9_Incompatibili

340 21 0
                                    

<Tu…> è l’unica cosa che riesco a sussurrare per spezzare il silenzio che ci stringe in un vortice senza fine.
Non riesco a crederci. <È uno scherzo, vero?>

<A te sembra uno scherzo?> alza di poco la voce. Le ragazze più vicine ridono di me e questo, di certo non mi uccide sul colpo.

<È davvero l’unica cosa che riesci a dire? Eh? Kerem Bürsin…> il suo nome mi esce di bocca con così tanta amarezza da non poter passare inosservato.

Avvicina le sopracciglia, visibilmente confuso, poi alza le mani in segno di resa <Già sai quello che penso.>

<Posso immaginarlo.> Vorrei tanto poter contenere la frustrazione e lasciare lo show ad un altro momento, ma la verità è che non sono mai riuscita a fare la cosa giusta <Aspettavo questo momento da circa 10 anni. Ma come ho fatto a non capirlo prima? Dovevo saperlo, eri così uguale a quello che mi avevano descritto: freddo, distante...> lo guardo ignorando i mormorii che ci sono attorno, anche perché potrei pentirmi di ogni parola <Non so chi sei, è vero...ma ti conosco abbastanza da poter dire che le tue idee, non sono le uniche perfette in questo mondo. Però tanto a te cosa importa! Non conosci altro che i tuoi progetti, gli affari e i soldi. Sai? Ora ti dico una cosa, oltre te esiste dell’altro, esistono altre idee, altri pensieri che muoiono dalla voglia di essere urlati a squarciagola, eppure tu non dai loro alcun modo di farlo, perché non siamo te.> ho le lacrime agli occhi. Quando faccio un passo indietro, mi rendo conto che continuare a sbraitare davanti a tutta questa gente, non sia l’ideale; il mio scopo non è quello di finire su testate giornalistiche passando per una pazza psicopatica che durante la cerimonia d'addio del padre, aggredisce un perfetto sconosciuto — perché è questo ciò che è. L'unica cosa che vorrei, è ricordargli di aver distrutto sogni che non gli appartengono.

Lo sapevo di dover restare a casa.

Vedo Kerem venirmi in contro, decifrare la sua espressione è alquanto complicato in questo momento, mi prende il braccio e poi la mano con forza, chiedendo agli altri di continuare ad intrattenere gli ospiti. Lascio che in silenzio stampa, mi porti con sé, lungo il corridoio più deserto e comunque ben illuminato dai lampadari in cristallo. 

Ci fermiamo l'uno di fronte all'altra, a dividerci ci saranno poco più di dieci centimetri e la tensione che si sta venendo a creare, mi spinge a prendere iniziativa dimenticando quello che sono riuscita a combinare in meno di due minuti: <Cos'altro vuoi?> domando con tono di rimprovero, incrociando le braccia al petto.

<Hai per caso deciso di perseguitarmi? Di rovinarmi la vita?>

<Ah, sarei io a star rovinando la vita a te? E tu cosa credi di aver fatto con la mia?> mi fissa come se volesse saperne di più e ovviamente continuo <Tu lo sapevi. Non è vero? Tu sapevi chi ero, lo hai sempre saputo!> Abbassa per qualche secondo lo sguardo alle mie mani che si massacrano in bella vista, poi ributta i suoi occhi chiari nei miei - scuri e ancora smarriti. <È per questo che hai deciso di portarmi a casa con te>

<È probabile> sbuffo incredula; quante possibilità c'erano che in quell'aereo, trovassi proprio lui? <L'ho capito appena siamo atterrati a Los Angeles, i tuoi occhi sono identici a quelli di Burke.> Quando allontana la camicia bagnata dalla sua pelle, mi risalgono i sensi di colpa.

<Comunque...se non fossi comparso così, all'improvviso, non sarebbe successo niente. È colpa tua.>

Ride buttando di poco la testa indietro 
<Certo, avevo dimenticato che per te è sempre colpa mia> esterna con un certo fastidio. 

<Esattamente. Tu sei come mio padre. Mi hai ostacolata. Hai fatto tutto ciò che ha già fatto lui.>

<Continuo a non capire. Spiegati meglio!>

 ➳𝑰𝒎𝒑𝒐𝒔𝒔𝒊𝒃𝒍𝒆[ᵁᶰ ᵃᵐᵒʳᵉ ˢᵗᵃᵐᵖᵃᵗᵒ ˢᵘˡˡᵃ ᵖᵉˡˡᵉ]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora