso piano.
<Kate, grazie> la fermo. <Voglio essere io ad entrare per prima.>
<Siete sicura? Potrebbe non accettare questa visita improvvisa>
<Lo so.> la rassicuro con un sorriso e procedo da sola.
Gli basta la mia entrata silenziosa per distrarlo. Con lentezza, alza il capo riconoscendomi all'istante. Lo si capisce dal modo che usa per guardarmi <A cosa devo la tua presenza?> Chiede mettendosi dritto.
<Sono venuta a riportarti questa> con una mossa veloce, gliela lancio contro.
<È un bel pensiero> mormora quando la apre perché richiamato dal colore nero sparso un po' ovunque <Penso che l'appenderò in camera da letto.>
<Fanne ciò che vuoi.> gli do le spalle. Non voglio passare con lui, neanche un minuto di più.
<Anche se...> ricomicia <In genere, prima di riportarla al proprietario, si lava>
Mi fermo, stringo i pugni dandomi un pizzicotto sulla pancia per ritornare suoi miei passi: mi giro, lo guardo e lo rimbecco senza pensarci due volte: <E...in genere, prima di rovinare la vita agli altri, si pensa.>
<Stai continuando ad incolpare me? Te l'ho già detto. Non ho rifiutato io il tuo libro. Non è ciò che faccio qui. Perciò non è stato un mio errore.>
<No? Ne sei proprio sicuro?> Urlo un po' in più.
<Non è affatto nel mio stile rovinare la vita e i sogni della figlia di chi si è preso cura di me.>
<Ah, quindi se non fossi la figlia di Burke Yilmaz, non mi prenderesti neanche in considerazione?! Ho capito bene, Kerem?>
<Avanti. Cos'è che vuoi?> mi chiede posando la camicia sulla scrivania per fare qualche passo verso di me.
<Niente.>
<Se sei venuta fin qui, è perché vuoi qualcosa.>
<Non voglio niente da te.> ripeto in modo più comprensibile. Faccio per andare via, ma velocemente mi blocca il polso tirandomi a sé. È vicinissimo, i suoi occhi sono concentrati nei miei. Il suo respiro mi sfiora il viso. Odio questi attimi, accadono sempre nel momento sbagliato. Ritornare con i piedi per terra, è l'ultima cosa che voglio, ma tutto ciò di cui ho bisogno. <Anzi si> mi libero dalla presa <c'è una cosa che mi piacerebbe avere: Io voglio che qualcuno paghi per i suoi sbagli! La cosa divertente, è che mi basterebbe davvero poco, per esempio "scusa", "Mi dispiace", "proveremo a rimediare", cose così, è tanto difficile?>
<Vuoi che ti porti il colpevole per farti chiedere scusa?>
<Smettila di cercare del male in altri. Se c'è qualcuno da incolpare, quello sei tu.> provo ad uscire ma comincia a seguirmi fuori dal suo ufficio.
<Aspetta un attimo> contro qualsiasi regola del buon senso, faccio come mi chiede, però, solo quando siamo in mezzo a tutti così che non possa dire bugie <se vuoi posso pubblicarlo adesso.>
Lo fisso cercando un senso nelle sue parole <Tu lo puoi pubblicare adesso? Sei serio? Pensi che sia tutto così facile? Pensi davvero che basti così poco?>
<Capisco che può sembrarti semplice ma->
<Ma come fai a non capire?> grido. <A cosa servirebbe?>
<Potrebbe renderti felice>
<Oh...si, certo...come no.>
<È quello che hai sempre voluto. Lo hai detto tu.>
<Quindi, per avere qualcosa sarei dovuta venire prima qui dentro. Avrei dovuto fare una scenata e tu lo avresti pubblicato. È giusto?> dice di no ma non gli do tempo per continuare
<Perché non ci ho pensato prima? Che stupida che sono stata, eh? Ci voleva così poco.><Adesso basta. Mi hai stancato. Ti sto dando un'altra possibilità.>
<Be', sai che farci con la tua possibilità? Te lo dico io: Ficcatela su per il sacco socratale.> non aspetto neanche una risposta, vado via morendo dentro, sentendo un nodo in gola e un buco nello stomaco. Non dovevo venire.
Il nulla, il silenzio, una pausa dal mondo, è tutto quello che mi circonda mentre lascio ogni cosa dietro le mie spalle.
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➳𝑰𝒎𝒑𝒐𝒔𝒔𝒊𝒃𝒍𝒆[ᵁᶰ ᵃᵐᵒʳᵉ ˢᵗᵃᵐᵖᵃᵗᵒ ˢᵘˡˡᵃ ᵖᵉˡˡᵉ]
FanfictionThat way - Tate McRae Il posto sbagliato al momento sbagliato Evren Yilmaz, una ragazza che fin da piccola ha sempre amato sognare, vivere in un mondo tutto suo e vedere la vita con occhi completamente diversi dagli altri. È una ragazza semplice, un...