CAPITOLO UNO

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Agosto 2015

<<Tesoro, chiamaci appena atterri. E anche tutte le sere. Quando sarai là non fare troppo tardi la sera, non bere troppo, non assumere droghe. Non ti fidare troppo delle persone che non conosci. Non ti fare mettere i piedi in testa dai tuoi colleghi, anche se dovessero avere più esperienza di te. Non ti devono attaccare, ma piuttosto aiutare. Se provano ad attaccarti allora sono solo invidiosi. Non ascoltarli.>> Continua a parlare con fare forse fin troppo protettivo.

<<Mamma, lo so. Ormai ho abbastanza anni per badare a me stessa. Non sono più una bambina, non ho più dieci anni. Puoi tranquillizzarti e non essere così in ansia inutilmente. Ti prego. Ti prometto che ci sentiremo spesso, ti avviserò qualsiasi cosa accada. Però non devi preoccuparti e chiamare polizia, ambulanza, pompieri e avvisare qualsiasi istituzione diplomatica se non ti dovessi chiamare per un giorno. Potrebbe succedere che sia troppo stanca e che ti mandi solo un messaggio. Non per questo devi prendere il primo volo che c'è a disposizione. Va bene?>> Le chiedo dolcemente, stringendola in un abbraccio.

Certo, la sua unica figlia che decide di trasferirsi in una metropoli all'altro capo del mondo deve essere un trauma per lei. Ma dove immagina certe raccomandazioni? Non mi sono mai allontanata tanto dalla mia famiglia prima d'ora. E tutto questo è una situazione assolutamente nuova e impensabile anche per me.

Ma quelle che sento espandersi per tutto il mio corpo sono più scariche di adrenalina, che di paura. Sono emozionata per tutto ciò che potrebbe capitarmi in una città che non ho mai potuto visitare. È sempre stato uno dei miei sogni ad occhi aperti, uno di quelli che occupavano la mia mente durante le ore noiose passate tra i banchi del liceo. Ed ora, l'unica cosa che mi separa dal raggiungere quel desiderio è percorrere pochi metri verso un aereo, già pronto per il decollo sulla pista.

Tra un giorno la mia casa sarà quella che fino ad ora ho visto soltanto nelle foto dell'agenzia immobiliare per l'affitto, su internet.
Ciò che mi ha spinto a prendere questa decisione è stata solo la voglia di lasciarmi tutto alle spalle. Cinque anni di vita che sono stata capace di rendere più complicati di quanto avrei desiderato. Cinque anni in cui mi sono legata troppo a persone che di me non si curavano realmente. Questo è il mio momento per iniziare a fare le scelte giuste, a scegliere me prima degli altri. Devo cambiare, devo capire come non ricadere sempre negli stessi schemi.

Un nuovo continente, un nuovo stato, una nuova città non possono darmi automaticamente una nuova me, una che si sa preoccupare di se stessa. Ma possono aiutarmi a trovarla. Il prezzo da pagare per riuscire in questo è perdere anche alcune delle persone che corrispondono il mio amore verso di loro: i miei genitori. Però non posso evitare che sia così. Non posso chiedere loro di abbandonare tutto ciò che hanno per seguirmi. Perché se io non ho nulla da perdere prendendo quell'aereo con un biglietto di sola andata, non vale lo stesso principio per tutti quelli che conosco.

<<Sai che per me sarai sempre la mia bambina. Quella di tre anni che non stava mai un attimo ferma, correndo da tutte le parti.>> Il suo sguardo, lucido per le lacrime che minacciano di scorrere sulla sua pelle, mi fa sentire immediatamente male. Vorrei dirle che ho cambiato idea, che se non vogliono io non partirò, rimarrò qui con loro.

Ma conosco i miei genitori, non ammetterebbero mai che una mia scelta fa loro male. Hanno sempre voluto che io vivessi la mia vita nel modo più libero possibile. Non intralcerebbero mai una mia decisione, un mio desiderio che sta per essere realizzato. Preferiscono piuttosto stare in silenzio e vedermi volare via.

<<Mamma, ti prego...>> La mia voce suona innaturale nel tentativo di mantenere il tono il più sicuro possibile. Non riesco a vedere la donna che ha dedicato ogni attimo della sua vita, dalla mia nascita, a me star male in questo modo.

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