Sua madre non fece domande, era difficile capire se lo avesse visto discutere con Stefania - era questa la parte che lo imbarazzava di più, non il bacio - oppure no. L'aria complice che gli rivolse quando chiese a Ivanka di fermarsi a bere qualcosa di fresco lo fece propendere per la seconda ipotesi, in quanto se avesse pensato stesse saltando da una donna all'altra come un dongiovanni navigato avrebbe dovuto mostrarsi perplessa.
Propose poi alla ragazza di rimanere a pranzo con loro, invito che Ivanka accettò con un sorriso radioso, posò una caraffa di tè freddo e due bicchieri sulla scrivania e li lasciò soli in cameretta. Patrick si sedette sul bordo del letto e, nonostante si sentisse ormai bene, prese una boccata dall'inalatore che aveva lasciato sul comodino. In seguito si sarebbe chiesto se non l'avesse scordato volutamente, per dimostrare a se stesso di potercela fare da solo.
«Per scrupolo» spiegò alla ragazza, e ribadì che era tutto a posto, parlando in modo concitato, quasi maniacale. Non dovette neanche sforzarsi. L'energia con cui si era svegliato continuava ad accompagnarlo, era forse una reazione della sua mente e del suo corpo agli ultimi cinque giorni di torpore, cinque giorni di vita da recuperare?
«Non farti problemi con me, non ti giudico.» Ivanka gli sorrise e si sedette a gambe incrociate sulla scrivania. Non erano grandi amici ma il carattere gioviale e solare di entrambi li aveva sempre fatti sentire a loro agio l'uno con l'altra, e spesso si comportavano come se si conoscessero meglio di quanto non fosse in realtà. Erano passati dal salutarsi in ascensore o scambiare quattro chiacchiere in cortile ad andare l'uno a casa dell'altra quando lui si era offerto di aiutarla a studiare inglese, quattro anni prima. Finiti i compiti, rimanevano spesso insieme fino all'ora di cena, ascoltando musica o guardando la tv, parlando del più e del meno ma sempre senza scendere troppo in confidenza, e avevano continuato a farlo anche dopo che lei si era diplomata.
Era la prima volta che Patrick la portava in camera sua, però. Gli sembrava una cosa troppo intima, una mancanza di rispetto al ragazzo del piano di sotto che lei considerava il proprio migliore amico ma era chiaro a tutti ci fosse dell'altro. Alessio non l'aveva mai guardato male, non gli aveva mai detto di stare alla larga da Ivanka, e lui si augurava avesse capito che non aveva niente da temere. Non era solo una questione di correttezza: l'idea di discutere con un tipo tanto aggressivo (almeno verbalmente, perché a dispetto di quello che dicevano i vicini che non lo sopportavano, non aveva mai dato modo di pensare potesse essere violento) e instabile lo spaventava, lo metteva a disagio.
«Ti manca?» chiese, seguendo il filo dei propri pensieri.
Ivanka capì subito a chi si riferisse.
«Da morire» rispose, continuando a giocherellare con qualcosa che teneva nel marsupio glitterato. Intuendo di cosa si trattasse, Patrick si alzò, prese un posacenere dal comodino di Gabriele e glielo porse, indicando la finestra.
«Puoi fumare, se vuoi. Ci sono abituato.»
La guardò accendere una Marlboro e per qualche istante fu tentato di chiederle di fare un tiro. Fremeva dalla voglia di dimostrare, anche a se stesso, di non essere solo quello che tutti vedevano, e anche di mettersi alla prova, di sfidare la propria asma.
«Non sopporto di saperlo lì tutto solo, mi hanno permesso di andare a trovarlo giusto una volta, e l'ho trovato spento, l'hanno imbottito di farmaci. Marta mi ha spiegato che lo fanno per rendere più facile la psicoterapia e per tenere a bada i suoi disturbi, ma per me è una cosa disumana. Che senso ha vivere se tutto ti arriva grigio e ovattato? Lui lo dice sempre: sentire tutto amplificato è una condanna, ma non sentire è ancora peggio.»
«Sono d'accordo con lui.»
«Anche io. Quando senti troppo puoi prenderti una pausa e poi riparti, ma se nulla ti da emozioni che fai?»
«Come fai a prenderti una pausa dalle emozioni troppo forti?»
«Con le droghe. Col dolore fisico. Con tanto cibo. Con il sesso.»
«Il sesso non dovrebbe emozionarci?»
«Dipende da come lo fai, Patrick» Ivanka lo guardò come si guarda un bambino poco sveglio che non sa nulla della vita ma, concluse lui, era troppo gentile per dirgli apertamente che non capiva un cazzo, dalla sua posizione privilegiata di bravo ragazzo amato ed equilibrato. «Le stesse cose che possono spegnerti quando ardi possono anche riaccenderti e sedare per un po' quella fame che ti sta facendo impazzire. Sono parole di Alessio che io condivido. Lui sa gestire il suo dolore, anche se non sembra. Immaginatelo come un funambolo che si tiene in bilico su una corda sottile sottile, per non cadere nel vuoto.»
«La vita è un brivido che vola via, è tutto un equilibrio sopra la follia» rispose Patrick, citando Vasco Rossi. Non sapeva cos'altro dire e preferì non aggiungere altro per non passare per stupido, o insensibile. Gli esami dati all'Università e il suo interesse per la psicologia non potevano sostituire l'esperienza diretta con un disturbo mentale, quale che fosse quello diagnosticato ad Alessio.
Fu Ivanka a cambiare discorso, intuendo il suo imbarazzo e il suo bisogno di capire meglio cosa gli avesse detto poco prima in cortile.
«Ti sei innamorato di Stefania Valle?»
«Innamorato? No!» Patrick scosse la testa, quasi divertito. Amore, o anche solo interesse, era l'ultima parola che avrebbe usato per definire quello che per provava per Stefania.
«Mi spiace dire quello che sto per dire, soprattutto dopo averti spiegato cosa prova Alessio, ma quella ragazza ti farebbe solo del male. È instabile, Patrick, è bravissima a manipolarti e controllarti. Anche come amica. Ti fa sentire speciale e poi ti calpesta senza pietà, gioca sulle tue insicurezze. State insieme?»
«No, la conosco appena.»
«Non sembrava...»
«Abbiamo... fatto sesso. Una volta sola. Io ne avevo voglia, non mi ha manipolato. Semplice attrazione fisica.»
Ivanka sgranò gli occhi.
«Ti facevo tipo da storie, non da sesso occasionale.»
«Sono un uomo, eh.»
«Oh, quante cazzate. Gli ormoni ce li abbiamo anche noi e il cuore anche voi. E comunque non c'è niente di male a portarti a letto una che ti piace, se lei è d'accordo, ma tu mi sembri uno che si lascia coinvolgere. Non c'è niente di male neanche in questo, siamo tutti diversi e l'unica cosa importante è trovare qualcuno di adatto a noi. Che le relazioni debbano far soffrire è una stronzata inventata da chi non ha la forza di cercare di meglio. O l'autostima.»
«Non sono del tutto d'accordo» rispose Patrick, rivolto anche e soprattutto a se stesso «A volte si cercano relazioni tranquille solo per paura di soffrire.»
All'improvviso tutto gli fu chiaro. Non era innamorato neanche di Angelica. Certo, la trovava molto carina, e interessante. Stava bene con lei. Ma ad attrarlo era stata soprattutto l'idea che lei non gli avrebbe spezzato il cuore.
«Ti butti sulle ragazzine dolci e ingenue perché ti guardano sognanti e ti vedono come un cazzo di principe azzurro.»
I rapporti sentimentali erano un gran casino, e a quanto sembrava anche il sesso puro e semplice poteva riservarti brutte sorprese.
Eppure, passato quel momento di riflessioni angoscianti, decise che non si sarebbe fatto sopraffare dalla paura di star male di nuovo. Là fuori, da qualche parte, doveva esserci una donna perfetta per lui e non era detto dovesse cercarla. Forse l'avrebbe conosciuta per caso, come era accaduto con le altre.«Il sesso è molto più semplice» aggiunse Ivanka, come riflettendo tra sé e sé, e a lui venne il dubbio di aver espresso le proprie considerazioni ad alta voce e che quella fosse una risposta.
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Patrick
General Fiction*storia fruibile anche senza aver letto il volume precedente* **Sono centosedici capitoli ma non molto lunghi** L'ultima estate del ventesimo secolo si preannuncia nient'affatto noiosa per il ventiduenne Patrick, un tranquillo studente universitario...