Istanbul, finalmente sono di nuovo al posto giusto. Ad accogliermi, c'è soltanto tanta polvere e vecchi ricordi in confusione - ma in fondo va bene anche così. Il profumo familiare mi rimette subito il buon umore, rientrare a casa, dopo così tanto tempo passato a Sinope, non sembra neanche vero.
Spesso ci pensavo, mi chiedevo come sarebbe stato ripercorrere quelle mattonelle bianche che mi hanno sorretta nei momenti più brutti e buii della mia vita: ero ancora troppo piccola per poter capire tutto quello che succedeva attorno a me, sentivo che qualcosa si stava disintegrando e non capivo cosa fino a quando mio padre non ha fatto più ritorno. Adesso mi torna alla mente ogni situazione: le visite erano sempre di meno, a tavola non si parlava, non mi dava neanche il bacio della buona notte – io non chiedevo molto, soprattutto da lui, l'unica cosa che avrei voluto davvero, era solo un padre che potesse essere definito tale.
Lascio la valigia da parte per dirigermi in camera e sedermi direttamente sul bordo del letto morbido — questo era un bel posto, ricordo che quando facevo un brutto sogno correvo qui e mi infilavo fra di loro per sentirmi al sicuro: era il solo momento in cui tutto sembrava andare bene.
Mi guardo attorno con aria sognate, è come qualche anno fa: non è stata cambiata neanche la disposizione dei mobili, persino i miei disegni sulla parete destra sono ancora vivaci, avevo 13 anni quando decisi di rendere viva questa stanza morta da un po’ — da quando ci ha lasciate indietro.
Appena riprendo l'invito per partecipare alla cerimonia d'addio dedicata a mio padre, un senso di malinconia mi pervade completamente l'animo. La voglia di rifiutare è immensa, ma quella di capire con chi ha passato tutti questi anni, di più. Sono curiosa e spaventata al tempo stesso, mi sento inopportuna e fuori luogo anche solo osservando la grafia perfetta che ha deciso di utilizzare sua moglie.
Lasciando tutto da parte per qualche minuto, raggiungo il bagno, pronta per poter cominciare a rilassare ogni muscolo di me. Mi fermo dinanzi allo specchio. Fisso i miei occhi scuri e ancora troppo vuoti, poi cado più giù, sulla camicia bianca di Kerem. Piano, pianissimo, la sbottono facendo attenzione a non romperla. La levo, la guardo a lungo, la stringo fra le mie mani e la porto al naso constatando che ha ancora il suo buon profumo - è come averlo qui, ma senza tutta quella rabbia a fargli compagnia.
Per l'occasione, scelgo un semplice abito nero, aderente sul punto vita e con gonna a ruota fino alle ginocchia. Non faccio altro che pensare a mia madre, se fosse con me, mi ripeterebbe all'infinito che sono la più bella del mondo. Mi è sempre stata accanto, vorrei chiamarla, non le ho nascosto mai nulla, ma questa volta temo di dover aspettare ancora un po’…non sono pronta a rispondere alle sue domande infinite, sono più che sicura del fatto che stia ancora pensando alle parole di Kerem. Perché gli ho permesso di strapparmi il cellulare dalle mani? Ma cosa mi passava per la testa?
Per arrivare alla location, indicata sull'invito, chiamo un taxi cercando di preparare un bel discorso d’addio, cosa che si rivela essere impossibile perché vengo continuamente bloccata dal passato che torna a farmi visita con una estrema violenza.
Non appena scendo dall’auto, ecco che mi si presenta dinanzi il mio peggior incubo: basta attraversare l'entrata per ottenere tutti gli sguardi su di me. Faccio finta di niente continuando a camminare con passo deciso verso il centro e qualcuno mi porge un bicchiere lungo e sottile. Mi giro per declinare l'offerta ma è troppo tardi, chi ha deciso di lasciarlo nelle mie mani, è già stato nascosto da una porta di persone. Lo sorreggo e procedo. Raggiungo un gruppo di persone in piedi, ferme in un angolo a parlare con una strana espressione stampata sul volto, una di quelle impenetrabili, una di quelle tra: ‘’sorrido, non sorrido‘’. I loro abiti sono meravigliosi, molto vistosi, sicuramente in perfetta sintonia con la loro aria più che superiore. Ci manca ancora qualche metro quando osservo una ragazza bionda fissarmi dalla punta dei piedi ai capelli <Oh cielo...> mormora raggiungendomi. Mi scruta arrivando fin dentro l'anima, anche quando mi è di fronte, non riesce a fermare i suoi occhi che urlano quanto io sia inappropriata fra di loro <Tu devi essere Evren Yilmaz, non è vero?> lo dice come se lo avessi scritto in fronte
<Proprio così. E tu?>
<Un’amica di famiglia, Engerek Kuchuk>
<Qualcosa non va?> le chiedo cercando di non esagerare con il tono di voce. Se c'è qualcosa che mai, e dico mai, ho potuto sopportare, è chi giudica senza neanche provare a capire. Ti guarda, ti studia, ti scruta e parla solo con lo sguardo.
<No, nulla…Pensavo di aver scritto sull'invito di seguire il dress-code>
<Si, era scritto ma io non seguo mai le regole, sa com'è, troppi dettagli.> la sua smorfia disgustata da ogni cosa che riguarda me, mi irrita particolarmente.
<Capisco...> commenta ancora con quell'aria che sembra volermi mandare via.
Fortunatamente, a spezzare il tutto è l'arrivo di un ragazzo piuttosto alto dai capelli chiari e gli occhi azzurri, le posa una mano sulla spalla, quindi mi è chiara la loro conoscenza <E lei chi è?> a differenza di Engerek, ha qualcosa che riesce a renderlo più gentile, probabilmente la sua semplicità.
<Lei è...è...> chiude gli occhi come se volesse cancellarmi dal pianeta.
<Sono la figlia di Burke, mi chiamo Evren!>
<Piacere, io sono Chris> mi dice con un sorriso caloroso. <Abbiamo fatto del nostro meglio per organizzare questa cerimonia in memoria di tuo padre. Ci teneva molto...>
<Ah si?> allora non capisco perché io non riesco ancora a crederci...e poi teneva a cosa? Alla festa o alla mia presenza?
<Bene, basta! Basta così!> Engerek si mette di mezzo <Sarai la prima, tutto quello che dovrai fare è: prendere il microfono, attirare l'attenzione e dire qualcosa di carino per Burke.> si ferma alzando lo sguardo al cielo.
<Perché lo dici in questo modo?>
<Cosa? Quale modo?>
<Come se fosse tutta una scena, una farsa.>
<U...una scena?> domanda ridendo <Ma che dici?! Una scena...?!> Ride ancora puntando alle sue quattro amiche che fanno lo stesso <Certo che no! Comunque tuo ‘’fratello‘’ o quel che è per te, sarà qui a breve, suppongo che tu voglia conoscere anche lui>
<Oooh, certo che si! Con tutto il cuore, Engerek. Non vedo l'ora.> non vedo l'ora di averlo fra le mie mani e accortocciare anche lui.
<Allora girati.> ordina. Pur contro voglia, mi giro. Riesco a fare solo un piccolo passo prima di sbattere sul petto di un uomo: <Kerem Bürsin> sentenzia fiera. La Terra mi si sgretola sotto i piedi nel momento esatto in cui realizzo di aver trascorso con lui, col secondo uomo che mi ha distrutto i sogni: un viaggio, una notte e un altro viaggio di ben 13 ore. Lascio scivolare il calice fra di noi che si distrugge all’istante. Il frastuono che crea, supera diecimila volte il caos che ci circonda obbligando tutti a guardare verso di noi. Il mio sguardo perso, passa dal basso ai suoi occhi chiari con una lentezza disarmante, persino il suo modo di indietreggiare sembra fuori dal comune.
Io e la persona che più odio al mondo, nello stesso angolo del pianeta.
Kerem…
Kerem BürsinL'arrogante, gelato, presuntuoso, carismatico miliardario…
a due passi da me.
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➳𝑰𝒎𝒑𝒐𝒔𝒔𝒊𝒃𝒍𝒆[ᵁᶰ ᵃᵐᵒʳᵉ ˢᵗᵃᵐᵖᵃᵗᵒ ˢᵘˡˡᵃ ᵖᵉˡˡᵉ]
FanfictionThat way - Tate McRae Il posto sbagliato al momento sbagliato Evren Yilmaz, una ragazza che fin da piccola ha sempre amato sognare, vivere in un mondo tutto suo e vedere la vita con occhi completamente diversi dagli altri. È una ragazza semplice, un...