CAPITOLO VENTIQUATTRO

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Entro nella sala in cui sono già presenti tutti i modelli pronti per il servizio. William mi segue senza proferire parola. Dall'altra parte della gigantesca stanza completamente illuminata da luci di scena vedo Edward intento, credo, a organizzare gli ultimi dettagli. Per tutta la lunghezza del corridoio che separa il mio ufficio dalla stanza in cui mi trovo ora la mano di William è sempre stata sul mio fianco. Nel momento in cuoi però abbiamo varcato insieme questa soglia, lui l'ha ritratta subito. Forse si sente in imbarazzo. Ma questo dettaglio in questo momento non mi dà alcun fastidio. Siamo al lavoro e dobbiamo pensare solo a quello. Mi ha sempre dato fastidio mescolare l'ambito privato con quello pubblico. Perché nonostante tutte le maschere che posso trovarmi a indossare, io nella mia realtà sono l'essere più timido e ansioso di questo universo. Lo riconosco. Molti anni della mia vita sono stati condizionati dal pensiero: cosa pensano gli altri di me? Cosa pensano se faccio così? E se dico questo?

Faccio ancora fatica a volte a non pensare agli altri ma solo a me stessa. Sono cresciuta in un tipo di famiglia come quello di Alex. È questo il mio problema. In certi ambienti l'apparenza conta molto di più dell'essenza. A differenza di Alexis sono uscita da quel mondo molto tempo fa. Lei ancora partecipa alle serate e alle cene. Io mi sono rifiutata di essere trattata come un oggetto e non come una persona all'età di sedici anni. I miei genitori hanno accettato la mia idea. Non posso dire la stessa cosa dei loro carissimi amici. Loro mi guardano ancora con disprezzo solo perché non ho partecipato al ballo delle debuttanti come tutte le loro figlie, tutto perché non ho voluto essere vestita come una bomboniera.

Mi fermo quando sono di fianco a Edward e vedo che William si ferma dietro di me, cercando di tenersi il più lontano possibile dall'altro ragazzo. Sento Will sempre più teso. Appoggio tutti i documenti che ho in mano sulla sedia di fronte a Ed. Lui alza la testa e mi rivolge un sorriso privo di qualsiasi tipo di malizia.

"Ciao Ed." Gli dico sorridendo a mia volta.

"Quanto tempo che non ci vediamo."

"Sì, sai dopo il cambio di ruolo ho avuto parecchie cose da riorganizzare..."

"Quindi ora ci vedremo molto più spesso..." Sento William irrigidirsi quando si rende conto che il tono dell'altro ragazzo è cambiato, è diventato più basso e roco. Direi quasi che stia cercando di accentuarne la sensualità già innata in esso.

"Sì, e ci sarà sempre anche lui!" Rispondo con un sorriso. Mi giro verso Will e lo strattono dal braccio per far si che si avvicini maggiormente. Vedo che non riesce a sciogliersi, ma appena arriva di fianco a me sento l'aria alleggerirsi attorno a noi. Stende la mano destra verso Edward per salutarlo. Conosco la sua stretta, ferma e decisa sempre. So come la pensa, odia le persone che non ci mettono abbastanza convinzione nel saluto. Non li sopporta perché crede sia una mancanza di interesse, una mancanza di rispetto verso chi incontri.

Mentre si stringono la mano quella sinistra di Will finisce sul mio fianco, e mi attira leggermente a sé.

"Piacere di conoscerti. Sai per ora qui ho passato gran parte del tempo solo con lei..."

"Già. E vedo che avete subito legato..." Dalla sua voce sembra parecchio stizzito. Ma cosa prende a questi due? Perché si devono tirare dietro frecciatine così? Proprio non li riesco a capire. Io non sono un uomo e non ragiono come loro, ma è innegabile che loro siano parecchio strani.

"No, noi ci conosciamo da parecchio tempo fa. In effetti abbiamo frequentato le superiori insieme."

"Quindi anche tu sei italiano..." Ecco una cosa che non sopporto di Edward. È di origine inglese. E come tutti gli inglesi si crede superiore. Lo stesso non è per Mrs. Cavendish ed è una cosa che apprezzo parecchio di lei. In questo momento vorrei potergli tirare una testa e fargli provare un dolore tale che ricordi per anni. Salterei su e giù dalla gioia se il mio colpo gli provocasse un trauma cranico che ricordi per anni. Ma decido di tranquillizzarmi e di lanciargli solo un'occhiata di fuoco.

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