13. Mattia

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Mattia poggiò la testa contro il finestrino freddo di quella macchina troppo piccola per potergli permettere di sopportare con tranquillità la presenza di quell'alfa che tanto detestava. Li sentiva perfettamente i suoi feromoni impregnati in ogni cosa lì dentro, sentiva persino lui stesso che li emetteva cercando di attrarlo, forse anche in modo inconscio, perché, in fin dei conti, i loro versi erano fatti per attrarsi, per accoppiarsi, un qualcosa di primordiale che nessuno poteva controllare, anche se le loro volontà non potevano essere più lontane da quelle dei loro versi. L'omega dentro di sé si disperava ogni qual volta Mattia riportasse alla memoria quella ragazza dai capelli castani mossi, ogni volta si permettesse di ripensare al profumo dell'amore percepito in quella spiaggia e proveniente da Christian che se ne stava nella stessa rientranza in cui lui aveva avuto il suo primo calore. Ogni volta gli veniva da piangere, tutte le volte si dava dello stupido, perché non aveva nessun diritto per sentirsi così, perché Carola gli stava vicina da anni, la conosceva persino lui di vista da sempre, mentre lui era quel ragazzino che gli faceva i dispetti e Christian non lo avrebbe potuto mai vedere in nessun altro modo.

A quel punto un brivido di calore investì il proprio corpo e una fitta strinse il proprio ventre e Mattia si ritrovò a stringersi le mani attorno alla vita. La testa divenne leggera e il mondo attorno a sé perse le solite sfumature, diventando leggermente sfocato, come se i propri occhi fossero offuscati dalle lacrime. Quando il piccolo omega si rese conto di quello che stesse accadendo, sgranò gli occhi e pensò che non fosse possibile, che non potesse accadere, perché il calore arrivava una volta ogni tre mesi, mentre lui si sentiva in quel modo appena qualche settimana dopo il primo, dopo che Christian lo aveva salvato da quella spiaggia.

Mattia si strinse ancora più forte le mani attorno alla vita quando non riuscì a trattenere un sospiro e Christian aprì i finestrini fermandosi ad un semaforo. Gli veniva da piangere, sarebbe volentieri sceso dall'abitacolo se non avesse saputo che stare in compagnia del moro, in quel momento, fosse meno pericoloso che stare in giro da solo, con qualunque alfa che si sarebbe potuto accorgere di cosa stava accadendo al proprio corpo. Anche perché era già successo, già sapeva come avrebbe reagito Christian, già sapeva che si sarebbe trattenuto, che piuttosto si sarebbe fatto del male da solo che fare del male a lui e per questo si voltò a guardarlo, si permise di osservarlo mentre la sua mano andava alla ricerca della manopola per il riscaldamento, che però era spento. E forse, Mattia si disse che l'alfa non si fosse ancora accorto di cosa stessa accadendo, eppure quando anche il suo sguardo fu catturato dai propri occhi, in quell'istante comprese che avesse capito.

E si vergognò, si vergognò tantissimo del proprio essere, di non essere un omega come gli altri, di non essere regolare, di essere di nuovo in calore dopo pochi giorni, senza essersi portato dietro un qualche soppressore che lo potesse aiutare. Si vergognò di essere un omega e si vergognò del calore infinito che sentiva sulle guance e attorno alla vita, di quel calore che avrebbe voluto che Christian riparasse, a cui voleva che lui ponesse rimedio, a cui voleva che Christian ponesse fine.

"Mattia...?"

"Zitto, ti prego... non parlare"

Se ne vergognava da morire, perché più lo osservava, più si perdeva in quegli occhi verdi, più avrebbe voluto chiedere di accostare e di prenderlo, lì, farlo proprio, far finire quel dolore, far finire quell'ondata di profumo che sentiva scorrere tra di loro, perché i loro alfa e omega si desideravano, voleva unirsi, volevano stringersi l'un l'altro e Mattia si sentiva estremamente in colpa, perché c'era Carola, il pensiero di quella ragazza che faceva stringere i denti al piccolo, che non gli permetteva di lasciarsi andare, il cui pensiero lo aveva fatto stare male per giorni, il pensiero di Christian innamorato di lei non lo faceva stare calmo. E saranno stati i fumi del calore, quegli occhi che lo fissavano, quella voglia inopportuna che aveva di saltargli addosso, ma improvvisamente sentì la necessità che Christian emanasse determinati profumi per lui, che fosse innamorato di lui, che desiderasse lui esattamente come lo desiderava lui. E non stava parlando dei loro versi, no, il piccolo parlava proprio della loro razionalità, voleva che il moro pensasse a lui, che volesse stringere lui, che desiderasse solo lui e che solo dopo l'alfa e l'omega rientrassero in quella sfera. Ma più lo guardava, più lo osservava, più capiva che una cosa del genere sarebbe rimasta solo nella propria mente.

Tu che profumi di sogni [zenzonelli]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora