EVREN YILMAZ
<Evren...> lo sento chiamarmi, ma fingo di non sentirlo, allora mi chiama di nuovo. Ricevendo la stessa attenzione, decide di sedersi al mio fianco. In un primo momento, non dice niente, si limita ad osservare il panorama che si vede da qui, poi si fa avanti: <Stai bene?><Perché hai permesso che mi trattasse in quel modo?> mi giro a guardarlo. Ancora una volta, sono costretta a trattenere le lacrime che minacciano ardentemente di venire fuori. È sempre stato così: rabbia=pianto; <Ti piace vedermi umiliata da tua madre? È proprio come te: Una macchina senza sentimenti.>
non mi piace dover parlare così di Aydan, né di lui, però lei non si crea alcun tipo di problemi per screditarmi come se neanche fossi un essere umano e Kerem, non ne parliamo proprio. <Non capisco neanche perché mio padre si sia innamorato di Aydan> o perché io continui a stare al tuo gioco!<Forse non erano così diversi come credi. Tuo padre non era un santo e mia madre...>
<Non provare a difenderla.>
<Non lo farò> mi prende la mano. Resto immobile sotto il suo tocco delicato. <Ho preso una cosa per te> lo vedo estrarre dalla tasca dei pantaloni, una scatolina rossa e da essa un anello argentato: È molto sottile e al centro c'è un solo piccolo diamante. Bello, semplice, d'effetto, proprio come piace a me.
Cerca costantemente il mio sguardo, un po' come se volesse avere la certezza, il permesso, dai miei occhi. Con delicatezza, me lo lascia scivolare lungo l'anulare. Credo di avere gli occhi lucidi e luminosi — il mio primo vero anello di fidanzamento <Non posso rifiutarlo, vero?> domando giocherellando con esso per osservarlo meglio.
<Esatto.> si mette in piedi aiutandomi a fare lo stesso. <Meglio rientrare> Certe volte, quando lo guardo, mi capita di non sapere chi ho al fianco: prima è ghiaccio, l'attimo dopo fuoco, mi manda fuori di testa, riesce a mettermi il buon umore con poco, con così poco da renderlo insopportabile; sembra che sappia ogni punto da toccare per farmi tornare in carreggiata. Potrei allontanarmi migliaia di chilometri, eppure, mi basterebbe solo un secondo, per ritornare sui miei passi.
Per tutto il tempo, Kerem mi resta quanto più vicino possibile ed è a questo punto che mi rendo conto del suo anello col mio nome inciso su. Lo studio senza dire nulla ma, a quanto pare, non sono l'unica a notarlo.
<Awh...vi siete scambiati gli anelli?!> chiede mia madre, indicandoli con disprezzo.<Oh cielo! Ci voleva solo questo> commento con lo stesso entusiasmo morto anche la signora Aydan.
<Si parla molto di voi due>, interviene il padre, prima di mettere in bocca un'altra forchettata. Non parla molto, ma almeno, quelle poche volte in cui decide di dare aria ai suoi polmoni, lo fa aggiungendo un sorriso. <È difficile entrare nel cuore di Kerem. Quando mi ha detto di essersi fidanzato, quasi pensavo che avesse messo su una recita per convincermi a non distruggere l'azienda> Ride. Per poco non affogo con un po' d'acqua che ho ingoiato male.
<Mh> mi pulisco la bocca cercando di riprendermi il prima possibile. Rido, rido in modo innaturale, perché non posso fare altro. <Una recita? Chi metterebbe in atto una recita per presentare la propria ragazza al padre?> mando un'occhiata veloce a Kerem, così che possa dire qualcosa.
<Già! Chi potrebbe?> Con un piccolo calcio al piede da parte mia, lo obbligo ad essere più convincente <Nessuno!> Guardo mia mamma, che sembra stia contando il cibo pur di non mettersi in mezzo, fortemente provocata dalla sua arci-nemica: Aydan, ex fidanzata del suo ex marito e come se non bastasse, madre del mio fidanzato; una bomba praticamente.
<Proprio per questo ci ho ripensato. Mio figlio non farebbe mai una cosa del genere.> e ride di nuovo.
<No...mai...> rispondo pur sapendo bene la verità. Forse non ci capisco niente di snob, uomini nati con la camicia o con la puzza sotto il naso, ma sono più che certa del fatto che il signor Alptekin, non sembri per niente sorpreso di vedere me. Non ha abbozzato neanche una parola per sminuirmi. Non ha criticato il mio modo di camminare, né la mia vicinanza a suo figlio. Possibile che lui pensi che sia io, la donna perfetta per Kerem?
Il discorso continua parlando di cose inutili. Alzo lo sguardo verso il mio finto ragazzo e dopo poco, i suoi occhi chiari mi vengono incontro. Credo di essere tutta rossa, ma il modo in cui mi guarda, mi fa capire che non sono sola.
Che qualsiasi cosa dovesse succedere adesso, non mi lascerebbe cadere.
Il resto della serata trascorre in maniera molto tranquilla. Trovo del tempo anche per presentare Crux, con l'unico scopo di far capire ai suoi che Kerem non è così male come si dice in giro, né così distante dalla vita — d'altronde è stato lui a scegliere il nome del cane.
Quando finalmente vanno via e chiudo la porta poggiando le spalle vicino, posso tirare un sospiro di sollievo: la casa è ancora intatta. Kerem mi aiuta a sparecchiare senza rivolgermi la parola, però è qui e questo può bastarmi. Dopo circa mezz'ora salgo al piano di sopra per mettermi il pigiama. Rigiro fra le mani il regalo che ho comprato questa mattina per lui. Durante la cena, è stato precisato che non gli piacciano i regali, per cui non so se conviene rischiare. Butto un'occhiata all'ora. Poi a Crux che dorme in un angolo. Prendo un bel respiro e scendo: o la va, o la spacca. Non ho altre opzioni a disposizione.
Mi affaccio in camera da letto, ma non c'è. Allora arrivo al suo studio, la porta è aperta, la luce accesa. Resto a spiarlo da qui, perché quando non può guardarmi, è l'unico momento in cui posso farlo io; ho il cuore che batte forte e le gambe già molli. Nulla che prometta bene.
<Ehi!> lo chiamo restando sulla soglia. Si gira piano e sfodera un piccolissimo sorriso.<Ehi...>
<Non dormi?>
<Tra un po'. Ho ancora un paio di cose da completare. E tu? Perché sei ancora sveglia?> chiede guardando l'orologio.
<Perché volevo darti questo> gli mostro il pacco. Ride scuotendo la testa e spegne il tablet per dedicarsi a me. Mi sento quasi onorata ma non glielo farò notare.
<Cos'è?>
<Scoprilo> mi guarda. Non sembra un tipo a cui non piacciano i regali, anzi. Lo scarta con cura e non appena nota la figura sullo scatolo, sfodera un sorriso a 32 denti. <È un mondo di stelle> gli tengo presente <Ogni volta che vorrai, potrai inserire la presa e avere l'universo nella tua stanza. Così, quando l'accenderai non potrai fare a meno di pensarmi>
<Allora...sarà una vera tortura> e ride <È bellissimo. Grazie, Evren.> lo lascia sulla scrivania, temporeggi restando in silenzio, poi da un cassetto estrae una busta bianca <Per te.> anche se con una certa incertezza, l'afferro.
<Per me? Un altro regalo?> ho già gli occhi che luccicano. Mi siedo sulla sedia che ha al fianco e con una lentezza disarmante la apro non riesco a crederci. <Ma...Kerem!> lo tiro fuori stringendolo con le mani <È proprio lui.> sclero mettendomi in piedi <Oh. Mio. Dio. Oh mio Dio, Kerem. Non posso crederci, grazie> saltello sul posto senza poter contenere l'emozione.
<Ho pensato che se te lo avessi comprato prima, lo avresti indossato subito. Così l'ho preso di nascosto> trattenendolo ancora in mano, mi lancio a capofitto su di lui per abbracciarlo. L'unico a stringermi è il suo buon profumo. Resta di pietra fra le mie braccia esuli. Non dovrei, ma non riesco ad evitarlo. Resterei così per ore. È caldo e sto bene quando gli sono vicina.
È una specie di medicina contro il mal umore. Con una parola mi distrugge e un'altra mi risana.
Forse per lui non sarà così...
Forse non sarò io a farlo stare bene.
Forse non sarò io la persona a cui pensa prima di andare a letto.
Forse non sarò io la donna che riesce a completarlo.Forse è così...
ma lui completa me.
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➳𝑰𝒎𝒑𝒐𝒔𝒔𝒊𝒃𝒍𝒆[ᵁᶰ ᵃᵐᵒʳᵉ ˢᵗᵃᵐᵖᵃᵗᵒ ˢᵘˡˡᵃ ᵖᵉˡˡᵉ]
FanfictionThat way - Tate McRae Il posto sbagliato al momento sbagliato Evren Yilmaz, una ragazza che fin da piccola ha sempre amato sognare, vivere in un mondo tutto suo e vedere la vita con occhi completamente diversi dagli altri. È una ragazza semplice, un...