CAPITOLO VENTISEI

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Mi rivolge un'occhiataccia. Riesco a vedere attraverso le sue iridi profonde tutti gli insulti che stanno viaggiando nel suo cervello diretti verso di me. Ma si trattiene da esprimerli ad alta voce. In un certo modo gli sono grata, non credo di riuscire a reggere un a discussione in questo momento senza rischiare di crollare. Percepiscono che anche lui sta provando le mie stesse emozioni.
Scuote la testa esasperato e sbuffa.

"Smettila di pensare che io ti voglia sempre attaccare e di metterti costantemente sulla difensiva." Mi guarda serio, come se fossi io quella con un comportamento strano qui.
"Vieni dentro. Non ricordi più di non avere le chiavi di casa tua? Vuoi andare tu a chiedere a quella psicotica di andarsene e farti rientrare? Vuoi farti strozzare? Sai anche tu che appena entrerai da quella porta tutti i tuoi soprammobili voleranno in aria nel tentativo di riuscire a colpirti. La tua mi pare molto una mossa azzardata."
E in fondo, come posso dargli torto? Lui conosce sia me che lei. E non nego di aver fatto il suo stesso ragionamento solo pochi minuto prima.

"Entri? Non ho alcuna voglia di starti ad aspettare qui fino a questa sera..." Trascino i piedi verso la sua porta, mostrando la mia poca voglia di rimanere sola con lui nel suo appartamento.

"Sia chiaro che accetto solo perché non posso rientrare in casa mia, che per chiarire è una cosa estremamente assurda!"
"Calmati. Ho già un mal di testa assurdo, non ho bisogno anche di te che inizi a fare scenate melodrammatiche."

Lo sguardo torva e faccio un'espressione offesa. Invece di rispondermi in malo modo, come mi sarei aspettata, scoppia in una risata fragorosa. Lascia il cappotto umido sull'appendiabiti mentre si dirige verso il salotto dove si lascia scivolare senza alcuna grazia sul divano. Gira la resta nella mia direzione mostrandomi ancora la sua faccia divertita.

Mi stupisco di come ancora oggi, dopo tanto tempo, l'atmosfera riesca a cambiare così velocemente tra di noi.
Era questo che mi faceva voler passare del tempo con lui. Ogni momento brutto era rimpiazzato in pochissimo tempo da risate che spazzavano via tutti i pensieri orribili che c'erano stati.

Mi accorgo che il suono della sua risata non risuona più per tutta la stanza solo nel momento in cui sento dei leggeri colpi contro il divano. Guardo nella sua direzione e lo vedo mentre colpisce leggermente con il palmo della mano uno dei cuscini che ricoprono il divano.

"Non stare lì, vieni a sederti..." Il mio orgoglio mi dice di rimanere qui ferma in piedi nell'ingresso. Ma queste maledette scarpe mi stanno distruggendo i piedi. Indossarle è peggio di essere sottoposta a una tortura giapponese.

Smetto di tener conto delle mie stupide idee e mi inizio a muovere verso il divano. La figuraccia doveva arrivare prima o poi. La punta delle scarpe si incastra nel bordo del tappeto spesso. Vivo questo momento come se fossi estranea al mio corpo e riesco a vedere il mio volto già schiacciato contro il pavimento. Ma tutto ciò non succede.

Sento delle mani che mi sostengono tirandomi dalle spalle. Mi ritrovo seduta a terra terribilmente confusa. L'unica cosa a cui riesco a pensare per i primi secondi è che la mia faccia non si trova contro il pavimento e che per fortuna non ho nessun osso rotto, soprattutto quello del naso.
Alzo gli occhi verso il soffitto e vedo due pupille scure scrutare le mie. Non poteva essere altri che lui ad avermi aiutata. Faccio comunque fatica a credere che non mi abbia fatto cadere.

"Grazie" Dico in un soffio. Non lo avrebbe nemmeno potuto notare se non avesse visto il movimento delle mie labbra. Un estremo imbarazzo si impossessa di me. Sono assolutamente una grandissima stupida. Solo io posso mettermi in queste situazioni, mi esce fin troppo naturale a dire il vero.

"Dai che ti aiuto ad alzarti" Allungo le mie braccia nella sua direzione e lui mi aiuta sostenendomi dai fianchi. Quando finalmente sono in piedi, lui ritrae prontamente le sue mani dal mio corpo come se si fosse appena scottato. Lo guardo un po' frastornata. Non riesco a capire il perché di questo suo cambio repentino di emozioni. Perché non riesce a essere sempre lo stesso? Con gli altri lo fa, con me invece cambia in continuazione. Lo fa da sempre. Il giorno prima era il ragazzo più gentile, felice e cortese di questo mondo. Dopo solo mezz'ora mi trattava come se gli avessi torturato e ucciso il cane. Questo non è cambiato.

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