45.Lontanissimo

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Asciugo frettolosamente le lacrime e passo poi la manica della maglia sotto la punta del naso. Butto fuori l'aria con uno sbuffo. Cerco di mettere a fuoco quello che mi sta attorno. Devo essere forte, più forte del dolore che provo!

Sono troppo confusa e non capisco dove sia mia madre. Non so cosa fare con mia cugina e non so neanche come comportarmi con Kerem. L'unica cosa che sento di sapere per certo è che vorrei sparire: vorrei allontanarmi da tutti questi pasticci e continuare a modo mio per un bel po'. Basta bugie! Basta accontentare gli altri. Basta lacrime! Ora ci sono io.

Ma che ci faccio qui?

Sgattaiolo nella mia stanza. Jo sta ancora dormendo nonostante le mie grida, per cui prendo silenziosamente la borsetta nera e in punta di piedi raggiungo il retro della casa. Mi guardo un'ultima volta le spalle e dopo essermi assicurata di non avere occhi addosso inizio a correre velocissima. Dopo pochissimo sento il naso bruciare e il vento entrarmi nelle ossa con così tanta furia da fare male.

Continuo ad andare lontana cercando di mantenere il passo. Devo fuggire da tutta questa storia che per adesso non è altro che caos e non sono in grado di gestirlo.

Scappare non è mai l'alternativa giusta eppure adesso non ho altre idee in mente. In men che non si dica mi ritrovo a correre su un marciapiedi più che deserto, ho il fiatone a mille e sento il cellulare squillare. Le gambe ormai si muovono da sole e mai mi sono sentita così libera.

Voglio staccare la presa.

Voglio andare lontanissimo.

Voglio tornare a casa: a Sinope!

Voglio continuare a vivere...ma come dico io!

Doveva pubblicare il mio libro, soltanto questo doveva fare e ancora non so se lo ha semplicemente iniziato a controllare. Doveva fare solo una cosa e invece mi ha strappato il cuore. Mi ha dato della ladra e non mi ha ancora chiesto scusa. Ha preteso un viaggio verso chi sa dove per finire in prima pagina e ancora non mi ha chiesto scusa.

Più corro più sembra di averlo di fronte mentre mi manda via.

E ogni tanto sembra persino di sentire la sua risata o di rivivere quel bacio. E mentre mi accorgo di quanto amore ci ho messo anche solo per lasciarlo al caso, la vista mi si sfoca ulteriormente. Di nuovo.

Un dolore al ventre mi obbliga a fermarmi e quando lo faccio non so più dove mi trovo. Sono certa soltanto di avere le mani appoggiate ad una parete e il respiro corto.

Cerco di riprendermi quanto prima così da entrare in un bar poco distante. È piuttosto elegante come posto, diciamo quasi fuori dalla mia portata ma devo mangiare qualcosina. Mi butto dentro trovandomi a dover creare dello spazio con delle spallate a destra e a manca. Ci sono solo uomini con giacca e cravatta - non posso far a meno di pensare che per Kerem sarebbe stato come se fosse a casa.

Per raggiungere il bancone ci metto un po' più di tre secondi ma per lo meno mi siedo su uno sgabello nero opaco e il cameriere non mi fa aspettare molto prima di venirmi in contro.

È alto, biondo e con un bel sorriso smagliante, probabilmente per lavoro.
<<Buongiorno, signorina Evren. Come posso esserle d'aiuto?>> in questo momento non mi stupisce neanche il fatto di sentire il mio nome uscire dalle labbra di uno sconosciuto.

<<Buongiorno...vorrei un cornetto a crema, per favore>>

<<Certamente, basta così?>> annuisco e lo osservo andar via fino ad incrociare lo sguardo di un altro ragazzo sulla trentina che decide di tenere fermi i suoi occhi nei miei. Provo a decifrare le sue intenzioni ma dopo aver controllato lo schermo del cellulare si mette in piedi, sistema la giacca grigia, il ciuffo e si incammina verso di me.

Con un solo colpo mi rigiro in avanti sperando che non venga qui e maledico l'esatto istante in cui ho deciso di guardarmi attorno. I pensieri a questo punto sono miliardi e quelli positivi si possono contare sulle dita di una mano.

<<Posso accomodarmi?>> non rispondo, tuttavia questo silenzio non lo ferma. <<Sono George>>, continua <<George Black, un veterinario>> ammette lasciandomi un biglietto da visita davanti. Sarei molto tentata nel dargli corda ma non posso permettermelo dato che potrei essere spiata da qualsiasi angolo e finire in copertina o addirittura in carcere, che non è un'opzione da eliminare <<Non ti va di parlare?>> stringe le labbra <<Sembra che tu sia scappata di casa>>

<<Chi ti dice che non è così?>>

<<Come prego?>> ruoto il corpo completamente verso di lui ricreando una risatina divertita per sviarlo.

<<Sto scherzando!>> Esclamo in modo piuttosto convincente. <<George, scusami...non è che dopo potresti darmi un passaggio?>>

<<E...dove vorresti andare, sentiamo?>>

<<Devo raggiungere l'aeroporto>> e così, fra una chiacchiera e l'altra, un cornetto e un po' d'acqua, mi lascia sana e salva a destinazione.

Trovarmi in posti tanto grandi è quasi all'ordine del giorno ma questo non significa che io sia in grado di orientarmi. Nonostante tutto, con l'aiuto del cellulare e qualche indicazione raggiungo l'aereo.

È enorme e ho la pelle d'oca. Ripeto mentalmente di esserci quasi, mi dico chiaramente che questo è l'ultimo passo e finalmente potrò vivere serena senza dover per forza essere immortala per ogni passo. Questa banale idea mi convince talmente tanto da farmi entrare dentro trovandomi immersa in un silenzio tombale, è così silenzioso da mettere i brividi. Senza voler alimentare le mie paranoie vado avanti e una mano che mi si posa sulla spalla mi fa sobbalzare di brutto <<Vuoi davvero partire senza di me?>> Con uno scatto mi giro e in un nano secondo mi rendo conto di essere nello stesso aereo di Kerem. Il suo sorriso beffardo per poco non mi destabilizza. Con forza levo la sua mano dal mio corpo e faccio un passo indietro per aumentare le distanze.

<<Come hai fatto a trovarmi?>> porta il suo sguardo alle mie mani e con velocità prende in custodia il biglietto da visita.

<<George Black>> sentenzia mostrandomelo.

<<Non capisco>>

<<Evren>> ansima facendosi più vicino

<<Evren>> ansima facendosi più vicino

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<<ti ho detto che sarà l'ultima volta. Perché continui a scappare da me?>>

<<Perché sono stanca, Kerem.>>

<<Di cosa?>>

<<Di tutto questo!>> spalanco di poco le braccia <<Lo hai visto anche tu. Non posso fidarmi di nessuno. Sono costantemente sotto i riflettori e sulla bocca di tutti. Io non sono come te. Non è questa la mia vita. Lo sai benissimo>> creo un po' di spazio per tornare indietro.

<<Evren?>> continuo imperterrita verso la meta <<Evren? Dove stai andando?>>

Mi dirigo all'uscita ma le porte sono già chiuse e lo stomaco mi si contorce. Sento il suo sguardo vittorioso su di me e storcio il naso rilassando tutti i muscoli. Bene... <<Immagino di non avere altra scelta>> e chissà...forse neanche la volevo perché è innegabile: stare lontano da Kerem mi fa stare bene, ma averlo al fianco mi fa stare meglio. Lo guardo incrociando le braccia al petto mentre infila le mani in tasca e si dondola sul posto con fare più che soddisfatto.

Vorrei sorridere, vorrei correre da lui e abbracciarlo ma non posso. Non sarebbe giusto. E allora niente, allora decido di prendere posto il più lontano possibile così da lasciar scemare quest'idea che tanto mi confonde.

 ➳𝑰𝒎𝒑𝒐𝒔𝒔𝒊𝒃𝒍𝒆[ᵁᶰ ᵃᵐᵒʳᵉ ˢᵗᵃᵐᵖᵃᵗᵒ ˢᵘˡˡᵃ ᵖᵉˡˡᵉ]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora