25_La mia parola è d'oro

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<Credo che tu abbia sbagliato strada...> fisso la nostra casa mentre la superiamo a gran velocità <Kerem!> mi giro verso di lui <Kerem, dove stiamo andando?>

<Tu non preoccuparti.>

<E allora dimmi perché qualcosa mi spinge a farlo!>

<Dobbiamo prima fare una cosa.>

<Fare cosa? Non voglio vedere altri paparazzi.> alzo di poco la voce.

<Ti ho detto di stare calma, che poi ti viene l'affanno e devo portarti al pronto soccorso> accenno una mezza risata nevrotica al suo tono più che serio e altamente fastidioso. Devo ammettere che sa come farsi odiare in meno di pochi minuto. Dovrebbero dargli un premio Oscar per quanto sia bravo a tenermi sulle spine.

<Ora ti diverti a prendermi in giro?> butto la schiena allo schienale incrociando le braccia al petto <L'altro giorno, per colpa tua, mi stava vendeno un infarto. Sai bene che non sono come te> di nuovo quel sorriso malizioso. Non lo sopporto. Non mi piace andare in giro senza prima sapere dove. Provo con tutta me stessa a non tartassarlo di domande — poiché  potrebbe lasciarmi in mezzo alla strada da sola, e sarebbe addirittura peggio, dal momento che potrei essere accerchiata da gente sconosciuta con in mano macchine fotografiche e microfoni.

Il viaggio non dura molto. Parcheggia la sua macchina in uno spazio piuttosto nascosto, il che mi incuriosisce e non poco. Lo seguo restando più dietro così da provare a studiare quello che mi circonda. Passiamo attraverso un cancello dorato, dalle dimensioni disumane. È come entrare in un'altra dimensione: è un posto circondato dal verde, tante piscine, macchine, pilastri, qualche decorazione, un gazebo adornato da veli, e quant'altro. C'è una tranquillità assurda. In lontananza vedo anche dei cavalli. Potrebbe pur essere un bel luogo dove trascorrere la notte, se solo mi potesse dire di più.

Più ci avviciniamo alla destinazione, al vetro, alla casa, più capisco che c'è qualcosa che non va. <Adesso puoi dirmi dove siamo?>

<Certamente> suona al citofono <ti faccio conoscere mia madre!> Sgrano gli occhi perdendo un battito.

<No. È troppo presto, Kerem!>

<Presto?> Ride di gusto facendosi più vicino <Ho parlato con tua madre dopo neanche un giorno. Mi sembra giusto che tu conosca la mia prima del fidanzamento ufficiale.>

<Non ci sarà nessun fidanzamento ufficiale e poi non sono pronta. Per favore, torniamo indietro.> comincio ad agitarmi <Non potevi dirmelo prima?> Vorrei continuare a sbraitare contro di lui e le sue idee impulsive. Però la porta si spalanca in tempo e una donna alta, truccata e vestita in modo veramente bene, mi guarda dalla testa ai piedi: disgustata. La saluta restandomi al fianco ed io provo a mostrarmi per lo meno serena.

<Chi è questa ragazza?>

<È la mia fidanzata, mamma.> immediatamente, l'espressione della madre, sembra distruggersi sotto i nostri occhi. Guardo Kerem sorridere. Lo divertirà parecchio questa situazione, sapeva che non le sarei piaciuta per niente. Ad ogni modo, mi obbliga a seguirla stringendomi la mano. Raggiungiamo un divano bianco. E lei è esattamente dinanzi a noi. Credo di non essermi mai sentita così tanto in imbarazzo come in questo momento.

Con qualche sgaurdo accompagnato da spinte, chiedo a Kerem di presentarmi, di parlare, di fare il primo passo, di fare qualsisi cosa...ma ovviamente, decide di restare in silenzio stampa. Sbuffo incredula, la guardo fare espressioni strane che provo con tutta me stessa a non commentare. <Sono molto contenta di vederla, signora Aydan. Mi chiamo Evren. Come le è stato già detto, sono la fidanzata di Kerem!>

 ➳𝑰𝒎𝒑𝒐𝒔𝒔𝒊𝒃𝒍𝒆[ᵁᶰ ᵃᵐᵒʳᵉ ˢᵗᵃᵐᵖᵃᵗᵒ ˢᵘˡˡᵃ ᵖᵉˡˡᵉ]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora