La vera storia di Luca

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CARMEN

Con le lacrime agli occhi incominciai a raccontare tutta la verità a Luca: ''Luca amore mio, devi sapere una cosa molto importante che ti riguarda. Io e tuo padre ci siamo conosciuti al liceo, e fu amore a prima vista, eravamo così innamorati, che a soli vent'anni ci siamo sposati, sei mesi dopo però, mi sono sentita male, mi fu diagnosticato un tumore all'utero, per la mia salute mi fu asportato, ero viva, ma dentro ero come se fossi morta, il mio più grande sogno era diventare madre, ma quel giorno il mio sogno mi fu strappatto via. Così dopo la mia completa guarigione, io e tuo padre decidemmo di adottare un figlio. Ci recammo al centro adozioni e ci misero in lista, e finalmente dopo un anno arrivò la tanto attesa chiamata, all'ospedale di Firenze era arrivato un neonato che aveva bisogno di una nuova famiglia, ci precipitammo di corsa in ospedale, e ad aspettare c'erano altre due famiglie e l'assistente sociale, che avrebbe scelto a quale famiglia affidarti, in cuor mio speravo avrebbe scelto noi, anche se eravamo la coppia più giovane. L'assistente sociale incominciò a raccontarci un pó di te, ci disse che ti chiamavi Luca, era scritto insieme alla tua data di nascita sul braccialetto d'oro che portavi al braccio, quindi avevi due settimane appena quando sei arrivato in ospedale, e che avevi avuto un incidente d'auto insieme ai tuoi genitori ma, loro purtroppo erano deceduti sul colpo, non trovarono documenti, nessuno sapeva chi fossero e nessuno aveva cercato un neonato di due settimane, così due settimane dopo ci hanno contattato, ed eravamo li ad aspettare con tanta ansia. Subito dopo ci raggiunse un dottore per informarci sulla tua salute, ci disse che quando arrivasti al pronto soccorso eri in fin di vita, avevi un braccio e una gamba rotta, due costole inclinate, avevi lesioni sul tutto il corpicino, varie fratture e avevi subito un trauma cranico, eri stato sottoposto a due operazioni, una al braccio e una alla gamba, ma non avevi molte speranze eri così piccolo, ci era stato detto che se saresti sopravvissuto, non avresti avuto una vita normale, perché c'era una altissima possibilità che saresti rimasto invalido, le altre due famiglie dopo aver sentito ciò si sono tirati indietro, dicendo che se si fossero legati a te e non c'è l'avresti fatta, né sarebbero usciti distrutti, quindi non se la sentivano di addotarti. Io gioì dentro di me e dissi, da oggi Luca e mio figlio ci penso io a lui. Tuo padre fu d'accordo con me, ci accompagnarono nella stanza dov'eri ricoverato, eri collegato a tanti tubicini, eri così piccino debole e indifeso, ci innamorammo subito di te. Guardai tuo padre negli occhi e gli dissi, nostro figlio crescerà forte e sano, da oggi sarà un Albatros la parte più importante della nostra famiglia. Firmammo tutti i documenti e da quel giorno sei Luca Albatros, ti guardammo un ultima volta e andammo subito a comprare tutto ciò di cui avevi bisogno. Sistemammo la tua cameretta, e mettemmo una culla in camera nostra. Ti venivamo a trovare tutti i giorni, un mese dopo subisti altre due operazioni per togliere il ferro nel braccio e nella gamba che avevano messo nell'operazione precedente, quando finalmente due mesi dopo ti siamo venuti a prendere avevi già tre mesi e ti abbiamo portato a casa nostra. Mi ero licenziata per potermi prendere cura di te giorno e notte, era l'unica cosa che desideravo in quel momento, da quel giorno che ti vidi la prima volta, tu hai cambiato la mia vita e hai realizzato il mio sogno più grande, mi hai reso madre. Passarono i giorni, le settimane, i mesi e diventavi sempre più forte, la fisioterapia andava sempre meglio e finalmente poco prima del tuo primo compleanno, eri completamente guarito. Per i dottori eri un miracolo, per essere sopravvissuto e guarito completamente dopo un brutto incidente, e tutto quello che avevi passato alla tua tenera età. Dopo quel brutto episodio, hai avuto un'infanzia bellissima sei cresciuto sano e forte, hai cominciato a praticare sport e la kick boxing è diventata la tua passione, e sacrificio dopo sacrificio sei diventato un campione a livelli mondiali. Perdonaci amore nostro, ti abbiamo nascosto la verità, per non rendere triste la tua vita, che era già stata tanto dolorosa nel tuo primo anno di vita. Non volevamo vederti triste, tu sei tutto per noi, ti abbiamo amato dal primo istante e ti ameremo sempre come se ti avessimo concepito noi, sei nostro figlio, l'amore della nostra vita la nostra unica ragione di vita. Oh figlio mio perdonaci." Non riuscivo a smettere di piangere e con me piangevano anche mio marito Stefano, Luca e Giada. Luca tiró Stefano e me, e ci abbracciò forte, e piangendo disse: "Non avete nulla da farvi perdonare, anzi vi sarò debitore a vita. Grazie per tutto quello che avete fatto per me, per me siete la mia famiglia mamma e papà, siete i migliori genitori che potessi desiderare, vi voglio tanto bene."

GIADA

Dopo aver sentito la storia raccontata da Carmen, non riuscivo a smettere di piangere, pensavo a tutto quello che il mio Luca aveva passato ancora piccolino, e il mio cuore si spezzava in mille pezzi. Carmen era stata una grande donna nel scegliere di crescere Luca nonostante tutto, e Stefano un grande uomo.

LUCA

Dopo aver sentito quello che mia madre mi raccontò, non riuscivo a smettere di piangere, quando nessuno voleva rischiare di prendere un bimbo che non si sapeva se fosse sopravvissuto o no, mia madre ebbe un grande coraggio, gli sarò debitore a vita. Però un velo di tristezza mi avvolse il cuore, pensavo ai miei veri genitori, e perché nessuno ci ha mai cercato. Da oggi avrei pregato per loro, anche se non sapevo chi fossero, avrei pregato semplicemente per mamma e papà. Guardai Giada che si era un attimo allontanata, e gli dissi di avvicinarsi a me. L'abbracciai forte e dissi: "Amore mio, mamma papà da oggi la mia vita ricomincia con voi tre, e non c'è passato che può cambiare qualcosa." Dopo una mezz'oretta mamma e papà andarono a casa, rimasi da solo con Giada mi rivolsi a lei e gli dissi: "Ti amo tantissimo vita mia." La strinsi forte a me e la baciai intensamente.

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