32_E se avesse ragione?

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Dal momento che a scacciarmi è stato lui e ad insistere per avermi con sé, è comunque stato lui, ho deciso di accettare la sua proposta, ma ad una sola condizione: per oggi il capo sono io. Mi sembra quasi inutile dire che non l'abbia presa bene.

Lo supero non appena apre lo sportello e mi siedo direttamente al posto di guida. Il suo. O quello che generalmente sarebbe suo! Lo becco a fissarmi quando capisce che non ho alcuna intenzione di abbandonare il sediolino <Evren, mi spieghi cosa stai cercando di fare?> mi chiede cercando di moderare i toni nel modo peggiore che abbia mai visto.

<Ma certo!> gli sorrido, certa di poterlo irritare ancora. Posiziono le mani sullo sterzo e riprendo: <Scegli sempre tu per me, adesso voglio farlo io, per entrambi.>

<Okay...però lascia guidare me> prova a spostarmi. Ovviamente non glielo permetto.

<No. Mi spiace, Kerem. Non insistere. Ho detto che per una volta voglio averlo io il controllo della situazione. Sei stato tu a chiedermi di restare!> lo provoco. Non riesce a crederci, però senza obiettare ulteriormente e dopo essersi guardato attorno assicurandosi che nessuno possa vederlo, si siede al posto del passeggero. Si vede da lontano un miglio che non è sereno da quel lato. Mi preparo mentalmente per la guida <Allaccia le cinture> 

<Da quanto hai la patente?>

<Ma che razza di pregiudizio è questo? Lo avresti chiesto ad un uomo?> Inarca un sopracciglio, poi si sistema meglio mentre abbasso il tettuccio della macchina. È una bella giornata, sarebbe un peccato tenerla lontana.

<Non è semplice come sembra. Prima di tutto devi-> lo zittisco accelerando in modo quasi sproporzionato. È costretto addirittura a schiacciarsi contro lo schienale. Mi piace sentire l'adrenalina nelle vene. Se potessi, lo farei in continuazione.

<Non è la prima volta che guido la tua macchina, lo ricordi?>

<Ti ricordo che hai preso un'altra multa in meno di un mese>

<Come sei noioso> e rido perché non posso fare altro.

<Si, sono noioso e guarda avanti> ordina con voce tirata. Fisso la strada con un sorriso sadico. Non credo che possa capire quanto sia bello andare contro le regole. Ogni tanto, distruggere i limiti aiuta a prendere un po' d'aria. Kerem sembra essere troppo concentrato sul fare bella figura. Non vuole piegarsi, non vuole ascoltare e non vuole dare spazio agli altri. Si mostra forte e intoccabile, eppure ci sono delle volte in cui non ha nulla a proteggerlo. Dovrebbe imparare a riconoscerlo e soprattutto dovrebbe abbassare le sue armi più spesso. Fa male per non farsi male, ne sono quasi certa.

Come meta ho scelto un posto dove non si fermerebbe mai: un bel pub che di elegante e sopraffino non ha assolutamente niente. Già immagino la sua faccia quando lo scoprirà. Voglio che capisca una sola cosa, voglio che capisca che ciò che sembra non è mai quel è. Dietro l'apparenza c'è di più. Dietro una parete gialla e malandata, può nascondersi il paradiso!

Per il modo mio sbandato di guidare, arriviamo a destinazione dopo circa mezz'ora. Quando parcheggio fra altre auto, le guarda in modo strano.
<Che posto è questo?>

<Un parcheggio per comuni mortali, Kerem. Sei pronto?> mentre scende borbotta fra sé: "lo so bene cos'è". Mi segue fino all'ingresso evitando di commentare quello che ha attorno. Ad accoglierci c'è un uomo sulla quarantina: gentile, sorridente e molto disponibile, sicuramente diverso da Kerem ma a questo punto, mi rendo conto che chiunque sarebbe diverso da lui. Ci sediamo a tavola e prendo subito il menu. Dopo un'occhiata veloce, sono già pronta per ordinare...tuttavia, non vale lo stesso per il mio fidanzato.

<Come si fa a mangiare un panino del genere?!> domanda visibilmente confuso quando sente il mio sguardo su di sé. <Chissà quante calorie o->

<In genere, quando si viene in posti del genere non si contano le calorie.>

<Tu no, ma uno come me si. Questi panini fanno male. Dovresti evitarli anche tu>

<Tutte le cose più buone, fanno male. Ma tu cosa ne puoi sapere?! Le tieni a distanza come se potessero ucciderti.>

Abbassa il menu per cercare i miei occhi. <Qualcosa mi dice che non è una frase detta a caso>

<Be'...ti sbagli> gli mostro la pagina che mostra le piadine <Quale scegli?>

<No, prenderò dell'insalata.>

<Sei serio?> non mi risponde perché lo ordina direttamente al cameriere lasciandomi da sola a chiedere una piadina con cotoletta e patatine fritte! <Non sai cosa ti perdi!> Gli dico una volta rimasti soli.

<Le calorie>

<Mh...certo che sei fissato, eh!> Ride. Lo fa davvero. Mi guarda e ride. È una risata che di cattivo non ha nulla. Non mi sta prendendo in giro. Non mi sta provocando. Non sta facendo nulla per farmi innervosire. Ride. È una risata breve ma vera. È spontanea. È rilassante. È bella e vorrei poterla riascoltare ancora.

Il cibo ci arriva dopo un lasso di tempo ragionevole. Intanto continuamo a parlare, gli chiedo del lavoro perché riconosco che si tratta dell'unico argomento che lo interessa, aggiungo anche la nostra promessa, giusto per ripetere qualche passaggio. Vorrei riproporgli un viaggio da fare assieme ma non credo che sia l'ideale. Fra noi anche se tutto sembra andare bene, non si è mai sicuri del tempo...voglio dire: potremmo partire da Istanbul col sorriso e mettere piede lì odiandoci.

Il suo cellulare comincia a squillare. Legge ad alta voce il nome di Engerek. Vorrei ricordargli che siamo a tavola e che il cellulare non dovrebbe usarlo, però resto zitta. Mentre lo guardo parlare con lei, mi vengono in mente le parole della signora Aydan. Ha esplicitamente detto che quando erano insieme, lui era felice! E non posso dire il contrario. Lo vedo bene quel sorriso che gli spunta quando sente la sua voce. Probabilmente è vero, ha ragione, è ancora innamorato di Engerek ed io dovrei farmi da parte.

Stacca la chiamata. Perde l'appetito e su mette in piedi <Dobbiamo andare>

<Ma siamo qui da così poco!>

<Evren...>

<Oggi non puoi decidere tu. Abbiamo fatto un patto.>

<Lo rimandiamo. Adesso dobbiamo andare>

 ➳𝑰𝒎𝒑𝒐𝒔𝒔𝒊𝒃𝒍𝒆[ᵁᶰ ᵃᵐᵒʳᵉ ˢᵗᵃᵐᵖᵃᵗᵒ ˢᵘˡˡᵃ ᵖᵉˡˡᵉ]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora