3. Mattia

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Mattia odiava ancora di più Christian.

Lo odiava tremendamente tanto, troppo, infinitamente e più si guardava allo specchio non riconoscendo più se stesso in quell'immagine riflessa, più l'istinto di uscire e andargli a spaccare qualche vaso di fiori, cresceva sempre di più. Lo aveva toccato, lo aveva afferrato, sollevato e preso in braccio, salvandolo da quella spiaggia, dove qualunque altro alfa sarebbe potuto arrivare per fare di lui qualunque cosa, eppure Christian si era trattenuto, Christian non gli aveva fatto nulla, Christian era stato in grado di contenere la propria parte primordiale, l'aveva messa da parte e lo aveva cullato fino a casa.

Non che Mattia ricordasse qualcosa.

Non che lui volesse ricordare qualcosa.

Era stata sua mamma, però, a ricordargli per ogni istante delle giornate a succedere dopo quella, che quell'alfa lo aveva salvato, quell'alfa era scappato non appena lo aveva poggiato fuori da casa sua e che lei aveva controllato immediatamente che non lo avesse marchiato, che non gli avesse fatto nessun tipo di abuso e quando aveva capito le buone intenzioni di quel ragazzo che abitava da sempre in quel cortile, che da anni aveva scoperto il proprio verso e con cui lei aveva anche parlato qualche volta, immediatamente aveva preso ad elogiarlo.

Da quel giorno, quindi, in casa, Mattia sentiva parlare sempre e solo di Christian, di quanto fosse buono, di quanto fosse bravo, di quanto fosse unico e del modo in cui aveva tenuto a salvare un omega al suo primo calore.

Mattia.

Omega.

Primo calore.

Mentre si fissava nello specchio, il biondo non riconobbe più se stesso. Aveva desiderato così tanto essere qualcuno, possedere un verso ma ora che qualcosa lo era, ora che apparteneva ad una determinata qualità, quella sembrava non andargli bene, non gli andava a genio, qualcosa non era al punto giusto e quel qualcosa gli premeva alla base della testa, spingendolo ad affacciarsi alla finestra, a fissare quello spiraglio che vedeva della casa di quell'alfa che lo aveva salvato e che non aveva approfittato di lui.

Per l'ennesima volta nella propria esistenza, Mattia si chiese cosa ci fosse che non andasse in Christian. Perché non era come tutti gli altri alfa? Perché sembrava così diverso?

Sapeva di essere ancora febbricitante, percepiva ancora quel caldo che lo aveva scosso sulla spiaggia, ma era attutito dalla chimica dei soppressori che il medico gli aveva prontamente prescritto quando la madre lo aveva tirato in casa dopo essere stato salvato dal moro. sapeva, quindi, che molti dei propri desideri fossero dovuti al proprio verso ora, che l'omega facesse ormai parte di lui, che se anche si fosse palesato tardamente, ora sarebbe stato come tutti gli altri, con i rischi e i pericoli di fare parte di quella categoria.

Sospirò sedendosi sul letto e continuando a guardare la finestra spalancata attraverso cui si intravedeva casa Stefanelli, mentre il proprio omega scalpitava anche se chiuso dietro ad un muro fatto di vetro, che se solo avesse spinto leggermente, probabilmente si sarebbe rotto, sarebbe andato in frantumi e Mattia si sarebbe ritrovato a correre per quel piccolo vialetto che separava le due case. Ma per fare cosa esattamente? Si trattava sempre del solito Christian, quello strano ragazzino più grande di lui che era un alfa da quando aveva dieci anni, ma che se non fosse stato per la forza fisica, la presenza e il profumo, nemmeno lo avrebbe dato a vedere.

Il profumo di Christian.

Aveva dovuto lavarsi ben dieci volte per poter mandare via totalmente da lui l'odore dei suoi umori. Aveva dovuto bere una quantità industriale di collutorio per poter mandare via dalla propria bocca il sapore salato della sua pelle, che non voleva nemmeno ricordare come avesse fatto ad assaporare. Non voleva ricordare niente di quei momenti, non voleva che Christian gli si avvicinasse di nuovo, non voleva rischiare che a causa sua, del suo profumo, della sua presenza, tutto quello scattasse di nuovo, che quel tremolio scuotesse di nuovo le sue viscere e che l'omega vincesse sulla sua razionalità che gli chiedeva a gran voce di stare lontano da quei ricci, da quelle lentiggini, da quella pelle diafana e da quegli occhi strani che non aveva mai avuto l'opportunità di osservare da vicino.

Tu che profumi di sogni [zenzonelli]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora