49. Christian

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Faceva un caldo tremendo quella mattina, sotto la luce accecante del sole che batteva prepotentemente nel cortile. Tutto taceva come nella notte precedente, probabilmente gli abitanti di quelle case avevano preferito riposare quella mattina dopo essere stati fuori tutta la notte. Anche la famiglia Stefanelli era rincasata tardi, tra le risate di Alexia e quelle di mamma Anna a fare da contorno alle battute che papà Ivan buttava qua e là per alleviare la tensione che ormai da tre mesi a quella parte si viveva in casa. Christian li aveva guardati camminare sotto la luce del lampione, guardarsi attorno e poi aprire la porta di casa e forse, solo per qualche istante, vide Ivan percepire qualcosa, osservarsi attorno per un periodo di tempo più lungo rispetto alle altre due donne, ma abbassò subito la testa verso la toppa della porta, inserendo la chiave e facendo entrare tutti e tre in casa, dove l'alfa li aveva accolti senza sorridere, con il rammarico nel petto per quello che era accaduto poche ore prima.

Però aveva taciuto.

Non aveva detto nulla ai propri genitori, semplicemente nascondendo le prove e decidendo che l'indomani avrebbe ripiantato quella povera piantina che era stata l'ennesima vittima delle marachelle di Mattia.

Eppure qualche mese prima sarebbe stato diverso, qualche mese prima avrebbe raccontato tutto a sua mamma, le avrebbe chiesto di andarsi a lamentare dalla famiglia Zenzola, avrebbe preteso che lei chiedesse i soldi per comprare un vaso nuovo, se non poteva chiedere che Mattia stesso la smettesse e gli andasse a chiedere scusa. Ma di tempo ne era passato da quei momenti, di cose ne era successe ed era bizzarro come, nella rabbia che covava nel petto per quel nuovo dispetto, Christian percepisse la malinconia del sapere che quello fosse l'unico spiraglio che gli rimaneva, l'ultima cosa che avrebbe condiviso con Mattia.

Per questo tacque, per questo decise che quello sarebbe rimasto il proprio segreto, che non lo avrebbe raccontato nemmeno ad Alexia, come non le aveva raccontato ciò che lo aveva portato a quella situazione. In realtà non lo aveva raccontato proprio a nessuno, nemmeno a Carola, tanto meno al resto della propria famiglia, che comunque, probabilmente, non lo avrebbero capito, avrebbero iniziato a fare domande e avrebbero preteso che lui facesse qualcosa, che facesse terminare quella separazione, ma era un passo che Christian non aveva il coraggio di compiere.

Ricordava perfettamente le lacrime di Mattia, ricordava i suoi occhi rossi, le sue iridi azzurrissime e le sue guance macchiate del proprio sperma. Ricordava benissimo il modo in cui lo avesse combinato quella sera, ricordava perfettamente quanto quel sesso fosse stato liberatorio, quanto avesse amato Mattia in quel sesso estremo, gli aveva donato il proprio cuore e sapeva che anche il piccolo avesse fatto la stessa cosa. Ma qualche istante dopo ricordava che quelle stesse lacrime erano diventate di tristezza, di paura e quegli stessi occhi rossi non erano più accecati dalla lussuria, ma erano scossi dai singhiozzi, mentre Mattia recuperava le proprie cose e spariva per sempre dalla propria vita.

E forse sarebbe stato questo l'ultimo ricordo che avrebbe avuto dell'ultima volta in cui era stato vicino a Mattia così tanto da poterlo stringere a sé, forse si meritava di soffrire come un dannato sotto quel sole cocente, quando avrebbe dovuto studiare, ma aveva deciso di ripiantare quel disastro che aveva combinato il piccolo omega. E in quel piccolo giardinetto sotto la porta d'ingresso, Christian poteva ancora percepire il profumo forte del calore dell'omega, poteva percepire il richiamo nelle vene, nell'alfa che ululava per lui, che gli chiedeva pregando di accontentarlo, di fare questo sforzo, di mettere da parte l'orgoglio per ritrovare la serenità, forse per non avere nella mente gli occhi di Mattia che piangevano, tutte le volte che cercava di addormentarsi. Ma la parte logica rifiutava tutte le volte, si voltava ad osservare quella casa da cui proveniva quel profumo così allettante, sospirava, si permetteva di fantasticare qualche secondo, ma poi tornava alla realtà, una realtà in cui era stato crudele, in cui aveva permesso che un omega tutto solo tornasse a casa in piena notte, sporco del proprio sperma, dopo aver passato la serata a fare sesso, mentre piangeva e non avrebbe avuto le forze di affrontare il pericolo qual ora si fosse presentato.

Tu che profumi di sogni [zenzonelli]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora