CAPITOLO TRE

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Evito di prendere l'ascensore per metterci meno tempo, e percorro le varie rampe di scale quasi di corsa. L'ultima cosa che desidero è arrivare al pian terreno sbattendo la faccia a terra. 

Appena varcata la soglia del portone noto la figura di Alexis dirigersi nella mia direzione. Prendo lunghi respiri, provando a regolarizzare il respiro leggermente accelerato a causa della corta corsa appena fatta.

<<Scusa, stavo per arrivare in ritardo. Mi dispiace!>>  Parla con un leggero imbarazzo nel suo tono squillante, ma allo stesso tempo calmo. Non credo si sia resa conto di non aver rischiato di farmi aspettare. Io stessa ero piuttosto in ritardo, non potrei mai lamentarmi del suo comportamento.

<<Tranquilla. Penso che potrebbe servirmi, dover aspettare qualche volta. Forse potrebbe aiutarmi con il mio problema della puntualità, soprattutto di prima mattina.>> Le rivolgo uno dei miei migliori sorrisi. Sono disposta a fare di tutto perché questa giornata vada al meglio. Mi sono stancata di avere soltanto dei buoni colleghi in questa città. 

Voglio avere degli amici. E questo è il giorno giusto per muovere i primi passi in quella direzione. 

La bionda si avvicina a me, e togliendomi dall'impiccio di decidere come salutarla, mi stringe leggermente le spalle per baciarmi su entrambe le guance. Ricambio automaticamente quel gesto, prima di allontanarmi da lei e sorriderle ancora una volta. 

Iniziamo ad un camminarci verso il solito cafè, dove faccio colazione ogni mattina. Occupiamo un tavolino all'esterno. Voglio godermi le ultime giornate con il sole che riscalda l'aria.
Non dobbiamo aspettare molto perchè ci raggiunga un cameriere che prende le nostre ordinazioni.

Iniziamo una conversazione su un fatto abbastanza strano che è successo in redazione. Sembrerebbe che una ragazza abbia rubato dei lavori ad un'altra e abbia provato a farli passare per suoi. Suona tutto così assurdo. Non riesco a credere che una persona si possa ridurre a fare cose del genere. Mi viene da ridere, per tutta la situazione.

Alexis sembra davvero un a persona molto alla mano. Cerca in tutti i modi di parlare per conoscerci meglio e per mettermi a mio agio.

Mi volto per un attimo verso la strada, e il mio sguardo viene catturato da una figura che assomiglia molto, troppo, a quella di un ragazzo che conosco bene. Sembrerebbe davvero lui, ma non può essere così! Cosa ci farebbe a New York? Perché mai sarebbe dovuto venire fino a qui?

Sapeva che mi sarei trasferita, conosceva la data precisa in cui sarei partita. Ma come può avermi trovata? È letteralmente una cosa impossibile da fare.

Si volta anche lui, e appena mi nota, mi rivolge un sorriso a trentadue denti. Non è lui. Non lo avrebbe mai fatto. Se davvero fosse quel ragazzo, non mi avrebbe mai rivolto quello sguardo di simpatica.

Devo essere stata abbagliata semplicemente per il loro modo di vestire uguale. Indossa un paio di jeans neri, delle scarpe da ginnastica anch'esse nere, ma a differenza del ragazzo che conosco porta una camicia bianca. Lui non la indosserebbe mai. Invece questo ragazzo ha il petto fasciato alla perfezione dalla stoffa bianca. Il tessuto è anche leggermente traslucido e lascia davvero poco all'immaginazione, mostrando il corpo perfettamente scolpito al di sotto.

Sopra alla camicia porta una giacca di pelle nera che a prima vista appare leggermente consumata dall'utilizzo, ma non può essere definita rovinata.

Inizia a camminare venendo nella mia direzione. Perché mai se non so nemmeno chi è deve avvicinarsi? Si ferma quando ormai è giusto a due passi da me.

Deve avermi scambiata per qualcun altro, non trovo altra spiegazione al suo comportamento. È davvero bizzarro. Sì, lo definirei proprio così.

Inizia a parlare come se mi conoscesse e io non stessi semplicemente capendo niente.

Lacrime & DiamantiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora