21_Tre pietre

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La spiaggia che si estende davanti a noi, è immensa. Ci sono già stata altre volte quando ero più piccola. Da quel che ricordo, non è cambiato ancora nulla; solo che adesso ho qualche anno in più e a tenermi compagnia non è mia madre, bensì: Kerem, colui col quale non avrei mai neanche pensato di scambiare parola e invece mi ritrovo ad essere la sua "finta fidanzata".

Quando mi giro a cercarlo, lo trovo col cellulare all'orecchio per organizzare il lavoro con Kate. Ci sono volte, in cui vorrei tanto avvicinarmi a lui, prendergli quel danno cellulare e lanciarglielo nell'altro capo della città. Sono sicura che si sentirebbe meglio. Non lo ammetterebbe, però starebbe meglio, lo so. Me lo sento.

Mi inginocchio per levare le scarpe e infilare i piedi in acqua mentre addento la mia piadina calda. L'acqua è un po' fredda, ma nulla che non si possa sopportare. Faccio qualche passo da sola guardando la luna piena, è così bella che non vedo l'ora di parlarne con Kerem. Dopo qualche minuto, quando non lo sento più parlare, mi volto e questa volta è intento a scrivere messaggi.
<Ehi!> lo chiamo a voce alta per farmi sentire. <Non vieni? L'acqua è bellissima!>

<Si? Vai avanti, poi ti raggiungo!> non lo farà, non ha nemmeno preso la sua di piadina per cenare.

<Non ti sei neanche guardato attorno.> gli faccio notare sperando che così possa mettere in tasca il cellulare e soprattutto il lavoro.

<Questo posto lo conosco a memoria> si limita a dire continuando a scrivere.

<Ciò che dite è davvero stupido, signor Kerem.> cerco di provocarlo perché in fondo credo di star iniziando a capire il suo modo di ragionare: sentirsi sbagliato o giudicato, non è di certo una cosa che lo rassicura.

<Stupido?> chiede alzando lo sgaurdo per posarlo nei miei occhi scuri.

<Già. Non si può conoscere a memoria un posto. C'è sempre qualcosa che cambia!> rivolgo del tutto le spalle al mare per allargare le braccia, ora che è completamente concentrato su di me <Guarda anche tu...Le nuvole sono sempre disposte in questo modo? La luna è sempre così grande? E le stelle? Il movimento delle onde?> Scuoto di poco la testa <Allora? Ti sembra uguale alle altre volte?>

<No.> mi lascio sfuggire un sorriso quando si guarda finalmente intorno <Hai ragione. Il mare ha cambiato colore.> e grazie a queste poche e semplici parole, quella leggera curva verso l'alto mi si gela. Sbuffo arrendendomi. Ci ho perso le speranze, ormai.

<Sei noioso. Ecco un altro problema: ti sforzi così tanto per pianificare i secondi della tua vita, che alla fine non ti godi niente. Ed è un peccato.> speravo che dopo questo, lasciasse tutto da parte per dedicarsi a me o almeno a lui, invece, riprende a lavorare. Anche se volessi continuare la serata in sua compagnia, non è quello che vuole lui. Dopo aver percorso il lungo mare da sola, mangiato e osservato le stelle, torno indietro. È seduto e questa volta, fra le mani, ha addirittura il tablet.
<Ma non ti rilassi mai?> chiedo fermandomici davanti.

<Il lavoro mi rilassa.> mi siedo al suo fianco. Sono così vicina a lui, che non riesce a continuare. Non si gira verso di me, ma sento che vorrebbe farlo.

<Posso farti una domanda?> spegne il tablet posandolo dall'altro lato, probabilmente per non farmi leggere. Porta le ginocchia verso il petto per poggiarci le braccia su e guarda dritto davanti a sé. Deduco che questo sia un si <Sei mai stato innamorato di Engerek?> ruota la testa verso di me. Mi guarda stringendo lo sguardo, quasi a voler decifrare le mie parole <Oppure...hai mai avuto paura di ferire una ragazza per la quale ci tenevi molto?>

<Perché me lo chiedi?>

<Non hai risposto alla domanda>

<Neanche tu...> portare avanti questo discorso mi sembra abbastanza inutile, e come sempre, si passa avanti:

<Sai? Quando avevo 12 anni, mia madre mi portava sempre qui, proprio in questo punto: a 30 passi dalla riva del mare.> Mentre ne parlo, sembra di rivivere quei momenti come se stessero accadendo adesso <Prendevamo tre pietre ciascuna. Le più curate e rotonde> comincio a cercarle per entrambi.

<È questo il posto di cui parlavi prima? "Tre pietre"?>

<Esattamente. Tre pietre, tre desideri.> appena gliene lascio tre sul palmo, se le rigira in mano, scettico. <"Tre pietre" si può trovare ovunque. È ogni posto dove si sta bene! Dove vuoi ritrovare la speranza e quindi lo fai chiedendolo al destino.> quando mi giro per capire se mi sta seguendo, lo trovo a fissarmi <Avanti. Lanciale. Se ci credi davvero, prima o poi si avvereranno. Un po' come per le stelle cadenti.> chiudo gli occhi per iniziare <Esprimi un desiderio.> mi raccomando euforica pensando al mio. Lo faccio per tre volte: penso a qualcosa di bello e lancio. Quando riapro gli occhi, Kerem è ancora fermo con le pietre in mano <Che fai? Te le proti a casa?>

<Preferisco conservarle per quando avrò desideri più forti.> suppongo che farsi vedere mentre lancia pietre, non rende di lui, l'immagine più seria del mondo.

<Come vuoi.> preferisco non insistere, però lo vedo mentre le mette in tasca.

<E...senti, Evren! Tu hai detto di essere una veterinaria.>

<Si. È così. Anche mia madre lo è. È stata lei ad insegnarmi tutto quello che c'è da sapere sugli animali. Basta guardarli negli occhi per capirli. Non possono mentire. Se non gli piaci, non gli piaci e basta. Sono un po' come i bambini: teneri e speciali. Ognuno ha la propria caratteristica e sono tutti fantastici. Abbiamo uno studio a Sinope, ma alla notizia di mio padre non ci ho visto più. Venire qui, era l'unica cosa che volevo. E mi odio.> gli occhi cominciano a bruciare un sacco. Definire la sua espressione, è impossibile. <Ormai non c'è. È troppo tardi. A cosa servirebbe pubblicare il mio libro?> mi fermo perché sento la mia voce tremare <Ho sbagliato tutto.>

<Non dire così. Tuo padre ti amava.>

<Mi amava?> rido fra le lacrime <No. Lui non lo ha mai fatto. Ma tanto che importava? Io ero pronta a ricominciare da capo. Volevo fargli vedere di cosa ero capace. Volevo che mi guardasse con ammirazione, come io facevo con lui. Volevo che mi tenesse la mano nei momenti peggiori. Volevo amore...e alla fine, è andato via senza neanche abbracciarmi> una lacrima leggera, solca la mia guancia sinistra. <Dovevo essere qui tempo fa. Avrei potuto sistemare ogni cosa.>

<Non è colpa tua. Saresti potuta venire anche anni fa, non sarebbe cambiato niente perché Burke è troppo orgoglioso per ammettere i suoi sbagli.>

<Non è vero. Io sono sua figlia.> sbotto.

<Proprio per questo. Tu saresti venuta pretendendo delle scuse per poter ricominciare. Ma lui non ti avrebbe mai chiesto scusa. Lo conosco proprio come lo conosci tu. E lo sai che non sarebbe andata bene. Lo sai perfettamente, Evren.>

<Per lui non sono mai esistita>, farfuglio. Ogni ricordo bello, non riguarda noi. E fa così male.

Posa delicatamente una mano sulla mia coscia, come se volesse darmi forza. Anche se trovo inappropriato il suo gesto, non faccio niente per allontanarlo. <Questo non è vero. Te lo posso assicurare.>

Kerem, è una specie di tranquillante. Mi fa innervosire e dare di matto, ma è l'unico che potrebbe calmarmi.

 ➳𝑰𝒎𝒑𝒐𝒔𝒔𝒊𝒃𝒍𝒆[ᵁᶰ ᵃᵐᵒʳᵉ ˢᵗᵃᵐᵖᵃᵗᵒ ˢᵘˡˡᵃ ᵖᵉˡˡᵉ]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora