•Settantrè

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London

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London

Sono seduto nella stanza, aspettando le mie dimissioni.
Per fortuna sto bene.
Solo una piccola frattura al gomito.
Purtroppo chi ha pagato il prezzo del mio errore è stato mio padre.

Non so cosa mi è preso in quel momento.
Ma è come se non ero più nel mio stesso corpo.
Come se il mio cervello non passava più controllo e ho perso il senno.

Ammetto che nei miei vent'anni non mi è mai capitata una cosa simile.
Ho sempre saputo gestire la rabbia.
Le delusioni.
Ma questa volta, perché non ci sono riuscito?

Forse l'alcol mi ha aiutato a buttare fuori tutto quello che avevo ingerito negli anni.

Io non mi riconosco nei miei stessi panni.

È passata la polizia per il rapporto e Brandon mi ha consigliato di non far decadere la colpa su di me e quindi ho dovuto dire che è stato papà a perdere il controllo dell'auto.
Tanto non era ubriaco, quindi porteranno il tutto ad un "colpo di sonno".

Eppure non volevo che andassero Così.

Papà sta lottando con la vita in questo momento per colpa mia.

<London! La polizia sta interrogando tua madre... Guarda che hai fatto la cosa giusta perché conosco tuo padre e so che avrebbe voluto questo> ritorna da me Brandon

Ma io continuo a guardare quel punto impreciso, dove mi proietta tutto quello che abbiamo vissuto in macchina l'attimo prima dell'incidente

Ma io continuo a guardare quel punto impreciso, dove mi proietta tutto quello che abbiamo vissuto in macchina l'attimo prima dell'incidente

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Non rispondo.

<Mi hai sentito?> continua e posa la mano sulla spalla
<Si>
<Sai anche che quello che è successo è a causa tua vero?>

Finalmente cominciano a trattarmi per come merito.

<Si lo so... Lo sapevo già dal principio ma tu e mamma volevate convincermi del contrario>
<Tua madre cerca di proteggerti! È comprensibile... Ma io come giustamente hai detto, non sono tuo padre, e forse mi viene più facile dirti che hai sbagliato>

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