34. Christian

2.7K 231 47
                                    

Christian non credeva di potersi innamorare in quel modo, non credeva che una cosa simile sarebbe mai accaduta nella propria vita, eppure quella mattina, mentre osservava Mattia col proprio cellulare rosso tra le dita, alla ricerca del numero di propria madre nella rubrica, per chiamarla e fargli il favore che aveva chiesto, si rese conto che avrebbe voluto condividere con lui ogni cosa, qualunque cosa che il biondo gli avrebbe potuto chiedere e forse sarebbe stato il caso di cominciare col numero di telefono, perché Christian aveva una voglia matta di poter stare sempre in contatto con quel ragazzino.

I suoi capelli biondi erano illuminati da quella luce spettacolare, quella mattina, mentre i suoi occhi azzurri se ne stavano bassi sullo schermo, alla ricerca di quel nome. Carola se ne stava ancora accanto a loro, ma era come se la sua presenza fosse diventata aria, ossigeno, perché non la sentivano più. Ormai esisteva solo Mattia, quel bellissimo ragazzo dal volto concentrato e dalle dita piccole a cui avrebbe persino regalato il proprio telefono per vederlo andare in giro con qualcosa di proprio addosso. Ma la verità era che Christian sapeva che sotto tutti quegli strati di vestiti, sotto quei tessuti, lì dove c'era quella pelle accarezzata dal sole, leggermente abbronzata, ci fosse qualcosa di proprio, c'era effettivamente il segno del proprio passaggio, per quanto in quel momento fosse invisibile agli occhi. Non si era trattenuto, infatti, la sera precedente, aveva premuto forte contro quel corpo, aveva stretto con le dita e aveva sperato che qualche livido rimanesse su quella pelle candida, perché aveva bisogno di sapere che in ogni momento in cui Mattia si sarebbe guardato allo specchio, avrebbe ripensato a lui, a quello che era successo e a quello che sarebbe potuto accadere di nuovo. E poi ricordava benissimo la propria mano attorno a quel collo lungo, la sensazione di avere la sua vita tra le mani e aveva dovuto distogliere lo sguardo, perché senza fiato per colpa del dolore al costato e con accanto Carola ad osservargli, non era il caso di eccitarsi guardando Mattia usare semplicemente il proprio telefono.

Qualche istante dopo l'omega si portò il telefono all'orecchio, segno che avesse trovato il numero di mamma Anna.

"Buongiorno signora, sono Mattia"

Il biondo si portò una mano sulla guancia, continuando a fissare per terra, distrattamente, ancora concentrato sul proprio obiettivo e Christian lo trovò più adorabile del solito, ancora più piccolino, come se fosse in imbarazzo in quella situazione, alle prese con la madre del ragazzo che la sera precedente lo aveva scopato, che si era preso la propria verginità e a cui lui stesso aveva donato la propria. Perché Mattia era stata la prima e unica persona che lui avesse mai desiderato, l'unica che gli facesse venire voglia di mettere da parte il proprio essere e dare libero sfogo a quello che lui credeva essere un mostro dentro di sé, ma che Mattia aveva smosso, aveva abbracciato e aveva baciato, facendo capire al moro che così tanto male non fosse.

"Si, tutto bene non si preoccupi"

Probabilmente Christian se lo sarebbe dovuto immaginare che propria madre si sarebbe potuta spaventare sentendo qualcun altro chiamarla col proprio cellulare, ma lui non riusciva a parlare molto col dolore al costato che premeva forte e avendo la necessità di trattenere il fiato per poter respirare meglio e non parlare. Al momento gli bastava la propria mente perfida che si stava beando ricordandogli i momenti della sera precedente e facendolo eccitare, anche in una situazione dove non sarebbe stato il caso.

"No, certo. Christian avrebbe solo bisogno della sua sedia a rotelle"

La mano di Mattia scese dalla propria guancia e andò a grattare l'avambraccio che reggeva il telefono, sempre distrattamente, senza rendersi conto davvero di cosa stesse facendo, ma distraendo tanto Christian che fissava ogni suo movimento non percependo più nessuno attorno a loro, ma vedendo solo la sua pelle, le sue mani che si muovevano, la sua lingua che permetteva di emettere i suoni con cui comunicava con propria madre. Era bello, bellissimo e si sorprese di non averlo mai pensato prima, di non aver mai visto nulla oltre il ragazzino che gli rompeva i vasi dei fiori, facendogli i dispetti, perché quella bellezza non era qualcosa di nuovo, non era certo una novità, era sempre stata lì, ma offuscata dalla propria voglia di nascondersi dietro all'odio, credendo che il cuore battesse più forte alla sua presenza, solo perché fosse un bambino dispettoso.

Tu che profumi di sogni [zenzonelli]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora