51. Buon compleanno un corno

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«Viola, non l'ha fatto apposta. Non poteva certo immaginare che sarebbe rimasto bloccato lì, altrimenti avrebbe rimandato.»

A livello razionale, sapeva che l'amico aveva ragione, ma non poteva fare a meno di sentirsi... Delusa? Ferita? Tradita? Non avrebbe saputo dirlo con esattezza, come spesso le accadeva con le emozioni negative, e per non sbagliare, provò rabbia. La rabbia era sempre un ottimo riassunto di stati d'animo devastanti, un segno tangibile del suo essere viva e di volersi bene, nonostante tutto, perché se così non fosse stato avrebbe accettato passivamente le cose brutte che le accadevano; al tempo stesso le impediva di comprendersi del tutto, di cogliere le sfumature delle proprie reazioni.

«Non mi è sembrato particolarmente dispiaciuto.»

«Lo sai meglio di me com'è fatto. Non è il tipo da mettersi a imprecare e vedere le cose in modo catastrofico come fai tu, ma gli dispiace eccome. Ti ama, Violetta e mi ha chiesto di impedirti colpi di testa come annullare tutto o rifiutarti di spegnere le candeline.»

«Colpi di testa! Lui non sa neanche che vuol dire, colpo di testa.»

Per quel che ricordava, l'atto più trasgressivo e impulsivo compiuto da Danilo negli ultimi undici anni era stato saltare un giorno di lezione per rimanere a poltrire sotto il piumone una mattina in cui pioveva a dirotto e si gelava.

«Festeggeremo di nuovo con lui il prossimo weekend.» Gabriele Malpelo rallentò e mise la freccia. Erano giunti a destinazione e nel piccolo parcheggio del pub si intravedevano due sagome alte e familiari: Coniglio e Francesco. Erano vicini a una Citroen rossa con il paraurti ammaccato che sembrava quella di Marco.

Viola sospirò. Non se la sentiva di mandare a monte tutto, non si sarebbe permessa un colpo di testa con gli amici che l'aspettavano e che le avrebbero regalato una bella serata, prima ancora che dei fiori e un oggetto scelto con l'aiuto di Danilo, e in special modo perché non voleva che Matteo ricordasse la propria prima uscita dopo mesi come La Sera In Cui A Viola Rodeva Il Culo E Si Fece Riportare A Casa , ma non si sentiva affatto dell'umore giusto per festeggiare. 

Aveva osato organizzare il proprio compleanno con totale entusiasmo, aveva gioito quando, alzatasi alle dieci del mattino, aveva visto che c'era ancora nebbia e le previsioni ne davano per tutta la giornata, un evento piuttosto raro a Roma. La nebbia le piaceva, a meno non fosse quella in cui vagava spesso alla ricerca di se stessa e di ciò che le mancava per dirsi davvero felice. Anche l'autunno le piaceva, con i primi freddi e la notte che giungeva presto, una dimensione in cui si muoveva meglio e si sentiva meno fuori posto.

Si era provata l'abitino bordeaux comprato per l'occasione, svolazzante attorno alle cosce e aderente sul seno, gli stivali nuovi col tacco largo e la zeppa. Lo specchio e soprattutto la bilancia l'avevano rassicurata: poteva uscire così senza attirare sguardi contrariati e disgustati, era addirittura carina.

Poi, la prima scossa, proprio mentre stava preparandosi il pranzo, che per poco non l'aveva indotta a versare nell'acqua bollente due etti di spaghetti invece delle due uova che aveva in programma: Lucia (ovviamente con un freddo SMS e non con una telefonata) l'avvisava che non stava molto bene e non avrebbe potuto partecipare alla sua festa. Mi dispiace. Se tanto o un po' non le era dato di sapere. Normalmente se lo sarebbe aspettato ma stavolta no, aveva voluto credere che le cose fossero cambiate.

Mentre prendeva il caffè, accompagnato dalla sesta o settima sigaretta della giornata (in qualche modo doveva pur sfogarsi, già essere riuscita a non buttarsi sul cibo era un ottimo risultato), le era arrivato il messaggio di Sara. Stasera non ci sarò, conosco solo te e sarei a disagio. Se ti va possiamo vederci in settimana per un aperitivo o un cinese. Mi dispiace.

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