30. Nato storto

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Appena varcata la porta di casa, Alessio si pentì di non avere accettato l'invito a pranzo di Patrick e Viviana

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Appena varcata la porta di casa, Alessio si pentì di non avere accettato l'invito a pranzo di Patrick e Viviana. Il confronto con l'appartamento dei Martini - pulito ma non ordinatissimo, colorato e accogliente come gli sguardi dei suoi occupanti - aveva reso il suo ancora più freddo ed emotivamente scomodo di quanto già non lo reputasse. 

C'erano periodi e momenti in cui casa  era un rifugio, l'unico posto in cui nascondersi e sfogarsi senza spaventare nessuno, ma in linea di massima era una prigione in cui ogni muro, ogni stanza, ogni angolo raccontava storie terrificanti: il ripostiglio doveva veniva rinchiuso da bambino; il tavolo contro il quale il patrigno lo aveva frustato a sangue decine di volte e gli aveva incrinato due costole; il bagno che aveva assistito al suo primo, goffo tentativo di suicidio, solo per fare alcuni esempi. Da qualche parte, non ricordava dove, era stato quasi ammazzato da Tommaso.

Parlare con il ragazzo dai capelli rossi, così paziente e gentile, gli aveva fatto bene. Patrick non l'aveva giudicato, non era stato tutto il tempo a guardargli le braccia scoperte come invece facevano quasi tutti gli altri. No. L'aveva ascoltato. Aveva provato a capirlo, a entrare in sintonia con lui. Patrick era chiaramente curioso di comprendere cosa lo spingesse a fare quello che faceva, ma non morboso.
E a un certo punto si erano ritrovati a parlare di musica e cinema, a ridere, a scherzare, e allora lui si era sentito normale e per poco non aveva acconsentito a fermarsi a pranzo. Per poi rifiutare perché riteneva di essere comunque di troppo, nonostante la calorosa accoglienza. E perché temeva che rimanendo lì più a lungo poi sarebbe stato più difficile tornare alla sua solita routine da malato di mente con problemi comportamentali. Non solo. Viviana, e forse era stato questo il motivo principale della sua fuga, l'aveva trattato come se non fosse disturbato, come probabilmente trattava i bravi ragazzi amici di suo figlio, studenti o lavoratori maturi e responsabili, con le facce pulite e i polsi intatti. Aveva avuto paura di fare o dire qualcosa che potesse farle cambiare atteggiamento.

«Dove sei stato?» gli chiese sua madre, seduta al tavolo del soggiorno davanti ai due tomi delle Pagine Gialle e ad alcuni depliant, senza voltarsi a guardarlo.

«Affari miei.»

«Dove sei stato? Voglio saperlo.»

«A fare due chiacchiere con Patrick.»

Marta finalmente lo degnò di uno sguardo. Uno sguardo alquanto stupito.

«Patrick Martini?"»

Alessio sbuffò, già sulla difensiva. «Sì, mamma. Lo so che può sembrarti strano, ma è così. Non parlo solo con sbandati e sciroccati vari.»

«Trattalo bene, tesoro. È un ragazzo d'oro e ha già avuto la sua dose di sfortuna.»

«Io sarei una sfortuna?»

(Tu sei una disgrazia. Se non eri nato tua madre sarebbe un medico)

«A volte sì» Marta si addolcì e gli arruffò i capelli «Ma so che presto starai meglio e potrai esprimere tutto il tuo potenziale positivo.»

PatrickDove le storie prendono vita. Scoprilo ora